Chi si alza la notte per mangiare?

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La sindrome da alimentazione notturna, più frequente nelle donne e che colpisce circa il 3% della popolazione, è spesso associata a una pregressa storia di disturbi alimentari quali anoressia o bulimia. Allo stesso tempo, si riscontra comunemente una correlazione con disturbi dellumore come depressione o ansia.

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Il Silenzio della Fame: Esplorare la Sindrome da Alimentazione Notturna

La notte, avvolta nel silenzio che dovrebbe accompagnare il riposo, si cela una lotta silenziosa per molti: la sindrome da alimentazione notturna (SAN). Non si tratta semplicemente di un’abitudine scorretta, ma di un disturbo complesso che, colpendo circa il 3% della popolazione, vede un’incidenza maggiore nelle donne e si intreccia in modo significativo con la sfera emotiva e la storia alimentare del soggetto. Diversamente dalle semplici abitudini alimentari serali, la SAN si caratterizza per un’irrefrenabile spinta a consumare cibo durante le ore notturne, spesso in assenza di vera e propria fame fisiologica.

La connessione con i disturbi alimentari pregressi è un elemento chiave per comprendere la natura della SAN. Un passato caratterizzato da anoressia o bulimia, con le sue intricate dinamiche di controllo e di disregolazione del rapporto col cibo, può lasciare profonde cicatrici nella percezione del proprio corpo e del bisogno di nutrimento. La SAN potrebbe rappresentare, in questo contesto, una sorta di “compensazione” distorta, un’azione inconscia che tenta di placare un disagio profondo radicato nell’immagine di sé e nella gestione delle emozioni.

Ma il legame non si limita ai disturbi alimentari. Una correlazione significativa emerge anche con i disturbi dell’umore, in particolare la depressione e l’ansia. Il cibo, in questi casi, diventa un surrogato di conforto, una fuga momentanea dall’angoscia o dalla tristezza. La notte, con la sua atmosfera spesso carica di solitudine e riflessione, può amplificare questi sentimenti, rendendo ancora più impellente il bisogno di auto-medicarsi con il cibo. Questo ciclo vizioso si autoalimenta: l’alimentazione notturna porta a sensi di colpa e vergogna, incrementando ansia e depressione, che a loro volta spingono verso un nuovo episodio di alimentazione incontrollata.

La comprensione della SAN richiede quindi un approccio multidisciplinare, che vada oltre la semplice prescrizione di diete. È fondamentale individuare le cause sottostanti, affrontando sia gli aspetti psicologici che quelli fisici. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC), ad esempio, può aiutare a modificare i pensieri e i comportamenti disfunzionali legati all’alimentazione, mentre la psicoterapia può supportare l’individuo nell’elaborazione delle emozioni negative e nella costruzione di una relazione più sana con il proprio corpo e con il cibo.

In conclusione, la sindrome da alimentazione notturna non è un semplice capriccio, ma un segnale di disagio profondo che merita attenzione e un intervento terapeutico adeguato. Rompere il silenzio della fame notturna richiede un percorso di consapevolezza, un impegno a comprendere le proprie emozioni e a sviluppare strategie di coping più sane e durature. Solo così è possibile ritrovare il sonno ristoratore e un rapporto sereno con il cibo, ponendo fine a questo ciclo silenzioso e spesso doloroso.

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