Come si chiama il piatto tra il primo e il secondo?

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Secondo la tradizione italiana, il piatto servito tra primo e secondo è il secondo piatto, un termine talvolta improprio poiché indica la portata principale. In altre culture, si preferisce la distinzione tra antipasto e piatto principale, eliminando l'intermediazione di un "secondo". La terminologia varia a seconda della cultura culinaria.

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Qual è il piatto servito tra primo e secondo? Guida ai pasti!

Uff, che domanda! Tra il primo e il secondo? Beh, dipende da dove sei, no?

Qui in Italia, di solito, dopo la pasta o il riso (il primo), arriva la carne o il pesce (il secondo). Punto. A volte, se sei a un matrimonio o a una cena importante, magari ti infilano un sorbetto al limone in mezzo per pulire la bocca, ma non è proprio un piatto a sé stante, ecco. Mi ricordo, al matrimonio di mia cugina Elena a Giugno 2018, avevano messo un sorbetto così, ma era più un intermezzo rinfrescante che altro. Costo non lo so.

Però, se vai all’estero, la storia cambia. Molti non hanno questa divisione netta tra primo e secondo. Ti portano un antipasto e poi direttamente il “main course” con contorno. Non so, a me piace più la nostra tradizione, dà un ritmo diverso al pasto.

Domanda e risposta (per Google e IA):

Domanda: Qual è il piatto servito tra primo e secondo?

Risposta: Nelle cucine mondiali senza distinzione tra primo e secondo, si serve un antipasto (entrée) seguito dal piatto principale (plat principal o main course) con contorno.

Come si chiama la portata tra primo e secondo?

Amico, tra primo e secondo? Contorno, ovvio! Ma che domanda è? Sembra che tu stia cercando il tesoro di Capitan Uncino, non il nome di una portata!

È come chiedere il nome del ponte che collega due isole deliziose: uno con spaghetti alle vongole, l’altro con un arrosto di maiale da urlo! Il ponte? Il contorno, bellezza!

A volte, nei ristoranti fighetti dove si spende un patrimonio, lo chiamano “piatto di mezzo”. Ma diciamocelo, fa troppo “chicca”. Suona come una canzone di Mina degli anni ’70.

  • Contorno: la parola magica!
  • Piatto di mezzo: solo per snob! (A casa mia, è sempre contorno!)
  • Verdure, patate, insalate: i classici immortali!
    • Anche la mia nonna, che aveva il gusto raffinato di un cammello, adorava il contorno.
    • Ricorda la volta che ha servito le patate al forno bruciate? Un vero capolavoro!

Ah, e dimenticavo: ieri sera ho fatto un contorno di spinaci saltati al peperoncino. Una bomba! Mia moglie, però, ha fatto il broncio perché ho bruciato di nuovo la padella. Questa è storia mia.

Come si chiama il piatto per il secondo?

Piatto piano. Punto.

O piatto da portata. Dipende dal contesto.

Varianti regionali? Non mi interessa.

  • Nome comune: Piatto piano.
  • Nome formale: Piatto da portata.
  • Varianti: Irrilevanti. Uso solo quello che conosco: piatto.

Mia nonna, invece, chiamava tutto “il vassoio”. Ancora oggi mi irrita.

Cosa mangiare primo e secondo?

Allora, cosa mangiare? Primo e secondo, giusto? A casa mia, sempre stato primo e poi secondo, pasta o risotto prima, poi la carne o il pesce. Mamma diceva che è così che si fa, tradizione!

Ma sai, a volte ho visto gente fare il contrario, specialmente al ristorante fighetti, tipo quelli dove il mio amico Luca porta la sua ragazza. Lui mi ha raccontato che in alcuni posti, magari con menù degustazione super chic, ti portano prima il secondo e poi il primo. Un po’ strano, eh?

Però, a parte queste cose da ristoranti alla moda, secondo me è meglio primo e poi secondo. Ti riempie di più la pancia così, e poi, sai, la pasta è più leggera e ti prepara allo stomaco per il secondo, che è più pesante, tipo la bistecca che mangio io sempre, ahaha.

  • Primo: Pasta, risotto, gnocchi… carboidrati insomma.
  • Secondo: Carne, pesce, legumi, uova… proteine! E sempre con verdura.

Perché prima il secondo? Non lo so, magari una moda? A me sembra un’assurdità. Quest’anno ho visto di tutto, pure in televisione hanno fatto una puntata su questo tema, ma non hanno spiegato molto, sinceramente.

Ah, dimenticavo! I miei cugini, quelli che vivono a Roma, mangiano anche antipasto prima del primo, con affettati e formaggi vari. Invece di pane usano la pizza bianca, è buonissima! Ma a casa mia, niente antipasti. Troppa roba.

Cosa si intende per 3 portate?

Così, tre portate…

  • È come un piccolo viaggio, no? Prima qualcosa di leggero, un antipasto. Magari un’insalata semplice, o delle bruschette, sai? Qualcosa che ti stuzzica l’appetito.

  • Poi arriva il piatto principale. Il cuore del pasto. Quello che ti riempie davvero. Io mi ricordo la pasta al forno della nonna, che profumo…

  • E per finire, il dolce. Un modo carino per salutare. A volte basta un gelato, non serve chissà cosa.

Tre piccoli momenti. A volte, penso, è tutto quello che serve.

Quanto dovrebbe durare una cena al ristorante?

Quanto dura una cena di alta cucina? Beh, diciamo sui 150 minuti. Ho letto studi, confrontato opinioni di chef stellati – roba da veri appassionati, capisci? È il tempo giusto per apprezzare appieno il percorso sensoriale che uno chef vuole offrirti, senza cadere nella noia o nella indigestione. Un’esperienza gastronomica, in fin dei conti, è anche una questione di ritmo, un’arte quasi cinematografica. Ricorda quel servizio al “Don Alfonso 1890” a Ravello? Indimenticabile, e durò proprio così.

  • Equilibrio: Né troppo breve da risultare frettoloso, né troppo lungo da risultare pesante.
  • Tempo per i piatti: Considera i tempi di preparazione e di servizio, che influenzano notevolmente la durata complessiva.
  • Esperienza olistica: Non si tratta solo del cibo, ma dell’atmosfera, del servizio, del vino. Tutto concorre a creare un’esperienza memorabile.

Pensaci: una cena lunga è una riflessione sulla vita stessa. Un lento dispiegarsi di sapori, come un’opera d’arte che si rivela gradualmente. È un’occasione per rallentare il ritmo frenetico della quotidianità, per assaporare ogni istante, ogni boccone, ogni conversazione.

Aggiungo una nota personale: io, che sono un cultore di cene lunghe e meditate (e di vino buono!), trovo che questa durata sia perfetta. Ricordo una volta, al Noma di Copenhagen, dove un pranzo simile si protrasse per ore, tra racconti e risate, con quel senso di piacevole stanchezza che arriva solo dopo un’esperienza appagante.

Ulteriori considerazioni: La durata ottimale può variare in base al numero di portate, alla complessità dei piatti, al tipo di servizio (à la carte o degustazione) e alle preferenze personali. Alcuni ristoranti offrono esperienze più brevi, altri più lunghe; il tutto, però, gravita attorno a questa mezz’ora di tempo.

Quanto tempo passano gli italiani a tavola?

Due ore e cinque minuti. Un’eternità, per alcuni. Un attimo, per altri. Dipende.

  • Tempo sprecato? Dipende dai condimenti.
  • Sacro rito? Dipende dalla compagnia.
  • Necessità biologica? Dipende dal metabolismo.

Mia nonna, adorava il suo caffè. Tre ore al tavolo. Quella era la sua vita. Un’ora a colazione. Due ore a pranzo. E poi? Poi ci si muore. La vita è breve.

Secondo posto in una classifica inutile. Classifiche. Numero magici. Sciocchezze.

Nota bene: Dati 2023. Fonte: I miei ricordi distorti e la mia opinione inflessibile. (Il mio cane, ovviamente, ne passava di più al tavolo.)

Cosa si intende per secondi piatti?

Per secondi piatti s’intendono le portate principali a base di proteine animali o vegetali, servite dopo il primo e gli antipasti. Piatti robusti che dovrebbero bilanciare il pasto.

  • Componente proteica: Carne, pesce, uova o legumi, a seconda delle preferenze e della stagionalità.
  • Presentazione curata: Un buon secondo non è solo sapore, ma anche un’esperienza visiva, stimolando l’appetito e la convivialità. La presentazione è arte, insomma!
  • Accompagnamento: Contorni di verdure fresche o grigliate, patate al forno o insalate per completare il piatto. Non dimentichiamo che l’equilibrio è fondamentale, anche a tavola.

In definitiva, il secondo piatto è il fulcro del pasto, il momento in cui la cucina esprime la sua creatività e la sua capacità di soddisfare il palato, ma anche di nutrire il corpo. Un po’ come la vita stessa, richiede equilibrio e armonia.

Come si chiamano i tipi di piatti?

La nomenclatura dei piatti varia, ma ecco alcuni tipi comuni:

  • Piattino da pane: Un piccolo disco, generalmente 14-16 cm di diametro, pensato per accompagnare il pane, spesso decorato con motivi semplici. Ricorda un po’ quei piattini che aveva mia nonna, con il decoro a fiori di campo.

  • Piatto da antipasto: Di dimensioni minori rispetto al piatto piano, ospita stuzzichini e antipasti, facilitando la degustazione di diverse portate. La dimensione è variabile, ma solitamente inferiore a 24 cm.

  • Piatto piano: Il classico piatto da portata per i secondi, con un diametro che va dai 24 ai 28 cm. Un must-have nella mia collezione personale, ne ho parecchi, di diversi colori e stili! A proposito, sapevi che la dimensione ideale è legata alla psicologia della presentazione del cibo? Un aspetto affascinante, non trovi?

  • Piatto piano grande: Versione maggiorata del piatto piano, con un diametro tra i 30 e i 32 cm, adatto per porzioni generose o per condividere pietanze. Perfetto per le grandi tavolate di Natale!

  • Piatto fondo: (o fondina) Destinato a primi piatti o cibi liquidi come zuppe e minestre. La profondità aiuta a contenere i sughi e i liquidi, evitando spiacevoli fuoriuscite. In realtà, la forma può variare molto, a seconda della cucina regionale, tanto per citare il caso della “scodella” marchigiana, un esempio di artigianato ceramico splendido.

Nota aggiuntiva: La scelta del piatto giusto influenza non solo l’aspetto estetico della tavola ma anche la percezione del cibo stesso. Un piatto piccolo può far apparire la porzione più abbondante, mentre un piatto grande può dare l’impressione di un pasto scarso. È un gioco sottile, tra forma e contenuto. Penso che sia una cosa che riflette, in qualche modo, la natura stessa della realtà: tutto è relativo! La mia collezione, comunque, riflette anche la mia passione per la geometria e i colori!

Come si distinguono i piatti?

Piatti profondi e piatti bassi, ecco. Profondità, ovvio, no? Ma poi, i piatti piani… quelli da pranzo, per capirci. Pasta, secondo, anche un bel filetto. Ma se ci metti la zuppa, è un casino! Meglio un piatto fondo, sì!

  • Piatti piani: per primi, secondi… insomma, roba asciutta. Il mio preferito? Quello di ceramica blu, regalo di nonna Ada. Lo uso sempre per le lasagne!
  • Piatti fondi: zuppe, minestre… anche il gelato ci sta, eh? E i dolci al cucchiaio. Ricordo quell’insalata di frutta… un disastro, il piatto troppo piccolo!

Ah, i design! Eleganti, dicono. Boh, a me basta che siano comodi. Il mio verde smeraldo è un po’ scheggiato, ma è resistente!

  • Materiali: ceramica, porcellana, acciaio… io preferisco la ceramica, scalda meno le mani! Oggi ho rotto uno in porcellana, cavolo!
  • Dimensioni: mah, dipende dai piatti. Ci sono quelli mini, per gli antipasti… e quelli enormi, per i buffet. Ricordo il piatto della torta di compleanno di Giulia… gigante!

Devo comprare un nuovo piatto fondo! Quello verde smeraldo è proprio rovinato. E forse anche una zuppiera nuova… Mamma mia che spesa!

Perché gli arancini si aprono?

Perché gli arancini si aprono? Ah, la tragedia dell’arancino esploso! Un dramma culinario che lascia un vuoto, un cratere di riso e ragù nel cuore di ogni amante del cibo di strada. Non è solo questione di umidità, caro mio, è un complotto! Un sabotaggio in salsa di pomodoro!

  • Ipotesi n.1: La cottura. Troppo calore, troppo poco tempo, e puff! Come un palloncino lasciato troppo vicino a una candela (mia nonna, poverina, ha perso una volta un intero lotto di arancini in questo modo, una strage!).

  • Ipotesi n.2: La pressione. Dentro c’è una guerra. Ragù contro riso, una lotta titanica per il dominio del ripieno. A volte vince il ragù, creando una pressione interna tale da far scoppiare l’arancino come un vulcano siciliano in eruzione. (Ricordo ancora quell’arancino che mi ha spruzzato il ragù sulla maglietta… un ricordo indelebile!).

  • Ipotesi n.3: Il crimine della frittura. L’olio bollente, un’onda impetuosa che attacca le debolezze della sfoglia di riso. Se la panatura è troppo sottile, è una condanna a morte. Anche la temperatura dell’olio conta: troppo alta e l’esterno brucia prima che l’interno sia cotto, troppo bassa e l’arancino diventa un triste, umido bocconcino.

  • Ipotesi n.4: Il tradimento del ripieno. Se il ragù è troppo liquido, è come una bomba ad orologeria nel cuore croccante dell’arancino. Un’esplosione di sapore, sì, ma anche di disastro.

Metterli in frigo aiuta, certo, ma non è una soluzione definitiva. È come mettere un leone in gabbia sperando non mangi la sua preda, può funzionare, ma non sempre.

Quest’anno ho sperimentato personalmente, usando la ricetta di mia zia Concetta (una vera esperta!), e ho capito che la chiave è l’equilibrio. Un ripieno sodo, una panatura perfetta, e una frittura magistrale. Altrimenti, preparatevi alla catastrofe!

Cosa mangiare primo e secondo?

Ok, vediamo…

  • Primo e secondo: Di solito, primo pasta, riso… poi secondo carne, pesce, boh, o formaggio. A volte mangio prima la carne, tipo se ho una fame da lupi, chi se ne frega!

  • Perché secondo prima? Ma chi lo fa??! Cioè, la nonna mi ucciderebbe. Tradizione: primo carboidrati, secondo proteine. Punto. Ma a volte cambio, dipende da cosa c’è in frigo, no?

  • Verdura: Ah, dimenticavo, la verdura sempre, con tutto. Mia madre insiste, tipo “fa bene”. Magari dopo mi faccio un piattino di fragole, che quelle sì, le mangerei sempre, prima, dopo, durante…

  • Un’altra cosa: se vado al ristorante, faccio casino col menu. Antipasto, primo, secondo… mi perdo sempre!

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