Quanti sono gli addetti in agricoltura in Italia?

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Nel 2023, il numero di lavoratori agricoli autonomi in Italia è diminuito a 422.841, rispetto ai 431.215 del 2022, registrando un calo di circa 8.400 unità, pari all1,9%. Lunica categoria in controtendenza è quella degli Imprenditori Agricoli Professionali (IAP), che ha visto un aumento.

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Il declino silenzioso del lavoro agricolo in Italia: un’analisi dei dati 2023

Il settore agricolo italiano, cardine della nostra identità culturale ed economica, sta vivendo una trasformazione silenziosa, segnata da un progressivo calo del numero di addetti. I dati del 2023, pur non presentando un crollo drammatico, confermano una tendenza preoccupante: la diminuzione del numero di lavoratori agricoli autonomi. Si passa infatti da 431.215 unità nel 2022 a 422.841 nel 2023, una flessione di circa 8.400 unità, pari all’1,9%.

Questa riduzione, seppur apparentemente modesta in termini percentuali, rappresenta un tassello significativo di un quadro più ampio e complesso. Dietro questo dato si cela una realtà multiforme, fatta di sfide strutturali e difficoltà crescenti che mettono a dura prova la sopravvivenza stessa delle aziende agricole, specie quelle di piccole e medie dimensioni. L’invecchiamento della popolazione attiva nel settore, la scarsa attrattività del lavoro agricolo per le nuove generazioni, la crescente competizione internazionale e la difficoltà di accesso al credito sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono a questo progressivo spopolamento delle campagne.

Un’unica nota positiva emerge da questo scenario altrimenti fosco: la crescita del numero di Imprenditori Agricoli Professionali (IAP). Questa categoria, che rappresenta un modello di impresa agricola più moderna e strutturata, sembra resistere meglio alle difficoltà del settore, attraendo forse una quota maggiore di giovani e innovatori. Tuttavia, l’incremento registrato dagli IAP non riesce a compensare la diminuzione complessiva dei lavoratori autonomi, lasciando intatto il problema di fondo: la progressiva rarefazione della forza lavoro nel settore primario.

Le conseguenze di questo declino sono di vasta portata. Si rischia un impoverimento del tessuto socio-economico delle aree rurali, con un conseguente abbandono delle campagne e una perdita di biodiversità. Inoltre, la riduzione del numero di addetti potrebbe incidere sulla capacità produttiva del settore, compromettendo la sicurezza alimentare nazionale e la competitività del Made in Italy agroalimentare a livello internazionale.

È quindi urgente e necessario intervenire con politiche mirate e incisive. Sono indispensabili investimenti in infrastrutture, formazione, digitalizzazione e innovazione tecnologica, nonché misure di sostegno al reddito e alla creazione di impresa, specificamente rivolte alle giovani generazioni e al ricambio generazionale. Solo così sarà possibile invertire la rotta e garantire un futuro sostenibile e competitivo all’agricoltura italiana, preservando un patrimonio inestimabile di tradizioni, saperi e paesaggi.