Cosa dice la legge sui compiti?

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La Circolare Ministeriale n. 6 del 20/02/1964 definisce i compiti come attività essenziali per la valutazione scolastica, sottolineando la necessità di unassegnazione equilibrata, commisurata alletà e al carico di studio complessivo degli studenti, per evitare eccessivi sovraccarichi.
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Il peso dei compiti: tra legge, didattica e benessere studentesco

La questione dei compiti a casa è un argomento delicato, al centro di un dibattito spesso acceso tra genitori, docenti e studenti. Se la percezione comune li vede come un’appendice inevitabile del percorso scolastico, la realtà legislativa e didattica offre un quadro più complesso e, sorprendentemente, meno scontato di quanto si possa immaginare. Non esiste, infatti, una legge specifica che regoli in maniera dettagliata l’assegnazione dei compiti, ma la loro legittimità e modalità di assegnazione sono permeate da principi e interpretazioni che affondano le radici in una legislazione più ampia, incentrata sul benessere e sulla crescita armonica degli studenti.

La pietra miliare in questo ambito è la Circolare Ministeriale n. 6 del 20 febbraio 1964, un documento che, pur datato, mantiene una sorprendente attualità. La circolare, pur non imponendo limiti numerici precisi, definisce i compiti come “attività essenziali per la valutazione scolastica”, sottolineando la necessità di un’assegnazione equilibrata, commisurata all’età degli alunni e al loro carico di studio complessivo. Questo principio, apparentemente semplice, cela una complessità notevole. L’equilibrio, infatti, non è un concetto quantitativo, ma qualitativo. Non si tratta semplicemente di contare il numero di pagine da studiare o di esercizi da svolgere, ma di valutare la congruenza tra il tipo di compito assegnato, le capacità dello studente e il tempo a sua disposizione per portarlo a termine senza compromettere il suo benessere psicofisico e la sua possibilità di dedicarsi ad altre attività fondamentali per una crescita completa.

La circolare del ’64 si inserisce in un contesto più ampio, quello della legislazione che tutela i diritti dei minori e promuove il loro diritto allo studio in un ambiente sereno e stimolante. La Convenzione sui diritti del fanciullo, ad esempio, sottolinea l’importanza del riposo, del gioco e delle attività ricreative, elementi che rischiano di essere sacrificati in presenza di un sovraccarico di compiti.

Di conseguenza, l’assegnazione dei compiti non può essere un atto meccanico, ma deve essere frutto di una attenta riflessione didattica da parte del docente. E’ necessario considerare la diversificazione delle capacità degli studenti, evitando di creare situazioni di diseguaglianza e frustrazione. L’obiettivo non deve essere solo la verifica dell’apprendimento, ma anche il consolidamento delle conoscenze e la stimolazione della capacità di studio autonomo.

In conclusione, la “legge sui compiti” non è scritta in un unico testo normativo, ma è il risultato di un’interpretazione congiunta di principi generali, direttive ministeriali e sensibilità pedagogica. L’equilibrio tra l’importanza della verifica scolastica e la tutela del benessere dello studente rimane il punto focale, un delicato equilibrio che richiede la collaborazione di tutti gli attori coinvolti: docenti, genitori, istituzioni scolastiche e, soprattutto, gli stessi studenti. Solo attraverso un dialogo aperto e una responsabile valutazione delle esigenze individuali si potrà garantire un’efficace metodologia di apprendimento che non sacrifichi il benessere al raggiungimento degli obiettivi didattici.