Che tipo di inglese si studia alle superiori?
Al termine della scuola superiore, si prevede che gli studenti raggiungano almeno un livello B2 di inglese. Nelle scuole secondarie di secondo grado, al completamento del biennio, si mira a un livello B1 come traguardo minimo.
Oltre il B2: Un’analisi critica dell’insegnamento dell’inglese nelle scuole superiori italiane
L’acquisizione di una competenza linguistica in inglese è ormai considerata un requisito fondamentale per l’inserimento nel mondo del lavoro e nella società globalizzata. Le scuole superiori italiane, consapevoli di questa necessità, puntano al raggiungimento di un livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER) al termine del percorso di studi, fissando un obiettivo minimo di B1 al completamento del biennio. Ma questa aspirazione, seppur lodevole, necessita di un’analisi più approfondita che vada oltre la semplice menzione dei livelli QCER.
La realtà, infatti, è più sfaccettata. Il livello B2, seppur definito come obiettivo, non garantisce una reale padronanza della lingua applicabile a contesti diversi. L’insegnamento, spesso focalizzato su una preparazione mirata alle prove d’esame, rischia di trascurare l’aspetto comunicativo pratico, limitandosi a un apprendimento mnemonico di grammatica e vocabolario. La capacità di utilizzare la lingua in situazioni reali, di comprendere sfumature culturali e di esprimere se stessi in modo efficace, spesso rimane un obiettivo parzialmente raggiunto.
Un’altra criticità riguarda la varietà di approcci metodologici adottati nelle diverse scuole. La mancanza di uniformità nazionale, unita a una carenza di risorse e di formazione continua per i docenti, può portare a una disparità significativa nella qualità dell’insegnamento e nei risultati conseguiti dagli studenti. Alcuni istituti potrebbero privilegiare un approccio comunicativo, incentrato su attività di role-playing e conversazione, mentre altri potrebbero optare per un metodo più tradizionale, basato sull’analisi grammaticale e sulla traduzione.
Inoltre, il concetto stesso di “livello B2” è piuttosto ampio e può nascondere significative differenze di competenza tra gli studenti. Un alunno potrebbe raggiungere il B2 con una buona padronanza grammaticale ma con difficoltà nell’espressione orale, mentre un altro potrebbe eccellere nella conversazione ma avere lacune nella scrittura formale. Questa eterogeneità di competenze rende difficile una valutazione oggettiva e mette in luce la necessità di un approccio più personalizzato e attento alle diverse esigenze degli studenti.
In conclusione, l’obiettivo del B2 al termine delle superiori rappresenta un punto di riferimento importante, ma non deve mascherare le complessità e le sfide che l’insegnamento dell’inglese deve affrontare. È necessario investire nella formazione dei docenti, promuovere l’utilizzo di metodologie innovative e attente alla comunicazione autentica, e soprattutto, adottare un approccio più personalizzato che valorizzi le diverse competenze e aspirazioni di ogni studente. Solo così sarà possibile garantire un’effettiva padronanza della lingua inglese, strumento imprescindibile per il successo futuro dei giovani.
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