Quali sono i vitigni autoctoni della Sardegna?

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In Sardegna prosperano diversi vitigni autoctoni, tra cui il Cagnulari, il Cannonau, il Carignano, il Girò, la Malvasia, la Monica e il Moscato. Il termine Bovale si riferisce a due varietà distinte, il Bovale sardo e il Bovale di Spagna, entrambi importati dalla penisola iberica nel XIV secolo.

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Il mosaico ampelografico sardo: un viaggio tra vitigni autoctoni e storia

La Sardegna, isola di millenaria storia e di selvaggia bellezza, custodisce un patrimonio vitivinicolo di inestimabile valore, plasmato dai secoli e dalla sua peculiare geografia. Un patrimonio che si esprime principalmente attraverso un’ampia varietà di vitigni autoctoni, testimoni silenziosi di tradizioni secolari e di un sapiente adattamento all’ambiente mediterraneo. Questi vitigni, spesso poco conosciuti al di fuori dell’isola, rappresentano un tesoro ampelografico da preservare e valorizzare.

Tra i protagonisti indiscussi, il Cannonau, forse il vitigno sardo più celebre a livello internazionale, dona vini rossi di grande struttura, intensità aromatica e longevità. La sua rusticità gli ha permesso di prosperare nei terreni più aridi e sassosi, esprimendo al meglio il carattere selvaggio dell’isola. A lui si affianca il Cagnulari, anch’esso un vitigno a bacca rossa, capace di regalare vini intensi e corposi, con note speziate e un tannino ben presente. La sua diffusione, sebbene inferiore al Cannonau, si concentra nelle zone più vocate dell’isola, contribuendo a dipingere un quadro ampelografico ricco di sfumature.

Un altro vitigno di grande rilevanza è il Carignano, o Carignano del Sulcis, che, pur avendo origini spagnole, ha trovato in Sardegna un terreno ideale per esprimere il suo massimo potenziale. I suoi vini, spesso intensi e strutturati, sono apprezzati per la loro capacità di invecchiamento e per la complessità aromatica che sviluppano nel tempo.

Oltre ai rossi, la Sardegna vanta una ricca produzione di vini bianchi, grazie a vitigni autoctoni come la Malvasia, che dona vini aromatici e dal gusto dolce o leggermente abboccato, a seconda della zona di produzione e delle tecniche di vinificazione. La Monica, invece, è un vitigno a bacca nera, capace di esprimere sia vini rosati freschi e fruttati, sia rossi di buona struttura, con note di viola e ciliegia. Infine, il Moscato, dal cui nome deriva il celebre vino liquoroso, rappresenta un altro tassello fondamentale del mosaico ampelografico sardo, offrendo vini dolci e aromatici, con note floreali e fruttate.

Una menzione a parte merita il termine Bovale. Questo nome, infatti, si riferisce a due varietà distinte: il Bovale Sardo e il Bovale di Spagna, entrambi giunti nell’isola, secondo le ipotesi più accreditate, nel XIV secolo dalla penisola iberica. Questa duplicità sottolinea l’intensa commistione di influenze culturali e ampelografiche che hanno caratterizzato la storia vitivinicola sarda.

In conclusione, la ricchezza dei vitigni autoctoni sardi rappresenta un patrimonio di biodiversità ampelografica di grande valore, frutto di un’interazione secolare tra uomo e ambiente. La loro valorizzazione e la ricerca mirata alla loro tutela sono fondamentali per garantire la sopravvivenza di un’identità vitivinicola unica al mondo e di inestimabile pregio.

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