Chi ha deciso che il venerdì non si mangia carne?

2 visite

A partire dal 2011, circa il 25% dei cattolici praticanti in Inghilterra ha diminuito o eliminato la carne dalla propria dieta un giorno a settimana. Questa tendenza è stata promossa da una dichiarazione dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, che invitavano i fedeli a ripristinare la tradizione del digiuno del venerdì.

Commenti 0 mi piace

Il Venerdì senza Carne: Un Viaggio nella Storia e nel Significato di una Pratica Cattolica

L’astensione dalla carne il venerdì è una pratica radicata nella tradizione cattolica, una consuetudine che, sebbene meno rigida rispetto al passato, continua ad avere un significato profondo per molti fedeli. Ma chi ha deciso che il venerdì non si mangia carne, e perché questa pratica persiste, seppur in forme diverse, ancora oggi?

La risposta non si trova in un singolo decreto o in una specifica figura storica. Piuttosto, l’astensione dalla carne il venerdì è il risultato di un’evoluzione secolare, plasmata da insegnamenti biblici, pratiche penitenziali e decisioni ecclesiastiche.

Il fondamento biblico affonda le radici nel racconto della Passione di Cristo. Il venerdì, giorno della sua crocifissione e morte, divenne per i primi cristiani un giorno di lutto e penitenza. L’astensione dalla carne, un alimento all’epoca considerato particolarmente prelibato e simbolo di festa, rappresentava un piccolo sacrificio, un modo per commemorare la sofferenza di Gesù e unirsi spiritualmente al suo sacrificio redentore.

Nel corso dei secoli, questa pratica penitenziale si consolidò e si diffuse in tutto il mondo cattolico. La Chiesa, attraverso i suoi Concili e le sue direttive, codificò la norma dell’astensione dalla carne il venerdì, rafforzandone l’obbligatorietà. Questa imposizione, tuttavia, non era intesa come una semplice privazione alimentare, ma come un invito alla riflessione, alla preghiera e alla carità. Era un modo per ricordare che la vita cristiana implica sacrificio e rinuncia, per amore di Dio e del prossimo.

Fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), l’astensione dalla carne il venerdì era una norma rigorosa per tutti i cattolici. Dopo il Concilio, le regole vennero ammorbidite, lasciando ai fedeli una maggiore libertà di scelta nelle forme di penitenza da osservare. Si stabilì che l’astensione dalla carne rimaneva raccomandata, ma poteva essere sostituita da altre forme di sacrificio, come la preghiera, l’elemosina o opere di carità.

Nonostante questa maggiore flessibilità, la pratica del venerdì senza carne non è scomparsa. Come dimostra la recente ripresa di interesse in Inghilterra e Galles, promossa dai vescovi cattolici a partire dal 2011, molti fedeli continuano a scegliere di astenersi dalla carne il venerdì. Il fatto che, come evidenziato, circa il 25% dei cattolici praticanti in Inghilterra abbia diminuito o eliminato la carne dalla propria dieta un giorno a settimana dimostra la persistenza di questa tradizione. Questo ritorno alle radici è spesso motivato da un desiderio di riscoprire il significato spirituale di questa pratica, di rafforzare la propria identità cattolica e di vivere in modo più consapevole e autentico la propria fede.

In conclusione, la decisione di astenersi dalla carne il venerdì non è stata presa da un singolo individuo o da un’unica istituzione, ma è il risultato di un lungo processo storico e spirituale. Pur non essendo più un obbligo rigido, questa pratica continua ad avere un valore significativo per molti cattolici, rappresentando un invito alla penitenza, alla riflessione e alla solidarietà con chi soffre, in memoria del sacrificio di Cristo. È un segno tangibile di fede che, pur adattandosi ai tempi, mantiene vivo il ricordo di un evento fondamentale per la storia del cristianesimo.