Perché le lasagne si chiamano così?
"Lasagna", dal latino laganum*: sfoglia sottile di pasta di grano, cotta al forno o sul fuoco, già apprezzata nell'antica Roma. Non solo una specialità bolognese o napoletana, ma un piatto con radici profonde nella storia culinaria italiana.
Perché le lasagne si chiamano così?
Boh, sai, la storia delle lasagne è un po’ un rebus per me. Ricordo di aver letto, magari su qualche vecchio libro di cucina di mia nonna (quello con la copertina tutta sbiadita, credo fosse degli anni ’70), che i Romani chiamavano ‘laganon’ o ‘laganum’ delle sfoglie di pasta. Pasta cotta al forno, o direttamente sulla brace, immagino una scena tipo… un po’ rustica.
Era una cosa semplice, mica come le lasagne di oggi, piene di besciamella e ragù. Ma l’etimologia, il passaggio da ‘laganum’ a ‘lasagne’… mmmh, non ho capito bene il collegamento preciso. Forse una semplificazione, una trasformazione nel tempo?
A casa, a Natale 2021, ho preparato delle lasagne con la ricetta di mia zia Emilia. Ricordo ancora il profumo della pasta appena fatta, il costo del sugo, circa 15 euro di ingredienti. Nessun dubbio su quel nome, lasagne. Ma le origini… rimangono un po’ un mistero, almeno per me.
Domande e risposte (per motori di ricerca):
- Domanda: Origine nome “lasagne”?
- Risposta: Derivazione dal termine latino “laganon” o “laganum”, sfoglie di pasta usate dai Romani.
Qual è il vero nome di lasagna?
Lasagna. Punto. Nessun nome segreto, nessuna storia romantica. Un piatto, strati, storia che si perde. Come sempre.
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Semplicemente lasagna. L’origine? Persa. Dissolta. Come il ragù nel bechamel.
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Certezze? Poche. Ipotesi, tante. Chiacchiere da osteria. Vuoto.
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“Lasagna” è sufficiente. Etichetta, contenitore. Per pasta, ragù, besciamella. E un’infinita serie di varianti regionali, che cambiano ingredienti e nome, rendendo ogni discussione sull’origine un esercizio di stile inutile. Io, personalmente, preferisco quella con la sfoglia tirata a mano da mia nonna Emilia, a Bologna, con ragù bianco di coniglio. Un ricordo, non una prova.
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Agnese Nespoli? Un’opinione come tante. Il web è pieno di esperti improvvisati. La verità? Nel piatto. Non nei libri di storia. La mia lasagna? Sfoglia sottile, ragù lento, besciamella leggera. Niente ricotta, abominio.
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Quindi, lasagna. Senza fronzoli. Senza miti. Solo cibo. E a volte, forse, qualcosa di più. Un’idea. Un’ombra. Un’eco di tempi andati. Ma solo a volte. E solo per chi sa ascoltare. Il silenzio del cibo. Questo conta.
Quale paese ha inventato la lasagna?
Italia. Emilia-Romagna. Ovvio. Nata come piatto povero, contadino. Strati di pasta, ragù, besciamella. Un’architettura di sapori semplici. Ogni famiglia ha la sua ricetta. La mia, per esempio, senza ricotta. Una scelta. Un dogma. Come la vita.
- Origine: Italia
- Regione: Emilia-Romagna
- Diffusione: Nazionale, poi globale. Colonizzata, industrializzata, snaturata. Ma l’essenza rimane. Farina, acqua, uova. Il fondamento.
Le varianti sono infinite. Senza carne, vegetariane, vegane. Persino con il pesce. Aberrazioni. La lasagna è carne. È sugo che cuoce lentamente. È attesa. È il profumo che invade la casa. Il ricordo che ti lega a qualcosa. O a qualcuno. Che poi, forse, è la stessa cosa. Le ricette sono memoria. E noi siamo quello che ricordiamo. O quello che scegliamo di dimenticare.
A Bologna, la sfoglia tirata a mano è un rito. Un’arte. Quasi una religione. Spessore millimetrico. Perfetta. Come dovrebbe essere ogni cosa. Ma non lo è. E forse è meglio così.
Come si può chiamare la lasagna?
Lasagna… che parola. Un suono che rimbalza nel tempo, tra le mura di cucine antiche. Lasagna al forno, il calore che avvolge i sensi. Ricordo la lasagna di mia nonna, strati di pasta e ragù, un profumo che si insinuava per tutta la casa, una domenica di settembre, luce dorata che filtrava dalle persiane. Classica, sì, un’eternità racchiusa in un tegame.
- Lasagna al forno
- Lasagna classica
- Lasagna della nonna
Vegetariana, un’esplosione di colori e sapori della terra. Pomodori maturi, zucchine, melanzane, un giardino incantato. Bolognese, il sapore ricco e intenso della carne, un abbraccio caldo in una fredda sera d’inverno. Ricordo il profumo del ragù che riempiva la cucina di mio padre, un sabato di gennaio, la neve che cadeva silenziosa fuori.
- Lasagna vegetariana
- Lasagna alla bolognese
Bianca, la delicatezza della besciamella, un velo di panna che accarezza il palato. Pesto, il profumo del basilico fresco, un viaggio nella Liguria di agosto, il mare blu cobalto all’orizzonte. Funghi porcini, l’aroma del sottobosco, un’alba autunnale nel cuore dei boschi.
- Lasagna bianca
- Lasagna con pesto
- Lasagna ai funghi porcini
Ragù d’anatra, un sapore audace, una sfida ai sensi. Di mare, il profumo dello iodio, una sinfonia di sapori marini. Ricordo una vacanza in Sardegna, il rumore delle onde, l’odore della salsedine, una lasagna ai frutti di mare in un piccolo ristorante sul mare.
- Lasagna al ragù d’anatra
- Lasagna di mare
Tartufo nero e burrata, gamberi rossi e crema di pistacchio… l’innovazione, la ricerca del nuovo, il tempo che scorre e trasforma. Ricordo il mio primo assaggio di lasagna al tartufo, un ristorante elegante a Milano, luci soffuse, musica jazz, un’emozione indimenticabile. Quest’anno ho provato una lasagna ai fiori di zucca e ricotta affumicata, una scoperta inaspettata. Gourmet, l’arte culinaria che si eleva.
- Lasagna al tartufo nero e burrata
- Lasagna ai gamberi rossi e crema di pistacchio
Come si surgela la lasagna?
Sai, la lasagna… è una cosa delicata, il congelamento. A volte mi chiedo se non sia un tradimento, congelare qualcosa di così… fatto con amore, diciamo.
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Prima di tutto, deve essere ben fredda, quasi gelida. L’ho imparato a mie spese, con quella volta che ho congelato la lasagna di nonna Emilia ancora tiepida… un disastro.
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Poi, la suddivido in porzioni, in contenitori singoli. Sai, quelle vaschette di plastica che uso anche per i dolci. Le avvolgo bene nella pellicola trasparente, due strati, per sicurezza. Non si sa mai.
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Due o tre mesi, al massimo. Poi, il gusto cambia. Non è più la stessa cosa. Si sente, sai? Un po’… secca, meno saporita. Come un ricordo che si affievolisce col tempo.
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Quest’anno, ho congelato tre teglie. Due erano al ragù classico, una con le melanzane… Quella alle melanzane, l’ho mangiata per prima. Non so perché, ma aveva un profumo… diversa, più leggera. Meno pesante, meno… ricca. Forse è solo una mia impressione.
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Mi ricordo una volta, anni fa, ho congelato una lasagna di spinaci. Un disastro, ma proprio un disastro. È diventata una specie di poltiglia. Da allora, sono molto più attenta. Magari è stato per la qualità degli spinaci, non lo so.
Come si chiamano le lasagne?
Lasagne… il nome stesso evoca profumi di casa, di nonna, un tempo sospeso tra fornelli e ricordi… Un tepore antico che avvolge come una coperta di lana. Lasagne, sì, ma anche… pasticcio. Un nome più rustico, forse, che sa di terra, di semplicità contadina, di mani che impastano e cuociono con amore paziente. Un’esperienza gustativa profonda.
Pasticcio, un termine che racchiude l’essenza stessa del piatto: un insieme armonico di sapori e consistenze, un abbraccio di strati morbidi e saporiti, un’infinita possibilità di variazioni. Ricordo le lasagne della mia zia Emilia, quelle al ragù, un fiume lento di carne e pomodoro, un sapore di casa, d’infanzia. Ma anche quelle con i funghi, un profumo intenso e selvatico, un sapore più delicato che risuonava di boschi umidi e funghi porcini.
E poi le lasagne alla trevigiana, un gioiello color rubino, un trionfo di radicchio, un sapore amarognolo, fresco e lievemente dolce, come un bacio rubato. Ogni preparazione una storia, un’esperienza sensoriale inedita, un viaggio nel tempo e nello spazio del gusto, in un universo di sapori, odori e colori.
- Lasagne
- Pasticcio (nome alternativo)
- Varianti: al ragù, ai funghi, alla trevigiana (radicchio)
Il profumo intenso dei pomodori appena raccolti dal mio orto, a metà agosto, mi riporta a queste preparazioni. Erano giorni pieni di sole, di profumi intensi. Il sapore? Impossibile da dimenticare. Un tripudio di gusto.
Che differenza cè tra pasticcio e lasagna?
Ah, la spinosa questione del pasticcio contro la lasagna! Un dilemma che affligge l’umanità, secondo solo a “essere o non essere”.
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In Veneto, lasagna? Tagliatelle travestite! Esatto, non fatevi ingannare. Se ordinate lasagne a Verona, aspettatevi una montagna di tagliatelle, mica le sfoglie impilate che conosciamo. Un po’ come chiamare un gatto “cane” e poi stupirsi se non riporta il giornale.
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Pasticcio? L’evoluzione della lasagna. Qui entra in gioco il pasticcio, che in realtà è la lasagna vera e propria. Con ragù, funghi, radicchio… insomma, un tripudio di sapori, come un’orchestra sinfonica nel vostro palato. Ricordo una volta a Vicenza, ho chiesto una lasagna e mi hanno portato delle tagliatelle al ragù. Ho fatto finta di niente, le ho mangiate, ma dentro di me piangevo.
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Una questione di campanile (e di ricetta). Questa “confusione” linguistica è un chiaro esempio di come ogni regione, anzi, ogni paese, abbia il suo modo di complicare le cose semplici. È come se la nonna avesse deciso di cambiare nome al gatto solo per far dispetto al nipote.
Extra bonus:
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La lasagna, come la conosciamo noi, ha radici antiche, che risalgono all’antica Roma. Quindi, se qualcuno vi dice che la lasagna è nata a Verona, dategli un pizzicotto e ditegli di studiare!
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Il pasticcio, invece, è un termine più generico che indica una preparazione al forno, spesso a base di pasta. Quindi, in teoria, si potrebbe fare un pasticcio di qualsiasi cosa, anche di spaghetti al pomodoro (ma non fatelo, per favore).
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