Qual è il tuo stato civile?
Fino al 1996 era obbligatorio specificare lo stato civile come celibe/nubile, divorziato o vedovo. Dal 1997 con la circolare n. 11 si richiede invece di indicare lo stato come coniugato/a o libero/a.
Stato Civile: Coniugato o Libero?
Fino al 1996, nella documentazione personale italiana era obbligatorio specificare il proprio stato civile, scegliendo tra le opzioni “celibe/nubile”, “divorziato” o “vedovo”. Questa distinzione aveva lo scopo di categorizzare gli individui in base al loro stato matrimoniale.
Tuttavia, nel 1997, con l’emanazione della circolare n. 11 del Ministero dell’Interno, si è verificato un cambiamento significativo in questa pratica. La circolare stabiliva che a partire da quella data, i cittadini avrebbero dovuto indicare il proprio stato civile in modo più generico, scegliendo tra le opzioni “coniugato/a” o “libero/a”.
Questa modifica rifletteva una concezione più moderna e inclusiva del concetto di stato civile. L’utilizzo dei termini “celibe” e “nubile” poteva risultare limitante per gli individui che non si trovavano in una relazione coniugale tradizionale, come le coppie conviventi o i single.
Il termine “libero”, invece, consente di raggruppare in un’unica categoria tutti coloro che non sono legati da vincoli matrimoniali, indipendentemente dalla loro situazione personale. Questa scelta si allinea con una società in cui le forme di convivenza si sono diversificate e il matrimonio non è più l’unico modello riconosciuto.
Inoltre, la nuova formulazione elimina la differenza di genere presente nei vecchi termini, evitando di distinguere tra “celibe” (uomo non sposato) e “nubile” (donna non sposata). Ciò contribuisce a promuovere la parità di trattamento e il superamento di stereotipi legati al genere.
In conclusione, l’introduzione delle opzioni “coniugato/a” e “libero/a” per indicare lo stato civile ha rappresentato un progresso nella concezione della famiglia e delle relazioni personali in Italia. Riflette una società più inclusiva e rispettosa delle diverse forme di convivenza, promuovendo allo stesso tempo l’uguaglianza di genere.
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