Cosa si mangia il 24 e 25 dicembre?
"Il 24 dicembre, Vigilia di Natale, la tradizione vuole un menù di magro, prevalentemente a base di pesce. Il 25 dicembre, Natale, si celebra con un pranzo ricco e sontuoso, variabile a seconda delle regioni e delle tradizioni familiari."
Cosa si mangia a Natale? Tradizioni culinarie del 24 e 25 dicembre?
Sai, Natale… a casa mia, il 24 dicembre era sempre un po’ una corsa contro il tempo! Ricordo l’odore del pesce al forno, pesce spada, credo, che mia nonna preparava con patate e cipolle. Un profumo intenso, che riempiva tutta la casa. Costava poco, circa 15 euro al chilo, se ricordo bene, era il 2010.
Il 25, invece, era un tripudio di carne! Agnello arrosto, maionese fatta in casa (mia madre ci metteva un sacco di aglio!), e naturalmente i dolci. Panettone, pandoro… ogni anno la stessa lotta tra chi preferiva uno e chi l’altro. Un vero caos felice, ma bellissimo.
Quest’anno, però, ho pensato a qualcosa di diverso. Voglio provare un cenone vegetariano il 24, magari con un bel risotto ai funghi. Il 25? Beh, vedremo. Forse lascerò che sia qualcun altro a cucinare! Magari ordinerò qualcosa di già pronto!
Cosa si mangia il 24 e il 25 dicembre?
Quel 24 dicembre 2023, a casa di nonna Emilia a Pordenone, l’aria era carica di profumo di mare. Non il mare vero, ma il mare evocato da quel baccalà in umido che cuoceva a fuoco lento. Ricordo la sua pelle grinzosa che si piegava mentre mescolava il sugo, le sue mani, piene di anni e di storia, che maneggiavano il cucchiaio di legno come fossero bacchette magiche. Era un rituale, sacro quasi. Un silenzio rotto solo dal sfrigolio dell’olio e dal suo respiro affannoso. L’emozione? Una strana commistione di serenità e di ansia, perché quella cena era il cuore del Natale, la sua anima. Era importante, quel baccalà. Rappresentava la tradizione, la famiglia, un legame che si ripeteva ogni anno, immutato.
Il 25, invece, era un’esplosione di sapori diversi: arrosto di maiale, patate al forno, e un dolce che non ricordo esattamente il nome ma era squisito. La differenza tra i due giorni? Un abisso. Il 24 era meditazione, raccoglimento; il 25 era festa, gioia sfrenata, risate a crepapelle. Ricordo mio cugino che si era sporcato di sugo fino ai capelli. Un caos meraviglioso.
Perché pesce a Natale? Nonna Emilia diceva che era una questione di magro, di penitenza prima della grande festa, una preparazione spirituale per accogliere la nascita di Gesù. Ma credo che fosse anche un modo per gustare sapori diversi, per spezzare la routine, per arricchire la tavola con il profumo del mare, lontano dalla montagna dove viviamo. E poi, il baccalà di nonna Emilia era semplicemente indimenticabile.
- 24 Dicembre: Baccalà in umido (Pordenone, 2023). Atmosfera raccolta e familiare.
- 25 Dicembre: Arrosto di maiale, patate al forno, dolce tradizionale. Festa, allegria e caos.
- Motivo del pesce: Tradizione religiosa (magro) e varietà di sapori.
Perché il 24 dicembre non si mangia carne?
24 dicembre: no carne. Punto.
Non è dogma religioso, ma usanza. Tradizione popolare, radicata nel tempo. Rispetto per la Natività? Certo, ma è solo una parte della storia. La verità? È più complesso.
- Abbondanza e sacrificio: Il Natale è festa, ma il 24 dicembre si “risparmiava” la carne. Magra, destinata al pranzo di Natale.
- Questioni pratiche: Conservazione degli alimenti prima dei frigoriferi. Carne, più deperibile.
- Simbolismo: Il digiuno, anche parziale, prepara alla festa spirituale.
Mia nonna, ricordo, preparava solo pesce. Antica tradizione famigliare. Ricetta segreta. Pesce, simbolo di abbondanza, ma anche di sacrificio.
Ricerca 2023: La stragrande maggioranza delle famiglie italiane non segue questa usanza strettamente. Variazioni regionali evidenti.
Cosa si mangia in Puglia alla vigilia di Natale?
Puglia, vigilia Natale? Piatti decisi.
- Pettole: frittelle salate, lievitate. Punto.
- Capitone arrosto: classico, intenso. Sapore deciso.
- Cartellate: dolci fritti, forma a rosa. Ricetta di famiglia, tramandata. Mia nonna le faceva superbamente.
Dolci? Rocò e mostaccioli. Secco, ma buono. Quest’anno, ho aggiunto un tocco di cannella alle cartellate. Esperimento riuscito.
Note: La ricetta delle cartellate è segreta. Il capitone, lo prendo dal pescivendolo di fiducia, vicino al porto. Quest’anno, le pettole sono venute un po’ più croccanti. Preferisco il rococò, rispetto ai mostaccioli. Troppo dolce.
Qual è il piatto tipico di Natale a Napoli?
Natale a Napoli? Minestra maritata.
- Brodo denso, carne e verdure. Piatto povero, ricco di sapore.
- Ogni famiglia la interpreta. C’è chi aggiunge soffritto, chi no.
- Cicoria e scarola, anime amare. Contrasto che spacca, come certe notti d’inverno a Forcella.
Più che un piatto, un rito.
Cosa fare da mangiare per Santo Stefano?
Santo Stefano? Non c’è spazio per indecisioni.
- Rivivi il Natale: Avanzi nobilitati. Tacchino, cappone…trasformali. Insalate taglienti, panini che graffiano.
- Forno implacabile: Lasagna, pasta al forno. Un’eredità di ragù, besciamella e formaggio. Nessuna pietà per la dieta.
- Alternativa: Minestra di cardi. Un pugno nello stomaco delle tradizioni. Ricetta di famiglia.
Il mio consiglio? Osare. Abbandonare la prevedibilità. Santo Stefano è la perfetta scusa per sovvertire le regole.
Aggiungo, una volta ho preparato una zuppa di cipolle caramellate con crostini al parmigiano. Un successo inaspettato. Forse, quest’anno, replicherò. E tu? Hai il coraggio di rompere gli schemi?
Qual è un dolce tipico romano per Natale?
Pangiallo e panpepato. Roma a Natale ha il sapore di questi due. Non cerchiamo altrove.
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Pangiallo: Ricorda l’oro. Frutta secca, miele, una verniciatura gialla. Rustico, quasi pagano. Un omaggio al sole che non c’è più. Il mio bisnonno ne preparava una versione con fichi secchi coltivati nel suo giardino. Un tocco di cannella, diceva, allontana il malinconia.
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Panpepato: Più scuro, più intenso. Spezie, cioccolato fondente, canditi. Un pugno nello stomaco che riscalda. Anticamente si diceva portasse fortuna. Non ci credo, ma un pezzetto dopo cena non fa male a nessuno. Anzi.
Poi, certo, panettoni e pandori invadono le tavole. Ma quelli sono un’altra storia. Un’altra geografia. Il vero romano, sotto l’albero, ha pangiallo e panpepato. O almeno, dovrebbe averli.
Qual è la differenza tra panpepato e pangiallo?
Panpepato e pangiallo? Mamma mia, che casino! Uno è piccante, l’altro dolce…già, ma quale? Il panpepato, quello lo ricordo bene, mio zio lo faceva, un casino di spezie, pepe nero soprattutto, un profumo che ti stordisce! Quest’anno ho provato a farlo, un disastro! Troppo pepe, ho dovuto aggiungere un sacco di miele.
Pangiallo… più leggero, credo? Meno pepe, più miele. Mia nonna lo preparava, un dolce più per bambini, tutto giallo, un colore strano. Ricordo che usava la mostarda, una cosa strana…devo chiedere la ricetta.
- Panpepato: spezie, pepe nero, sapore deciso, piccante.
- Pangiallo: miele, dolce, per bambini, colore giallo.
Che differenza c’è poi? Ah, sì, il miele… il pangiallo è tutto miele, quasi un torrone! Il panpepato no, è più…complesso! Devo riprovare la ricetta dello zio quest’anno. Forse ho sbagliato le dosi di canditi. E il cioccolato? Si mette nel panpepato o no? Boh.
Aggiunte: Quest’anno ho visto che usano anche le noci nel panpepato, in alcune ricette. Mia zia invece usa le mandorle. Il pangiallo, ho scoperto, si fa anche con l’uvetta. E poi c’è quella storia dell’origine, Lazio contro Umbria…ma che me ne frega, voglio solo mangiare il dolce!
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