Quanto guadagna un barista su una tazzina di caffè?
Il caffè amaro: un’analisi del guadagno (o della perdita?) dietro ogni tazzina
Il profumo inebriante del caffè appena fatto, il rituale della preparazione, il sorriso del barista: l’esperienza del caffè al banco è un piccolo lusso quotidiano per molti. Ma dietro la piacevole apparenza, si cela una realtà economica spesso trascurata: quanto guadagna davvero un barista per ogni tazzina venduta? La risposta, sorprendentemente, è meno di quanto si possa immaginare.
Un caffè venduto a un euro, cifra comune in molti bar, genera un margine di profitto lordo stimato attorno ai 14 centesimi. Un dato apparentemente positivo, che però si rivela una mera illusione una volta considerati i costi reali di gestione di un’attività di questo tipo. Il margine lordo, infatti, non tiene conto di una voce fondamentale: il costo del lavoro.
La retribuzione media oraria netta di un barista si aggira intorno ai 6,50 euro. Consideriamo un barista che prepara, in media, un caffè al minuto. In un’ora, preparerà circa 60 caffè. Se il guadagno lordo per ogni caffè è di 14 centesimi, l’incasso totale orario sarebbe di 8,40 euro (60 caffè x 0,14 euro/caffè). A prima vista, sembrerebbe un guadagno superiore alla retribuzione oraria. Ma questa è una semplificazione grossolana.
Infatti, il calcolo non tiene conto di numerose altre spese: l’affitto del locale, le utenze (acqua, luce, gas), le tasse, la manutenzione delle attrezzature, l’acquisto di altri prodotti (dolci, latte, ecc.), il costo delle materie prime (caffè, zucchero, ecc.) oltre al salario del personale. Questi costi, spesso sottostimati, incidono pesantemente sul guadagno reale per ogni singolo caffè. In realtà, una parte consistente del guadagno lordo viene impiegata per coprire queste spese fisse e variabili, riducendo drasticamente il profitto effettivamente attribuibile ad ogni singola tazzina.
In conclusione, il mito del caffè da un euro come fonte di ricchezza per il barista si sgretola facilmente. La realtà è ben più complessa e spesso la remunerazione per ogni bevanda è significativamente inferiore al prezzo di vendita, con il barista che contribuisce, con il suo lavoro, a coprire le spese generali dell’attività piuttosto che a godere di un guadagno proporzionale al numero di caffè venduti. Il caffè, dunque, è amaro non solo per il suo gusto, ma anche per la complessa aritmetica che si cela dietro al suo prezzo. Il nostro piccolo lusso quotidiano, quindi, dovrebbe essere apprezzato anche per il lavoro silenzioso e spesso sottovalutato di chi lo rende possibile.
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