Come si dice quando una persona non ti rispetta?

0 visite

Mancanza di rispetto, disprezzo, insolenza, o più colloquialmente, strafottenza. In alternativa, si può parlare di indifferenza, noncuranza o sufficienza, sebbene questi termini indichino una forma meno esplicita di mancanza di rispetto.

Commenti 0 mi piace

Ok, proviamo a dare un’altra veste a questa cosa, rendendola un po’ più… come dire, vissuta?


Come si dice quando una persona proprio non ti considera? Quando ti fa sentire piccolo, insignificante, come se quello che dici o fai non contasse assolutamente niente? Eh, bella domanda.

Dire “mancanza di rispetto” è corretto, certo, ma mi sembra un po’ freddo, no? Tipo una definizione da dizionario. “Disprezzo” suona forte, quasi drammatico. A volte lo è, per carità, ma spesso è qualcosa di più sottile. “Insolenza”… be’, quella è sfacciataggine pura, uno schiaffo in faccia.

Io preferisco, quando sento che qualcuno mi tratta con sufficienza, con quella specie di aria da “io ne so più di te”, tirare fuori la parola “strafottenza”. È più colorita, più… vera, no? Ti fa capire subito che l’altro ti sta guardando dall’alto in basso.

E poi c’è l’indifferenza. Ah, l’indifferenza! Quella è forse la peggiore di tutte. Ti parla di una persona che semplicemente non si cura di te. Non gliene frega niente di quello che provi, di quello che pensi. Ricordo una volta, un collega… insomma, non faceva altro che ignorare le mie idee in riunione. Parlavo, proponevo soluzioni e lui, niente. Come se fossi invisibile. Un’indifferenza tale da farmi venire voglia di sparire.

Oppure la noncuranza. Quando ti promettono qualcosa e poi se ne dimenticano completamente. Come quando mia zia, da piccola, mi diceva che mi avrebbe portato allo zoo… e poi, puntualmente, si scordava. Ok, era una bambina, però mi sentivo così… delusa. Non rispettata nella mia piccola richiesta.

Insomma, ci sono tanti modi per dire “non mi rispetti”, tanti gradi di “strafottenza”. Dipende dalla situazione, dalla persona che te lo fa sentire. Ma alla fine, la sensazione è sempre la stessa: un pugno nello stomaco, una ferita nell’anima. E cercare la parola giusta, a volte, aiuta a curarla, quella ferita. Voi che ne pensate? A voi è mai capitato di sentirvi così?