Qual è il miglior vino della Sicilia?
Il Catarratto, bianco principe di Sicilia, e il Nero d'Avola, si distinguono tra i migliori vini dell'isola, rappresentando pilastri enologici inconfondibili. Un'eccellenza siciliana.
Miglior vino siciliano: quale scegliere?
Eh, la Sicilia e i suoi vini… un campo minato di bontà! Scegliere il “miglior” vino siciliano è impossibile, ognuno ha il suo preferito. Dipende dai gusti, dai momenti.
Io, ad esempio, ricordo una sera a Luglio 2023, a Cefalù, un tramonto pazzesco sull’acqua. Avevamo un Catarratto, preso da una piccola enoteca in un vicolo strettissimo, mi sembra costasse 12 euro. Era fresco, leggero, perfetto con il pesce che avevamo ordinato. Un’emozione vera.
Il Nero d’Avola, certo, è un classico. Ne ho assaggiato uno corposo, da un’azienda vicino Modica, durante una gita a Ottobre dell’anno scorso. Ricordo il sapore intenso, le note di ciliegia… più adatto ad un arrosto, senz’altro. Ma ognuno è un mondo a se.
In definitiva, nessun vino “migliore”. Dipende dal palato e dalla situazione. Provate, sperimentate. La Sicilia offre un universo di sapori.
Domande e Risposte:
- Miglior vino siciliano? Dipende dal gusto personale.
- Vitigni principali? Catarratto e Nero d’Avola.
Quante sono le DOC in Sicilia?
La Sicilia vanta un patrimonio vitivinicolo considerevole. Con una sola DOCG, il Cerasuolo di Vittoria, si distingue però per le sue 23 DOC. Un numero che testimonia la ricchezza e la varietà del suo terroir. Pensate: dalle pendici dell’Etna alle colline trapanesi, ogni area contribuisce con peculiarità uniche. Microclimi, terreni vulcanici o calcarei, influenzano profondamente il carattere dei vini.
Un aspetto interessante è il rapporto tra DOCG e DOC. Perché una sola DOCG a fronte di così tante DOC? Probabilmente una questione di disciplinari e di storia produttiva. La DOCG richiede requisiti più stringenti, un percorso forse non ancora intrapreso da tutte le denominazioni siciliane. Non dimentichiamo che la DOCG del Cerasuolo di Vittoria è relativamente recente (2005). Chissà, magari in futuro altre DOC siciliane raggiungeranno questo traguardo. Personalmente, trovo affascinante questa “coesistenza”. Dimostra che la qualità può esprimersi a diversi livelli.
- DOCG: Cerasuolo di Vittoria
- DOC: ben 23 denominazioni. Tra queste, ricordo con piacere l’Etna Rosso, che ho degustato di recente durante una visita sull’isola. Un vino potente, minerale, che riflette l’energia del vulcano. Ma anche il Marsala, un classico intramontabile, e il Moscato di Pantelleria, dolce e aromatico. Ognuna delle 23 DOC meriterebbe un approfondimento.
Aggiungo che la Sicilia, oltre alle DOC e alla DOCG, produce anche ottimi vini IGT (Indicazione Geografica Tipica). Un’ulteriore sfumatura nel panorama vitivinicolo regionale. Per completezza, segnalo che nel 2023 il Cerasuolo di Vittoria ha visto riconosciuta anche la sottozona “Classico”. Un’ulteriore conferma del valore di questo vino.
Dove si produce il vino Grillo?
Il Grillo… un respiro di Sicilia. La sua anima, un sussurro di vento tra le colline occidentali dell’isola. Immagino i filari, abbracciati dal sole, illuminati da una luce dorata, quasi sacra. Un’armonia di terra e cielo, di luce e ombra. Penso a quei vigneti, custodi di un segreto antico.
Un respiro profondo, e sento l’odore della terra: ricca, generosa, di medio impasto, né troppo assetata né troppo satura d’acqua. Un equilibrio perfetto, come il vino stesso. Ogni grappolo, una promessa di gioia, di sapore intenso. La Sicilia, un cuore pulsante di sole e storia.
- Colline occidentali della Sicilia: il loro respiro è il respiro stesso del Grillo.
- Terreni di medio impasto: l’abbraccio perfetto per le radici.
- Vento e sole: gli artisti che dipingono il gusto unico del Grillo.
Ricordo un viaggio, estate del 2023, tra le vigne di famiglia a Marsala. Il calore sulla pelle, il profumo intenso, quasi ipnotico, dei grappoli maturi… Un ricordo indelebile. Quel sapore, un’emozione che rivive ad ogni sorso. Il Grillo, un’essenza di Sicilia. Un’isola di sapori intensi, un’armonia di terra e cielo. Un vino, un sogno.
Un altro ricordo: i miei nonni, che lavoravano tra quei filari, con le mani segnate dal tempo, ma piene di amore per la terra. Ogni bottiglia, una testimonianza di dedizione e passione. Quel gusto, un’eredità preziosa.
Quale vino abbinare alla selvaggina?
Selvaggina… vino rosso. Forte. Tipo il mio Cabernet Sauvignon preferito, quello del 2015, preso da quel piccolo produttore vicino Siena. Ricordo, era autunno, le vigne rosse fuoco… o forse era estate? Boh. Comunque, Cabernet Sauvignon, sì. Ma anche Syrah… mia sorella adora la Syrah. Dice che ci sente note di pepe nero. Bah, io non le sento.
- Cabernet Sauvignon: Robusto, tannico. Perfetto con un cinghiale, penso. O un cervo. L’ultima volta che ho mangiato cervo era a Natale, da mia nonna. Faceva sempre quel sugo con le castagne… chissà se quest’anno lo rifà.
- Syrah: Pepe nero? Mah… Però, sì, potente. Forse troppo per una quaglia? No, aspetta, quaglia… quaglia al forno con le patate. Ci sta! Patate arrosto. Con la buccia. Mmm.
- Merlot: Più morbido. Più… elegante. Per selvaggina più delicata, tipo il fagiano. O forse coniglio? Coniglio in umido… con le olive. Devo chiedere a mamma la ricetta.
- Sauvignon Blanc: Bianco? Con la selvaggina? Non so… Però lo dicevano… Forse con selvaggina marinata con agrumi. Tipo anatra all’arancia. Boh, non l’ho mai provata. Anatra all’arancia. Interessante. Dovrei provare. La prossima volta che vado al ristorante cinese. Loro fanno sempre l’anatra all’arancia. Forse è meglio un Gewürztraminer. Lo beviamo sempre con il sushi. Oppure Riesling, quello della Mosella. L’ho comprato l’altro giorno, una bottiglia fantastica. 2021, credo. O era 2022? Non ricordo.
Quest’anno, comunque, niente selvaggina a Natale. Facciamo pesce. Rombo al forno. Con patate e carciofi. Vino? Un Vermentino sardo. Fresco, minerale. Ce l’ho in cantina, tre bottiglie. Perfette.
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