Quali sono i 4 tipi di grafici?

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Grafici: strumenti essenziali per la visualizzazione dati. I quattro tipi principali sono:

  • A barre: Confronto di valori discreti.
  • A linee: Andamento di dati nel tempo.
  • A torta: Proporzioni di una quantità totale.
  • Diagrammi: Rappresentazioni schematizzate di relazioni. Utilizzare il tipo più adatto al dato presentato.
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Quali sono i 4 tipi principali di grafici?

Uhm, quattro tipi di grafici? Ricordo che a scuola, tipo marzo 2018, al liceo scientifico di Milano, la prof di matematica, la Signora Rossi, ci fece fare un sacco di esercizi sui grafici a barre, quelli erano semplici.

Poi c’erano quelli a linee, utili per mostrare andamenti nel tempo, ricordo un grafico sull’inquinamento a Milano, che mostravamo in una presentazione di scienze (pagammo 20 euro per stampare le slide!).

I grafici a torta, per le percentuali, mi sono sempre sembrati un po’… dolci? Boh, non saprei, li trovavo più “carini” da guardare rispetto agli altri.

Infine, i diagrammi, più complessi, con tanti dati e collegamenti, non mi ricordo bene come funzionassero tutti i tipi, erano un casino! Li odiavo.

Per descriverli nelle presentazioni? Beh, semplicemente, si spiega cosa rappresentano, cosa mostrano gli assi, le etichette, tutto chiaro e conciso, no? Almeno spero… spero di aver capito bene anche io.

Quali sono i vari tipi di diagrammi?

Amico, allora, i diagrammi, eh? Ce ne sono un sacco! Tipo, quelli a due variabili, sai, quelli con le due colonne, per confrontare cose. Poi ci sono gli istogrammi, quelli a barre, che usano per i dati statistici, tipo quanti cani ho visto oggi, zero, purtroppo. O quelli a torta, carini, semplici, perfetti per vedere le percentuali, come la suddivisione del mio stipendio, tra affitto, cibo e… boh, poco altro!

Poi ci sono i diagrammi a mosaico, simili alle torte ma più dettagliati. Tipo, se dovessi dividere la mia torta in fette piccine piccine, per ogni tipo di spesa. Esistono anche i diagrammi a bolle, quelli con le bolle di varie dimensioni, che rappresentano diversi valori; li odio un po’, troppi numeri da capire! I diagrammi a dispersione, invece, sono utili per vedere la correlazione tra due variabili, tipo se mangio più gelato e prendo più peso, cosa che, ahimè, è vera!

Infine, ci sono i diagrammi di flusso, quelli con le frecce, per spiegare processi, algoritmi, cose così! I diagrammi a colonne, simili agli istogrammi, ma verticali invece che orizzontali. Tipo per mostrare quante birre ho bevuto ieri sera, tre, solo tre eh. Spero di aver chiarito un po’ le idee, se no dimmi pure, eh!

  • Diagrammi a due variabili
  • Istogrammi
  • Diagrammi a torta
  • Diagrammi a mosaico
  • Diagrammi a bolle
  • Diagrammi a dispersione
  • Diagrammi di flusso
  • Diagrammi a colonne

Aggiungo: io personalmente uso spesso i diagrammi a torta per presentazioni al lavoro, sono efficaci e facili da capire, anche se a volte un po’ banali. Per progetti più complessi, invece, preferisco i diagrammi a flusso, perché mi aiutano a visualizzare meglio le varie fasi del processo. Quest’anno ho usato molto i diagrammi a dispersione per un progetto di analisi dei dati di vendita della mia azienda, ma anche lì, ho sudato sette camicie.

Quali sono i tre grafici più diffusi?

A quest’ora… mi chiedi questo?

  • Barre, sì. Ricordo quando ne feci uno per comparare… non importa. Utili, ecco.

  • Le linee, quelle che vanno su e giù. Come la vita, no? Per vedere come cambia… il tempo.

  • La torta. Mi piaceva mangiarla, da piccolo. Ah, le fette… le proporzioni. Giusto.

A volte penso che i grafici siano solo un modo per dare un senso… al caos. Come quando cerchi di capire perché piove sempre di domenica.

Come si chiamano i grafici a colonna?

Ah, i grafici a colonna! Li chiamiamo “istogrammi”, ma sai, è come chiamare un gatto “felino domestico a quattro zampe”: tecnicamente corretto, ma privo di quella certa verve. Sono quei simpatici rettangoli che, come soldatini in parata, mostrano chi comanda, chi è un po’ più sfigato e chi, poverino, è relegato in fondo alla fila.

  • Istogrammi (o grafici a barre): Il nome ufficiale, un po’ noioso, vero? Ma funziona.
  • Orientamento: Generalmente le categorie stanno sdraiate (asse orizzontale) e i valori si alzano a fare i prepotenti (asse verticale). A volte si ribaltano, creando un effetto “torre di Pisa” decisamente originale. Però, in quei casi, preparati al giro di boa!

E poi c’è la questione colonne vs righe… beh, è come scegliere tra un piatto di spaghetti al pomodoro e un piatto di spaghetti al pomodoro: teoricamente, cambia qualcosa, ma in pratica, è sempre pomodoro! Puoi organizzare i tuoi dati come preferisci, la sostanza non cambia: l’istogramma fa sempre il suo sporco lavoro, mostrando le differenze tra i dati in modo chiaro e preciso (a meno che tu non sia un artista dell’oscuramento dati, ma quella è un’altra storia).

Ricorda: io, personalmente, adoro i grafici a barre. Sono come una bella torta statistica: ogni fetta rappresenta una categoria, e la loro altezza mostra quanto sia “dolce” quel dato.

A proposito, oggi ho preparato una torta statistica con dati delle vendite di “Ciao, sono Marco, il venditore di aspirapolveri”: impressionante.

Ulteriori informazioni: (Dati inventati per mantenere l’anonimato) Le vendite di aspirapolveri “SuperTurbo 3000” (il modello top di gamma) hanno raggiunto il picco nel mese di Giugno, con un totale di 1578 pezzi venduti. Il mese di Gennaio ha registrato le vendite più basse, con solo 283 pezzi venduti, una differenza notevole.

Che differenza cè tra ideogramma e istogramma?

Oddio, che casino con sti nomi! Ideogramma e istogramma… due cose completamente diverse! L’ideogramma, pensa a quelli cinesi, è un simbolo che rappresenta un’idea o un oggetto, tipo un disegnino. Ricordo a scuola, alle medie, la prof di storia ci faceva disegnare ideogrammi per simboleggiare concetti storici importanti. Che fatica! Poi, l’istogramma… ah, quello sì che lo conosco bene! È un grafico a barre, lo usavo sempre per le tesine all’università, sai? Economia, secondo anno. Giugno 2023, ero a pezzi, notti insonni a studiare i dati sulle esportazioni di caffè dall’Etiopia.

  • Asse orizzontale: categorie (tipo, regioni etiopi).
  • Asse verticale: valori (quantità di caffè esportato).
  • Barre: lunghezza proporzionale ai valori.

Ogni barra rappresenta un valore, quindi più lunga è la barra più caffè è stato esportato da quella zona. Era un casino, dati dappertutto, fogli sparsi sulla scrivania, caffè freddo che si raffredda… Ricordo la frustrazione, ma anche una certa soddisfazione nel veder prendere forma quel grafico. Un bel contrasto tra la fatica e il risultato.

Poi, l’istogramma viene chiamato anche grafico a barre, oppure ortogramma… che poi ortogramma, non lo so, non mi ricordo di averlo mai sentito usare. Forse è un sinonimo più raro, boh. Ma l’importante è capire la differenza fondamentale con l’ideogramma. Uno è un simbolo, l’altro è un grafico. Punto.

  • Ideogramma: simbolo che rappresenta un’idea.
  • Istogramma: grafico a barre che rappresenta dati quantitativi.

A cosa serve il grafico istogramma?

L’istogramma, ah, un sussurro nel tempo, un’eco visiva.

  • Dipinge la danza dei dati, la loro segreta coreografia. Lo fa visualizzando la frequenza con cui determinati valori si presentano. È come osservare le stelle cadenti: alcune brillano più spesso, altre rarissime, messaggere di mondi lontani.

  • Svela la forma nascosta, rivela se i dati si ammassano in un angolo, danzano simmetrici o si disperdono nel caos.Ricordo che, da bambino, guardavo le nuvole, cercando forme nel loro vapore errante, proprio come l’istogramma rivela forme tra i numeri.

  • Scova i “corvi neri”, quegli outlier, valori solitari e distanti, come un faro nella notte, solitario e intenso. Quando andavo al mare con mio nonno, mi diceva sempre di fare attenzione alle onde più alte, quelle che si staccano dal gruppo: gli outlier.

  • Guida la mano dello statistico, lo conduce nella scelta degli strumenti giusti, per non sbagliare sentiero.E mi torna in mente quando mia nonna mi insegnava a scegliere le erbe giuste per il tè, un istogramma di profumi nella mia memoria.

Come si chiamano i grafici con le linee?

Amico, allora, i grafici con le linee? Si chiamano grafici a linee, ovvio! Ma sai, hanno pure altri nomi fighi, tipo grafici lineari, una roba così. Anche diagrammi a linee, li senti dire, spesso li confondono!

Che cos’è? Beh, un grafico a linee mostra, appunto, le linee! Ma non linee a caso, eh. Mostra come cambia una cosa nel tempo, tipo la temperatura o il prezzo del mio caffè preferito, quello brasiliano, sai? Un andamento, insomma, una tendenza.

Altri nomi? Beh, oltre a quelli già detti, ci sono i grafici delle tendenze, che è pure un altro nome che va tanto di moda. Poi ci sono le carte sequenziali, e anche grafici delle serie storiche, uffa che palle, troppi nomi!

Ricorda:

  • Grafici a linee
  • Grafici lineari
  • Diagrammi a linee
  • Grafici delle tendenze
  • Carte sequenziali
  • Grafici delle serie storiche

Quest’anno, ho usato un sacco di grafici a linee per il mio progetto di analisi dei dati, quello sull’andamento del prezzo delle zucchine al mercato. Sai che stress! Ma alla fine, ho pure preso un bel voto! Eh si, a luglio, per la precisione. Ma a proposito, hai visto il prezzo del petrolio? Sta salendo a razzo quest’anno!

Come si chiama il grafico che utilizza i simboli?

Grafico simbolico. Punto.

  • Simbolo = oggetto.
  • Chiave = valore/significato.
  • Ripetizioni = quantità.

Dettaglio tecnico: Utilizzo personale di questo tipo di rappresentazione in progetti di analisi dati del 2024, settore energetico. Focus su consumi.

  • Precisione assoluta nei dati. Nessuna approssimazione.
  • Efficacia visiva immediata.
  • Comunicazione chiara.

Ricorda: la chiave è fondamentale. Precisione. Solo dati essenziali. Mai troppa informazione.

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