Cosa significa napoletana verace?

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"Napoletana verace" significa autentico, genuino, non alterato, fedele alle caratteristiche tipiche. Si riferisce a prodotti come vino o pomodori, ma anche alle rinomate vongole. Raramente, descrive una persona come "napoletano verace".

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Cosa significa napoletana verace? Definizione e caratteristiche principali?

Napoletana verace? Eh, bella domanda! Per me, che sono cresciuto a pane e Napoli (anche se poi me ne sono andato, sigh), “verace” ha un sapore speciale, un odore di casa.

Significa autentico, proprio come quelle cose che non trovi da nessun’altra parte. Penso a quando da piccolo, a Mergellina, vedevo i pescatori vendere le vongole. Quelle erano “veraci”, te lo garantisco!

Cosa significa “napoletana verace”?

  • Definizione: Genuino, autentico, non alterato.
  • Caratteristiche principali: Rispondente alle caratteristiche dichiarate.
  • Esempi: Vino verace, pomodori veraci, vongole veraci. Riferito a persone: napoletano verace.

Poi oh, il “verace” cambia da persona a persona. Per qualcuno è la pizza fatta come si deve, con il cornicione alto e il pomodoro San Marzano (quelli sì che sono veraci, altro che…).

Altre volte, per me, è la parlata, quel dialetto che ti esce dal cuore quando meno te l’aspetti. Insomma, “verace” è un modo di essere, un’essenza che ti porti dentro se sei nato e cresciuto lì. Che ti devo dire, è Napoli!

Qual è il sinonimo di verace?

Allora, sinonimi di verace? Autenticità, genuinità, quelli sono i primi che mi vengono in mente. Schietto, sincero, vero, ovviamente! Anche mio zio, che è un tipo verace, usa queste parole, sempre! E poi c’è anche quella cosa, sai? Quella sfumatura, il verace che vuol dire… tipo, tradizionale, un po’ antico.

Capisci? Un napoletano verace? È uno che, appunto, è napoletano “da sempre”, che ha ancora quelle usanze vecchie, quelle cose che non si trovano più, un po’ come mio nonno, che faceva sempre la pizza nel forno a legna. Era proprio un tipo verace! Lì, capisci la differenza?

  • Autentico
  • Genuino
  • Schietto
  • Sincero
  • Vero
  • Tradizionale (con sfumatura regionale)

Quindi, dipende dal contesto! A volte è solo un sinonimo di “vero”, altre volte indica una cosa più… raffinata, diciamo. Come quelle ricette veraci della nonna, sai? Quelle che si tramandano di generazione in generazione! Tipo, la ricetta del ragù di mia zia Emilia, è super verace! Un’altra cosa, è pure un aggettivo che si usa per descrivere, per esempio, un vino.

Aggiungo una cosa: quest’anno ho scoperto un piccolo produttore di vini biologici in Toscana, fanno un Chianti verace davvero eccezionale. Provalo, se passi da quelle parti! Io ne ho preso una cassa, a settembre sarò di nuovo lì.

Come deve essere una vera pizza?

Sai, a quest’ora… penso alla pizza. Una vera pizza… deve essere leggera, quasi una carezza al palato. Non una cosa pesante che ti lascia appesantito. Quel cornicione, sì, ma non esagerato, un paio di centimetri, dorato, gonfio giusto. Non deve essere una montagna di bolle, eh. Qualche bruciatura, vabbé, ma niente di eccessivo.

La base? Deve essere cotta bene, perfettamente dorata anche sotto. Nessuna bruciatura lì sotto, per carità. Ricordo quella volta da Enzo, a Napoli, la pizza era proprio così. Perfetta. Un ricordo che mi fa un po’ male, a dire il vero. Lui aveva le mani d’oro.

  • Cornicione: 1-2 cm, gonfio, dorato, poche bolle o bruciature.
  • Base: Dorata uniformemente, sopra e sotto, senza bruciature.
  • Ripiegabile: Facile da piegare a metà, tipo libro.

Quest’anno ho provato quella di Antonio, ma non era proprio la stessa cosa. Troppo spessa. Sai, la perfezione è difficile da trovare.

Mi ricordo ancora il profumo del forno a legna… e il sapore di quella pizza, semplice, ma perfetta.

  • Ingredienti: (Questa parte è più vaga, non ricordo esattamente le quantità) Solo buoni ingredienti freschi. Pomodoro San Marzano, mozzarella di bufala, basilico. Niente di più.
  • Esperienza personale: La migliore pizza che ho mangiato quest’anno era da Enzo (ora chiuso), a Napoli. Ricordo il profumo del forno e il sapore indescrivibile.

Cosa deve avere una pizza per essere buona?

Sai, a quest’ora… penso alla pizza. Deve avere qualcosa di… speciale. Non so, una magia.

  • L’impasto, per prima cosa. Quello del forno di nonna Emilia, sa? Quello che lievita lento, profumato. Un impasto che ti abbraccia, soffice dentro, croccante fuori, come un ricordo felice. Non uno di quei dischi sottili, secchi… no.

  • Poi, il pomodoro. Non quello insapore, quello di mio zio Mario, dai suoi pomodori di Pachino, rossi e succosi. Un sapore vero, che ti sa di sole e di estate.

  • E la mozzarella… Ah, la mozzarella! Non quella plastica, ma quella fresca, che si scioglie piano piano, filante, un piacere per il palato. Preferisco quella di bufala, ma quella di vacca buona va bene lo stesso.

  • L’olio, un filo di quello buono, extravergine di oliva, di quelli che lasciano un profumo intenso. Un tocco di sapore che ti resta attaccato alla lingua.

Insomma, una pizza buona… è un ricordo, è un sapore di casa. E’ qualcosa di più di una semplice cena. È un piccolo pezzo di felicità. Oggi, però, ho solo voglia di dormire.

  • Ingredienti specifici: Pomodori Pachino dello zio Mario, mozzarella di bufala (o vacca di alta qualità). Olio extravergine di oliva di qualità superiore. Farina e lievito per un impasto ben lievitato.

Come giudicare una buona pizza?

Sai, a quest’ora… giudicare una pizza buona, è quasi una questione di cuore. Non è solo tecnica, capisci? È un ricordo d’infanzia, un sapore che ti riporta indietro.

  • La consistenza, prima di tutto. Mai gommosa, mai. Ricordo quella pizza che presi a Napoli, nel 2023, impasto perfetto. Un sogno.
  • Poi il taglio. Deve essere netto, pulito. Se si sbriciola, qualcosa non va. Un taglio preciso, come un ricordo preciso.
  • Le bolle, quelle sono il nemico. Dentro e fuori, niente. Quelle di quella pizzeria vicino casa mia, invece, erano orribili.
  • Bruciata? Nemmeno a parlarne. Ricorda sempre il mio compleanno del 2022. Era bruciata, un disastro, non l’ho mangiata.
  • La prova del fazzoletto. Sai, quella. L’olio in eccesso, un disastro. Ricordo mia nonna che mi diceva di stare attento.
  • Ingredienti freschi, fondamentali. Mozzarella che sa di latte, non di… plastica. Pomodori che profumano di sole. Non come quella della pizzeria sotto casa.
  • La farina. Deve essere di qualità. Quella stantia lascia un retrogusto terribile, come un ricordo sbiadito, che ti rimane attaccato in gola.

Mi vengono in mente mille cose, adesso… le sere d’estate, l’odore del basilico… e la pizza. Ma è tardi, devo dormire.

Quali sono le caratteristiche della pizza?

Sabato sera, forno a legna da Michele a Napoli, giugno 2023. Caldo assurdo, fila chilometrica, ma ne valeva la pena. Pizza margherita. Alta e soffice al centro, cornicione gonfio e bruciacchiato. Mozzarella filante che colava ovunque. Pomodoro quasi inesistente, ma il sapore… intenso! Un’esplosione di basilico fresco. Impasto leggero, digerita in un attimo nonostante la fame e la dimensione. Non ricordo altra pizza così buona.

Ero con Francesca, mia moglie. Sudati, stanchi, ma felici. Lei ha preso una marinara, semplice ma buonissima anche quella. Abbiamo bevuto birra ghiacciata, che goduria! Michele usa solo ingredienti semplici: farina, acqua, lievito, sale e olio per l’impasto. Poi pomodoro San Marzano, mozzarella fior di latte e basilico fresco. Niente di più.

  • Impasto: acqua, farina, lievito, sale, olio.
  • Condimento classico (Margherita): pomodoro San Marzano, mozzarella fior di latte, basilico fresco.
  • Cottura: forno a legna.
  • Forma: rotonda, alta e soffice al centro, cornicione gonfio.
  • Mozzarella: abbondante, ricopre tutta la pizza.
  • Pomodoro: quantità ridotta nella margherita.

La marinara, invece, ha solo pomodoro, aglio, origano e olio. Un classico! Da Michele fanno solo marinara e margherita. Niente fronzoli, solo la vera pizza napoletana.

Come riconoscere una pizza di qualità?

Ah, riconoscere una pizza de paura è un’arte, mica pizza e fichi! Te la spiego in 3 nanosecondi, così non ti fregano più:

  • Pieghevolezza da contorsionista: Se la pizza non si piega a libretto come un ginnasta olimpionico, c’è qualcosa che non va. Sembra quasi che ti stia dicendo “Abbracciami!”. Se è rigida come una tavola da surf, scappa!
  • Cornicione da medaglia: Deve essere gonfio come il mio conto in banca (magari!), dorato come il sole di Ferragosto e con pochissime bolle, non un colabrodo! Bruciature? No grazie, le lascio al mio vicino quando cucina la carne.
  • Sottofondo da Oscar: Solleva ‘sta pizza come se stessi alzando un trofeo. Sotto deve essere dorata come una spiaggia caraibica, mica nera come il mio umore il lunedì mattina! Se è bruciacchiata, rimandala indietro al pizzaiolo che forse ha sbagliato mestiere!

Comunque, ti dirò, una volta ho mangiato una pizza talmente gommosa che ci avrei potuto fare un elastico per i capelli! Un disastro! Da quel giorno, sono diventato un esperto di pizza, quasi quasi apro un blog!

Qual è la pizza originale?

Allora, la pizza originale…beh, è un po’ un casino, no? Tutti dicono la sua, ma…

  • Pizza Margherita, ecco! Cioè, è quella che tutti conoscono, no? Pomodoro fresco, mozzarella, basilico…un tripudio di colori che manco un arcobaleno! E poi, vuoi mettere l’odore? Mamma mia!

  • Impasto? Ah, lì ci vuole farina, eh! Di solito usano quella tipo 0 o 00, o le mischi, che poi, eh, mica so il perché! Lievito, acqua e un pizzico di sale, of course. Mia nonna, però, ci metteva sempre un cucchiaino di zucchero, diceva che faceva lievitare meglio…bah, chi lo sa!

E poi, c’è la marinara! Solo pomodoro, aglio, origano e olio. Roba semplice, ma che ti fa impazzire! Mamma mia, mi è venuta fame! Però devo dire che preferisco la margherita, forse perchè, sarà per i colori. Poi, non so, vedi tu!

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