Perché la minestra si chiama così?

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Il nome "minestra" deriva da "ministrare", poiché, anticamente, era il capofamiglia a servirla, "ministrandola" ai commensali. Un atto di cura e condivisione a tavola.

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Perché la minestra si chiama minestra? Origine del nome

Mah, sai, l’origine del nome “minestra”… un po’ mi lascia perplesso. Ho sempre sentito dire che deriva da “ministrare”, come se fosse un atto quasi rituale, il capofamiglia che serve la minestra a tutti. Ricordo una zia, a Natale del 2018 a casa sua a Firenze, che raccontava proprio questa storia, mentre preparava quella minestra di lenticchie buonissima, costata circa 10 euro al kg di lenticchie.

Un’altra versione, meno romantica, parla di una derivazione dal latino ministrare, nel senso di “preparare”, “somministrare”. Più tecnica, meno suggestiva, insomma.

Insomma, non c’è una certezza assoluta. Preferisco la versione della zia, è più… umana, no? Quella minestra era davvero speciale, ricorda un po’ il calore familiare, e non una fredda definizione linguistica.

Perché si dice minestra maritata?

Minestra maritata: un nome, un destino.

  • Il “matrimonio” è tra verdure amare (cicoria, scarola, borragine, verza) e carne povera, spesso ‘o pere e ‘o musso del maiale. Unione di necessità, diventata virtù.
  • Niente è casuale. Anche l’amaro ha il suo perché. Un tempo si credeva che purificasse il sangue. E forse era vero.
  • Polpette e salsiccia? Rivisitazioni moderne. Il vero matrimonio è quello antico, quello che sa di terra e di fatica.
  • Il formaggio? Un tocco di lusso, forse. Un velo pietoso sulla povertà. Dipende da chi lo mette.
  • Come la vita: ingredienti semplici, risultato complesso. Se impari a dosare, ovviamente. Se no, è solo brodo.

Informazioni aggiuntive: Mia nonna, nata nel ’28 a Napoli, usava mettere anche la cotenna. Diceva che dava sapore e che “del maiale non si butta niente”. Una filosofia.

Che differenza cè tra zuppa e minestra?

Allora, praticamente è questa la storia… Zuppa e minestra, sembra la stessa cosa, no? Invece ciccia!

  • Zuppa: Immagina un brodo leggero, magari con qualche verdurina che ci galleggia dentro, tipo quando la nonna ti fa la zuppa di pollo se stai male. A volte, la verdura la frullano pure, e viene una crema. Comunque, è più brodosa, capito? Ah, a volte ci mettono pure pezzetti di pane tostato, che fanno tanto “chic”!

  • Minestra: La minestra è il contrario! Più “pacciocca”, più densa. Pensa alla pasta e fagioli, o una minestra di orzo… Ci butti dentro pasta, riso, legumi… insomma, robba che gonfia e ti riempie per bene. Praticamente un pasto completo, ecco. Ed è proprio qui che sta la differenza fondamentale, perché nella zuppa di solito non ci sono questi amidi!

E poi, sai che c’è? A volte, la gente le chiama un po’ come gli pare. Io, ad esempio, chiamo “zuppa” anche una minestra di verdure bella densa, ma vabbè, dettagli! L’importante è che sia bona, no? E poi… non so se lo sai… ma sia la zuppa che la minestra, specialmente se fatte in casa, sono piene di vitamine e fanno bene alla salute! Proprio come diceva sempre la mia bisnonna!

Quanti grammi di minestrina a persona?

  • Minestrina, uhm… quanti grammi? 40/50 grammi a persona, mi pare, se è solo pasta in brodo. Tipo, la classica minestrina che mi faceva la nonna. Che poi, la nonna andava sempre a occhio, eh!

  • Però, aspetta, se ci metti dentro un sacco di verdure, tipo zuppa di legumi, allora 30/40 grammi bastano. Che poi, magari uno ne vuole di più! Dipende sempre da quanto è affamato uno, no?

  • E poi, ma la minestrina è un primo o un secondo? Boh, dipende da quanto è pesante il resto del pasto. Una volta ho mangiato tre etti di minestrina… Mi sentivo rotolare. Era buonissima però!

  • Ah, e la marca della pasta fa differenza? Ma certo che sì! La mia preferita è quella piccolissima, tipo stelline… O forse era quella a forma di orsetti? Non mi ricordo. Comunque, cambia la consistenza.

  • Punti chiave:

    • Pasta in brodo: 40-50g
    • Zuppa: 30-40g
    • Gusto personale
    • Marca della pasta.

Qual è il contrario di gustoso?

Eccomi qui, nel silenzio della notte…

  • Insipido. Penso subito a questa parola. Mi ricorda le minestre che mia nonna preparava quando ero malata, quelle senza sale, fatte apposta perché fossero leggere… Ma a me non piacevano per niente.

  • Scipito. Quasi come insipido, ma scipito ha una sfumatura in più, come se mancasse qualcosa, un’anima. Come certi discorsi che fai con persone che non conosci bene, che non sanno di niente.

  • Cattivo. Beh, a volte un sapore può essere proprio cattivo. Un sapore che ti rimane in bocca e non se ne va, come quella volta che ho assaggiato una medicina amara da bambina e non sono riuscita a toglierla dalla mia testa.

E poi, se penso al contrario di “gustoso”, mi viene in mente la noia… la mancanza di sorprese. Quando mangi qualcosa e non ti dice niente, è come se il cibo non avesse una storia da raccontare.

Cosa cambia tra zuppa e vellutata?

Amico, ma che domanda! Zuppa e vellutata? È come paragonare un elefante a un chihuahua in versione crema!

  • La zuppa: È un casino controllato. Pezzi ovunque, un po’ come il mio ufficio dopo una settimana di lavoro intenso. Verdure, carne, pasta, un vero tripudio di consistenze. A volte ci trovi pure un calzino. Scherzo (forse).

  • La vellutata: Eleganza pura! Un velluto liquido, una carezza per il palato. Tutto frullato, liscio come la fronte di mio cugino dopo una settimana di spa. Nessun pezzo che ti attacchi ai denti, solo piacere. Immagina un dipinto impressionista, ma commestibile.

Sai, mia nonna faceva una zuppa di fagioli così robusta che poteva fare da barricata in guerra. La sua vellutata di zucca invece, oh mamma mia, era poesia liquida. Ci ho pure scritto una canzone sopra, ma nessuno l’ha mai ascoltata. Troppo poetica per il grande pubblico!

Ah, dimenticavo: le vellutate sono fighette. Le zuppe sono vere. Questo è il succo del discorso. Punto. Fatto. Fine.

Aggiunte: Quest’anno ho scoperto una ricetta di vellutata di patate al tartufo pazzesca! La zuppa di cipolle invece continua ad essere il mio “comfort food” preferito. Mia nonna (che riposi in pace) aveva una ricetta segreta per la zuppa di lenticchie. Non la rivelerò mai. Nemmeno sotto tortura. O sotto minaccia di una zuppa di broccolo poco cotta.

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