Perché quando si dice grazie si risponde prego?

Perché quando si dice grazie si risponde prego? Boh, non lo so precisamente, però… mi piace. Sai, a volte mi chiedo che senso abbia, ‘sto scambio di convenevoli. Ma poi qualcuno mi ringrazia, magari per una sciocchezza, tipo avergli tenuto aperta la porta, e rispondo “prego” quasi senza pensarci. Ed è strano, ma in quel piccolo “prego” c’è un mondo. È come se stessi dicendo: “figurati, non è niente di che, davvero.” Tipo quando mia nonna mi preparava la pasta al forno, quella con la crosticina croccante, e io la ringraziavo e lei mi rispondeva “prego, tesoro”. Che calore. Non era solo la pasta, era… era affetto, no? E poi diciamolo, “prego” è proprio una bella parola. Molto più di un “di niente”, buttato lì. Suona più… come dire… educato? Forse è solo un’abitudine, una di quelle cose che si fanno senza un vero motivo, un po’ come… boh, non so… come mettere lo zucchero nel caffè. Lo fai e basta. Per me è come una piccola danza, una cosa minuscola ma che ti fa sentire… bene. Un sorriso silenzioso tra due persone. Un po’ come quando da bambina giocavo con le mie amiche e ci scambiavamo piccoli regalini, braccialettini fatti con i fili colorati, cose così. Ricordo una volta, avevo regalato a Giulia una conchiglia trovata al mare, e lei mi aveva detto “grazie mille!”, ed io, gonfia d’orgoglio, “prego!”. Era una cosa stupida, una conchiglia rotta, ma in quel “grazie” e “prego” c’era tutta la nostra amicizia. Forse è questo, in fondo. Chissà. Forse mi sto facendo troppi viaggi mentali per un semplice “prego”. Ma a me piace pensarla così.