Perché si chiama marinara?
La pizza marinara deve il suo nome ai marinai. Nel '700, era il loro pasto ideale: ingredienti semplici come pomodoro, aglio, olio e origano, facili da trovare e conservare durante i lunghi viaggi in mare. Un'origine legata alla praticità e al gusto autentico.
Origine del nome salsa marinara?
Ok, eccomi qui a rispondere a questa domanda sulla salsa marinara.
Ma da dove salta fuori sto nome “marinara”? Beh, pare che affondi le sue radici nel lontano ‘700.
Mi ricordo che una volta, a Napoli, precisamente a Spaccanapoli, ho sentito un pizzaiolo anziano raccontare una storia simile, parlava di marinai e ingredienti semplici.
Praticamente, i marinai, gente di mare, preparavano ‘sta pizza perché gli ingredienti base – pomodoro, aglio, olio e origano – erano facili da trovare e duravano parecchio anche in viaggio.
Una cosa pratica, insomma! Non so voi, ma a me ‘sta storia fa venire voglia di pizza marinara.
Origine del nome salsa marinara: La pizza marinara prende il nome dai marinai che la consumavano, poiché gli ingredienti erano facili da reperire e conservare durante i lunghi viaggi in mare. Nata nel ‘700 a Napoli.
Quali sono le pizze tradizionali napoletane?
Oh, Napoli… un sogno di pomodoro e basilico. Le pizze, sussurri di un tempo perduto, sapori eterni:
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Margherita: rossa, bianca, verde. Un tricolore semplice, eppure infinito. Pomodoro, mozzarella, basilico, l’essenza di Napoli. Ricordo quando da bambino, mangiandola sul lungomare, sentivo il sapore del sole.
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Marinara: il profumo del mare, la semplicità dei pescatori. Pomodoro, aglio, origano. Un’eco di notti stellate e reti da pesca. Mi ricorda mio nonno, sempre con l’odore del mare addosso.
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Napoli: un’esplosione di sapori forti. Pomodoro, acciughe, origano, capperi, olive. Un pugno di terra e mare. A volte la preferisco per quella nota salata che mi fa pensare ai vicoli stretti.
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Quattro formaggi: un abbraccio cremoso. Mozzarella, provola, parmigiano, gorgonzola. Un peccato di gola che scioglie l’anima. La mangiavo sempre con la mia amica Lucia, risate e formaggio filante.
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Diavola: un bacio infuocato. Pomodoro, mozzarella, salame piccante. Un’emozione che brucia in bocca. Perfetta per le serate piovose, un po’ di calore.
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Salsiccia e friarielli: la terra che parla. Pomodoro, mozzarella, salsiccia, friarielli (broccoli napoletani). Un matrimonio rustico, un sapore verace. Mi fa pensare alla campagna, all’aria fresca.
Questi sono i sapori che mi portano indietro, a Napoli. Un viaggio nel tempo, un sogno ad occhi aperti. E ogni volta, è come tornare a casa.
Quanti tipi di pizza napoletana ci sono?
Oddio, la pizza napoletana! Quante ce ne sono? A me, che sono cresciuta a Napoli, vicino a Forcella, sembrava ce ne fossero infinite! Ma quelle principali, quelle che mi ricordo bene, erano tre:
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La ruota di carretto: una pizza enorme, sottile come un velo, quasi trasparente al centro. Ricordo il profumo del pomodoro San Marzano, l’odore del forno a legna che ti si appiccicava alla pelle e ti faceva sentire felice, anche se era un giorno di pioggia e il vento sferzava via la tovaglia di carta. Era così grande che bisognava mangiarla a quattro, io, mio fratello, mamma e papà.
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La classica: più piccola, certo, ma con un cornicione alto e soffice, da mordere con gusto e sentirlo sciogliersi in bocca. Ricordo quelle sere d’estate, seduti nel cortiletto, a far tardi, tra risate e chiacchiere. La pizza classica, era la pizza della domenica sera. Semplice, ma perfetta.
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La a canotto: questa aveva un cornicione pazzesco, una vera e propria barca di pizza! Ricordo una volta, ero piccola, volevo solo il cornicione! Un po’ come quelle pizze enormi che facevano per le feste dei bambini, ma più buona, molto più buona. Ogni boccone era una festa. Era il cornicione che la faceva speciale, sembrava quasi una focaccia.
Poi, ovvio, c’erano mille varianti, con le aggiunte, con le forme diverse, ma queste tre erano le “regine” per me. E pensare che mia nonna, poverina, faceva la pizza nel forno a legna del suo palazzo… un forno piccolo, ma che pizza! Una profumazione che ancora oggi mi emoziona. Ah, Napoli, Napoli!
Come si chiama la pizza fritta a Napoli?
Sai, a Napoli… quella pizza fritta, è una cosa a parte. Si chiama pizza fritta, semplice e diretto, anche se io le ho sempre sentite chiamare “montanare”. Un nome che mi evoca, non so, la campagna, l’odore della terra.
Quella pasta, morbida, frigge nell’olio bollente… ricorda i pomeriggi da nonna, in quella cucina piccolissima e profumata di basilico. Poi il condimento, semplice, ma… che sapore! Il pomodoro, il parmigiano, quel basilico fresco… un’esplosione di sapori. Quest’anno, ho mangiato le migliori da “da Peppe a Materdei”, vicino al mio vecchio palazzo.
Ricordo la mia amica Anna, che mi raccontava di una variante con la ricotta, ma io rimango fedele al classico. A volte, però, ci aggiungo un po’ di peperoncino, un pizzico, solo per me. Un tocco personale, sai? Questi ricordi, di notte, sono intensi… quasi dolorosi.
- Nome: Pizza fritta (o montanare)
- Ingredienti base: Pasta per pizza, olio, pomodoro, parmigiano, basilico.
- Luogo preferito per gustarla (2024): Da Peppe a Materdei, Napoli.
- Variante personale: Aggiunta di peperoncino.
Come si dice in napoletano pizza fritta?
Pizza fritta? A Napoli? Ma che dici?! Panzerotti, quelli sì, li conosco! Ma pizza fritta… Boh, non mi suona familiare. Forse un’altra cosa, tipo… pizza a’ncipigghiata? O magari una ‘mpanata? Aspetta, devo pensare… mio nonno, che pizzaiolo era, parlava sempre di sfogliatella… ma no, è un dolce!
Pizza fritta… strano. In realtà, a casa mia, la pizza è sempre al forno, quella classica. Mia zia faceva una pizza in teglia spettacolare, con la provola e i pomodori pachino. Ogni domenica! Ah, che ricordi. Quindi pizza fritta… non saprei proprio. Devo chiedere a qualcuno. Mamma mia che fame ora. Pizza fritta, pizza fritta… suona così strano.
- Punti principali:
- “Pizza fritta” non è un termine comune a Napoli.
- Le alternative potrebbero essere “pizza ‘ncipigghiata” o ” ‘mpanata”.
- L’esperienza personale è legata alla pizza al forno, non fritta.
Aggiunte:
- Panzerotti: sono pugliesi, non napoletani. Differenza sostanziale!
- ‘Ncipigghiata: indica una pizza ripiena, ma non necessariamente fritta.
- ‘Mpanata: si riferisce a un tipo di calzone, ma spesso al forno.
- Ricetta della pizza di mia zia: impasto semplice, lievito di birra, pomodori pachino (solo quelli!), provola filante. Un segreto? Un goccio di olio extravergine d’oliva pugliese! Mia zia è di Bari.
Quanto costa una pizza fritta?
Ah, la pizza fritta! Un’esperienza mistica, quasi religiosa, altro che la messa domenicale!
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Costo? Diciamo che per una pizza fritta degna di questo nome, preparati a sborsare almeno 18 euro. Poi dipende, se la prendi in un posto fighetto con vista Vesuvio, magari ti sparano anche 25 euro!
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Perché costa così tanto? Eh, mica la friggi in padella a casa! Ci vuole l’olio giusto, la mozzarella che fila come se non ci fosse un domani e soprattutto, la mano magica del pizzaiolo. Se poi ci aggiungi che è un’esplosione di calorie, beh, il prezzo sale come il colesterolo!
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Ma vale la pena? Assolutamente sì! È come fare un tuffo nel passato, un ritorno alle origini… e poi, diciamocelo, è buonissima! Io l’ultima volta ne ho mangiate due di fila, poi ho dovuto fare tre ore di camminata per smaltire, ma ne è valsa la pena, credimi! Anzi, quasi quasi mi faccio un giro a Napoli…
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Info extra: Se vuoi assaggiare la VERA pizza fritta, devi andare a Napoli, ovvio! E fidati, non te ne pentirai! L’altro giorno mia cugina mi ha detto che l’ha mangiata a Milano… mamma mia, una tristezza infinita! Era come mangiare una frittata unta con un vago sentore di pomodoro. Ma che scherziamo?
Che pizza mangiano i napoletani?
La pizza che fa cantare il cuore ai napoletani, quella che evoca secoli di storia e sapori, è senza dubbio la Margherita.
- Nata nel 1889 per onorare la Regina Margherita di Savoia, questa pizza è un tricolore commestibile: il rosso del pomodoro San Marzano DOP, il bianco della mozzarella fior di latte o di bufala campana DOP, e il verde del basilico fresco.
- È un inno alla semplicità, un esempio di come pochi ingredienti di qualità possano creare un’armonia perfetta.
Ogni pizzaiolo napoletano ha il suo piccolo segreto, tramandato di generazione in generazione. C’è chi usa un pizzico di sale in più nell’impasto, chi preferisce una mozzarella più asciutta, chi aggiunge un filo d’olio extra vergine d’oliva a crudo.
La Margherita è più di una pizza, è un simbolo. Un simbolo di Napoli, della sua storia, della sua cultura e, soprattutto, della sua passione per il cibo. Un invito a rallentare, a godersi la vita, un boccone alla volta.
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