Che si mangia il 24 dicembre a pranzo?

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La tradizione vuole pesce a Natale, unusanza antica con radici religiose e pratiche. Il digiuno prima delle festività natalizie, imposto dalla Chiesa, portava al consumo di pesce, alimento magro. La consuetudine è permessa, ma non imposta, nella tradizione moderna.
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Il pesce a Natale: un’eco di tradizioni e digiuni

Il 24 dicembre, il giorno che precede il Natale, è un momento ricco di aspettative e tradizioni culinarie. Ma sebbene l’abitudine di cenare con piatti speciali si imponga a tutti, la scelta di cosa preparare a pranzo è spesso meno standardizzata. Eppure, una presenza costante, quasi un filo conduttore attraverso i secoli, è il pesce. Ma perché la tradizione vuole il pesce a Natale a pranzo?

La risposta risiede in un’antica usanza con radici profondamente religiose e, sorprendentemente, anche pratiche. Il periodo natalizio, in passato, era spesso preceduto da un periodo di digiuno, imposto dalla Chiesa, che durava fino alla vigilia. Tale digiuno, che intendeva preparare lo spirito al momento sacro della celebrazione, si concentrava spesso sull’assunzione di cibi “magri”. In questo contesto, il pesce, per la sua natura non troppo ricca e facilmente reperibile, divenne una scelta naturale. La sua presenza a tavola rappresentava, in modo tangibile, la rinuncia ai cibi più sostanziosi e l’avvicinamento al periodo di festa.

La tradizione, tuttavia, non è più un obbligo. Le moderne celebrazioni natalizie hanno perso, in parte, l’aspetto di preparazione rigorosamente religiosa. Il digiuno, quindi, non è più un’imposizione, ma un’opzione. Eppure, il pesce a pranzo del 24 dicembre persiste come un’eco del passato, un residuo di questa antica usanza. La sua presenza sulle tavole italiane è una testimonianza di un passato in cui la religione si intrecciava profondamente con la quotidianità, un passato che, sebbene lontano, continua a riecheggiare nelle nostre scelte alimentari.

Oggi, la scelta di mangiare pesce a pranzo il 24 dicembre è del tutto personale. Non è un imperativo religioso, ma un’eredità culturale che, per molti, richiama il senso di tradizione e la memoria di un’epoca diversa. Un sottile filo che collega il presente al passato, mantenendo vivo il ricordo di un digiuno che, con il tempo, si è trasformato in un’antica consuetudine.