Come viene chiamata la spina del pesce?
La posa del parquet a spina di pesce, detta anche lisca di pesce, è un classico intramontabile. Conferisce eleganza e dinamismo agli ambienti, valorizzando ogni spazio con un tocco di raffinatezza. Perfetta per chi ricerca un design distintivo.
Come si chiama la spina del pesce?
Spina di pesce, lisca di pesce… boh, io le chiamo entrambe le cose, a dire il vero. Mi piace l’effetto che crea, tipo parquet antico. Ricordo che da mia nonna, a Bologna, il pavimento era così. Legno scuro, lucido. Bellissimo.
Mi è tornato in mente quando abbiamo ristrutturato casa a Roma, due anni fa, a Maggio. Abbiamo optato per un gres porcellanato effetto legno posato a spina di pesce, un beige chiaro. Spettacolare, ma non economico, circa 45 euro al metro quadro, posa esclusa.
Domande e Risposte:
Domanda: Come si chiama la spina di pesce?
Risposta: Spina di pesce o lisca di pesce.
Come si chiama la spina di pesce?
Cavolo, stavo mangiando un’orata al forno da Michele, a Napoli, proprio settimana scorsa. Che posto fantastico, vicino al lungomare. Era una giornata di sole, tipo 25 gradi, e sentivo proprio il profumo del mare. Ad un certo punto sento una punta che mi punge in gola. Panico! Una lisca, incastrata. Michele mi ha subito portato un pezzo di pane, quello duro, sai? E ha funzionato! Che sollievo! Meno male, stavo per andare in tilt. Non sopporto quella sensazione, mi fa venire i brividi solo a pensarci. A casa mia, da piccolo, mia nonna mi diceva sempre di stare attento alle lische, soprattutto con il pesce spada. Mi raccontava storie di gente che finiva in ospedale… che ansia!
- Incastrata in gola: la sensazione orribile di una lisca di pesce.
- Michele al lungomare di Napoli: un ristorante indimenticabile.
- Rimedio della nonna: pane duro per mandare giù la lisca.
- Il pesce spada: il più pericoloso, secondo mia nonna.
- Lisca: il nome corretto della spina di pesce.
Come si dice spinare il pesce?
Spinare. Eliminare le spine. Togliere le lische. Sfilettare.
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Spinare: Azione generica, valida per qualsiasi pesce. Implica precisione, cura. Un gesto quasi chirurgico. Ricordo mio nonno, mani ruvide, spinava le alici con la forchetta. Una lama.
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Eliminare le spine: Più diretto, brutale. Meno elegante, più efficace. Come strappare un pensiero dalla testa. A volte è necessario. Penso alle orate al forno, spesso spinose.
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Togliere le lische: Simile a “eliminare”, ma con una sfumatura diversa. Implica la presenza di lische più grandi, più evidenti. Un lavoro meno minuzioso. Sgombri, sardine. L’odore del mare nelle mani.
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Sfilettare: Il metodo più radicale. Separare la carne dalle spine. Un approccio diverso. Ricerca della purezza. Un filetto di branzino al sale. La perfezione. Il silenzio.
Il pesce, metafora della vita. Pieno di spine. Bisogna saperle affrontare. O evitarle. Dipende dal pesce, e da noi. Quest’anno ho imparato a sfilettare il salmone. Un’arte. Una forma di meditazione.
Che pesce è la spinarola?
Ahahah, spinarola, che nome buffo! Sembra la sorella sfortunata della spigola! Comunque, tecnicamente è uno squaletto, mica pizza e fichi. Un mini-squalo che gira per tutti i mari, tipo turista con le pinne.
- Piccolo ma tosto: Sì, è piccolo, ma è pur sempre uno squalo, mica un acciuga!
- Viaggiatore incallito: Lo trovi dappertutto, dal Polo Nord al Mar Mediterraneo (dove vado io in vacanza, tra l’altro).
- Longevo ma sfigato: Campano un sacco, tipo Matusalemme, ma poi si riproducono lentissimo. Tipo bradipi innamorati. E con una generazione che dura 25-40 anni… poveretti, ci mettono una vita a fare figli!
- Viviparo: Non depone uova come una gallina di mare, eh! Partorisce direttamente squaletti vivi e vegeti, pronti a mordicchiare.
E questo li rende super vulnerabili alla pesca eccessiva. Praticamente, li peschiamo più velocemente di quanto riescano a riprodursi. Che sfortuna! Io una volta ne ho pescato uno, piccolo piccolo, l’ho guardato, gli ho fatto una carezza e l’ho ributtato in mare. Chissà se adesso è diventato un nonno spinarolo! A proposito, ho preso una scottatura pazzesca quell’estate, roba che sembravo un gambero lesso. Ma questa è un’altra storia…
Come si chiama il tessuto a spina di pesce?
Che nome elegante, eh? Herringbone tweed, quasi da pronunciarlo con un monociclo e un papillon. Ma per noi comuni mortali, va benissimo anche “spina di pesce”, molto più terra-terra, come una lisca rimasta in gola dopo una frittura mista al mare. È parente stretto del twill o saia, quel tessuto con le righe diagonali che fa tanto sciarpa da intellettuale francese. Immaginate la saia che si annoia e decide di fare zig-zag, ecco a voi lo herringbone.
- Nome figo: Herringbone tweed (provate a dirlo dieci volte velocemente!)
- Nome da osteria: Spina di pesce (molto più alla mano)
- Parentela illustre: Twill/saia (la riga diagonale che fa tanto bohémien)
- Aspetto: Zig-zag, come un ubriaco che cerca la strada di casa.
Una piccola curiosità: lo sapevate che io, personalmente, ho un debole per le giacche in herringbone? Ne ho una marrone, ereditata da mio nonno, che mi fa sentire un misto tra Sherlock Holmes e un boscaiolo hipster. La uso per andare a comprare il pane, fa un figurone. Un altro tessuto che adoro è il velluto a coste, ma questa è un’altra storia… E chissà, magari il prossimo inverno mi farò un cappotto in herringbone, grigio antracite, con i bottoni di corno. Roba che leva il fiato.
Cosa sono le lische dei pesci?
Le lische? Ah, mamma mia, le lische! Mi ricordo quando da piccolo, a casa della nonna in Liguria, litigavo sempre con mio fratello per chi dovesse pulire il pesce. Odiavo le lische!
- Cosa sono: Praticamente lo scheletro del pesce, quelle spine fastidiose che ti si incastrano in gola.
- Non si mangiano: Ovvio, non sono mica croccanti come le patatine!
- Però…: La nonna diceva sempre che bollite per ore, le lische, danno un sapore speciale al brodo di pesce. Un fumetto, lo chiamava lei.
- Un ricordo: Una volta, ho provato a mangiare una lisca piccola, pensando di farla sparire. Mai più! Ho tossito per mezz’ora. Da allora, le lische le guardo solo da lontano.
Come si dice togliere le spine ai pesci?
Ricordo ancora quella volta in Sicilia, agosto 2023, caldo che spaccava le pietre. Eravamo a casa di mia zia a Mondello, pranzo di pesce, ovviamente. Orate freschissime, appena pescate. Mio zio, con fare esperto, iniziò a sfilettarle. Prese un coltello affilatissimo, lo infilò proprio lungo la lisca, prima da un lato, poi dall’altro. ZAC. La carne si staccò perfettamente, due bei filetti bianchi e sodi. Io, incuriosita, gli chiesi come faceva ad essere così preciso. Lui mi spiegò che il segreto era seguire la spina dorsale con la lama, senza premere troppo per non rompere le lische. Una specie di danza del coltello, delicata ma decisa.
Un’altra volta, sempre a casa di mia zia, preparavamo le triglie. Mia cugina, stavolta, voleva cucinarle senza pelle. Prese un coltellino piccolo e sottile e, con un movimento fluido, lo passò sotto la pelle, staccandola dalla carne con una facilità incredibile. Sembrava quasi magia. Io rimasi a bocca aperta. Mi spiegò che la chiave era tenere la lama quasi parallela alla pelle, quasi a sfiorarla, per non rovinare la carne sottostante.
- Sfilettare: Incidere lungo la spina dorsale da entrambi i lati.
- Togliere la pelle: Far scorrere la lama di un coltello tra pelle e carne.
Quest’anno, a Mondello, ho provato a replicare la tecnica di mio zio e di mia cugina. Con un po’ di pratica, sono riuscita anche io a sfilettare e spellare il pesce con una certa disinvoltura. La soddisfazione è stata immensa, quasi come aver pescato il pesce da sola! Ho imparato che, con gli strumenti giusti e un po’ di pazienza, anche le operazioni che sembrano difficili possono diventare semplici. Anche a tavola, in fondo, si impara sempre qualcosa di nuovo.
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