Cosa vuol dire vino dritto?

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Ecco una possibile risposta:

"Un vino "dritto" si distingue per la sua acidità vibrante e freschezza. Questa verticalità gustativa offre un'esperienza immediata e senza fronzoli, focalizzata sulla purezza del sapore."

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Cosè il vino dritto?

Vino “dritto”? Boh, io lo interpreto come un vino che va dritto al punto. Senza troppi fronzoli. Tipo un Vermentino di Sardegna che ho bevuto a Cala Gonone (15 Luglio 2023, 12 euro al ristorante sulla spiaggia). Freschissimo, quasi tagliente, pulito. Andava giù che era una bellezza con gli spaghetti alle vongole.

Un altro esempio? Un Riesling della Mosella bevuto a Bernkastel-Kues (Germania, 20 Agosto 2022). Ricordo ancora la sua acidità vibrante, quasi elettrica. Dritto, appunto, senza giri di parole.

Insomma, per me “dritto” è sinonimo di fresco, acido, immediato. Un vino che non si perde in chiacchiere, ma arriva subito al sodo. Come un buon caffè al mattino.

Domande e Risposte:

Domanda: Cos’è il vino dritto?

Risposta: Vino fresco, acido, immediato.

Cosa vuol dire un vino corposo?

Ah, un vino corposo! Immagina un abbraccio, ma invece di braccia hai tannini. È un vino che non ti lascia indifferente, ti riempie la bocca come un pettegolezzo succoso riempie il paese.

  • Pienezza: Non è acqua fresca, signori miei! È un vino che ha sostanza, che si fa sentire. Come la suocera a Natale, insomma.
  • Densità: Non è leggerino come una piuma, ha il peso di un segreto ben custodito.
  • Struttura: Immagina un palazzo, non una baracca. Un vino corposo ha fondamenta solide e un’architettura complessa.

Si dice che un vino corposo sia come un amico che ti dice la verità in faccia, ma con un sorriso. Certo, magari dopo qualche bicchiere inizi a vederlo un po’ troppo schietto, ma hey, almeno sai cosa pensa! Personalmente, preferisco i vini corposi perché mi danno l’impressione di aver mangiato qualcosa di decente. Scherzi a parte, un buon corposo è un’esperienza sensoriale completa, un viaggio nel bicchiere che ti fa dimenticare, almeno per un attimo, i problemi del mondo.

Cosa vuol dire un vino rotondo?

Ah, il vino rotondo… mi fa venire in mente una sera a Montalcino, estate scorsa. Ero con amici, seduti fuori da una cantina minuscola, quelle a conduzione familiare vera.

  • Ricordo il Brunello che ci portarono, un rosso rubino intenso. Il primo sorso… mamma mia! Niente spigoli, ecco, era proprio come se mi avesse abbracciato la bocca.

  • Morbido, vellutato, pieno. Non pizzicava, non stringeva. Solo frutta matura, spezie dolci, un calore avvolgente. Capito? Proprio un vino che ti coccola.

  • Zero acidità aggressiva, tannini smussati. Era come ascoltare una canzone che ti fa stare bene, senza stonature. Un equilibrio perfetto, ecco cosa significa rotondo!

Aggiungo, perché poi mi è rimasto impresso: il produttore ci ha spiegato che la rotondità, per lui, dipendeva tanto dall’affinamento in legno grande, che ammorbidisce il vino senza aggiungere troppi sentori di tostatura. E poi, ovviamente, dalla qualità delle uve!

Quando un vino si dice verticale?

Verticale non indica un tipo di vino. Indica una degustazione. Diverse annate dello stesso vino, stesso produttore, stessa etichetta. Per valutare l’evoluzione nel tempo. Freschezza e acidità sono caratteristiche, non definiscono “verticale”.

  • Verticale: Degustazione di diverse annate.
  • Stesso vino: Produttore, etichetta identici.
  • Scopo: Analisi evoluzione temporale.

Personalmente, preferisco le verticali di Barolo. Ho partecipato ad una straordinaria degustazione a Serralunga d’Alba, novembre 2023. Annate dal 2001 al 2016 del “Vigna Rionda” di Massolino. Impressionante la differenza tra le annate più giovani, ancora austere, e quelle più mature, vellutate e complesse. Un’esperienza che consiglio. Permette di capire l’invecchiamento di un grande vino.

Cosa vuol dire vino austero?

Cosa vuol dire “vino austero”? Ah, un bel quesito! Immaginate un vecchio zio, burbero ma con un cuore d’oro, che vi guarda storto ma poi vi offre il suo miglior Barolo invecchiato. Ecco, quello è un vino austero.

  • Aspro e brusco: Come una poesia di Ungaretti: breve, intensa, e che ti lascia un po’ di amaro in bocca, ma in modo buono, eh! Un po’ come quella volta che mio cugino, cercando di fare il figo col motorino, ha preso una bella caduta. Brusco, ma si ride ancora a pensarci!
  • Lievemente amaro e astringente: Pensa a un bacio appassionato che ti lascia un po’ di secchezza sulle labbra. Non è sgradevole, anzi, ti fa capire che c’è stata una certa intensità. Come quando mia nonna mi rimproverava, ma poi mi offriva un biscotto. Amaro ma dolce allo stesso tempo.
  • Corposo e di buona gradazione alcolica: Un vino austero non è un piagnucolone, è un tipo deciso, con carattere. Un po’ come mio fratello: tace, ma quando parla… fa tremare i muri!

Quest’anno, ho assaggiato un ottimo Brunello di Montalcino che rappresenta appieno questa definizione. Un vero capolavoro! Un vino che ti fa capire che l’eleganza non è sempre gentile, a volte sa essere anche un po’ “tosta”. Ah, e il mio amico sommelier dice che l’austerità è una caratteristica molto apprezzata dai veri intenditori, a differenza di certi vini “modaioli” che poi si rivelano acqua fresca.

Come si può definire il vino?

Oddio, il vino… Mi viene in mente quella volta a Montalcino, agosto 2023. Caldo da morire, uno di quei pomeriggi che ti appiccicano alla pelle la maglietta. Eravamo io, Marco e sua sorella, seduti sotto un pergolato, quasi a strapiombo su una vallata di vigne. L’aria profumava di terra secca e uva matura, un profumo così intenso che ti sentivi quasi ubriacato. Ricordo ancora il sapore del Brunello, forte, corposo, un’esplosione di ciliegia e tabacco. Quel gusto, insieme al calore e alla compagnia, mi ha fatto sentire incredibilmente serena. Un momento di pace, assoluto.

Marco stava parlando del processo di vinificazione, un sacco di termini tecnici che francamente non ho capito a metà. Qualcosa sulla fermentazione, sul mosto… ma il punto è che quel vino, quel Brunello lì, era il risultato di tutto quel lavoro, di tutta quella terra e di quel sole. E io, a sorseggiarlo, assaporavo tutto questo. Un’esperienza sensoriale incredibile.

  • Sapore intenso di ciliegia e tabacco
  • Calore estivo di agosto 2023
  • Posizione: Montalcino, sotto un pergolato con vista sulla vallata.
  • Compagni: Marco e sua sorella.

Poi, però, mi sono fatta prendere un po’ troppo dalla chiacchierata e ho finito la mia bottiglia troppo in fretta. Un vero peccato, avrei dovuto gustarla con più calma. Ah, e Marco si lamentava del prezzo esorbitante. Mi sembrava avesse detto qualcosa tipo 60 euro.

  • Prezzo alto (circa 60 euro)
  • Bottiglia finita troppo in fretta.

Il vino? Beh, per me è molto di più di una semplice bevanda alcolica. È un’esperienza, un momento, un ricordo indelebile.

Quando un vino si definisce maturo?

Maturo. Equilibrio raggiunto. Pronto.

  • Aroma: Intenso, complesso, sfaccettato. Evoluzione oltre la frutta primaria. Note terziarie evidenti: spezie, sottobosco, cuoio. Dipende dal vitigno e dall’affinamento. Il mio Barolo del ’98 sprigiona tabacco e liquirizia.
  • Gusto: Armonico. Tannini morbidi, integrati. Acidità ancora presente, ma non aggressiva. Persistenza lunga. Ricordo un Brunello di Montalcino, velluto puro.
  • Aspetto: Colore evoluto. Rubino tendente al granato per i rossi, dorato ambrato per i bianchi. Trasparenza può diminuire. Osservavo ieri un Sauternes: oro liquido.

Annata influisce. Conservazione fondamentale. Cantina buia, fresca, umidità controllata. Ogni vino ha il suo momento. Degustare per capire.

Perché un vino si chiama Riserva?

Un vino si fregia del titolo “Riserva” perché ha compiuto un percorso più lungo e paziente verso la maturità. È un po’ come un allievo che, dopo aver superato l’esame di base, decide di approfondire gli studi con un master.

  • Invecchiamento prolungato: La “Riserva” sosta più a lungo in cantina, un periodo che varia a seconda del disciplinare di produzione della denominazione. Questo riposo extra permette al vino di affinare i suoi aromi e di sviluppare una maggiore complessità. Immagina un pittore che aggiunge strati su strati di colore alla sua tela, fino a raggiungere la perfezione.

  • Differenze con il “Superiore”: A volte si confonde “Riserva” con “Superiore”, ma sono due concetti distinti. Il “Superiore” indica una gradazione alcolica più elevata rispetto alla versione base, un po’ come un caffè più forte.

Ogni denominazione ha le sue regole. Ad esempio, per il Barolo Riserva, l’invecchiamento minimo è di cinque anni, mentre per altri vini può essere inferiore. Le regole cambiano e influenzano le scelte e, quindi, il risultato finale. Un po’ come la vita!

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