Quali esami fare per le proteine del latte?
Per accertare una possibile allergia alle proteine del latte, lallergologo può effettuare Skin Prick Test o Prick by Prick Test. Questi test cutanei, indolori e sicuri, valutano la sensibilizzazione alle proteine, risultando adatti a tutte le età.
Indagare l’allergia alle proteine del latte: quali esami e come interpretarli
L’allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) è una delle allergie alimentari più comuni, soprattutto nei primi anni di vita. Riconoscerla e diagnosticarla correttamente è fondamentale per evitare reazioni avverse e garantire una corretta alimentazione al bambino. Ma quali sono gli esami necessari per individuare una potenziale allergia alle proteine del latte?
Il primo passo: la visita dall’allergologo
La comparsa di sintomi sospetti, come eczemi, orticaria, difficoltà respiratorie, vomito o diarrea persistente dopo l’assunzione di latte vaccino o prodotti derivati, deve spingere a consultare un allergologo. Lo specialista, attraverso un’accurata anamnesi, raccoglierà informazioni dettagliate sulla storia clinica del paziente, sui sintomi manifestati, sulle abitudini alimentari e sull’eventuale familiarità per allergie. Sulla base di queste informazioni, l’allergologo potrà stabilire quali test diagnostici eseguire.
I test cutanei: un’indagine rapida e indolore
Tra i test più comunemente utilizzati per diagnosticare l’allergia alle proteine del latte rientrano i test cutanei, in particolare lo Skin Prick Test (SPT) e il Prick by Prick Test (PBT).
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Skin Prick Test (SPT): Questo test consiste nell’applicare una piccola goccia di estratto allergenico (in questo caso, contenente proteine del latte) sulla pelle dell’avambraccio, precedentemente detersa e disinfettata. Successivamente, si pratica una piccolissima puntura superficiale attraverso la goccia, utilizzando una lancetta sterile. Se il paziente è allergico, nel giro di 15-20 minuti si formerà un piccolo pomfo (una piccola area arrossata e leggermente in rilievo) nella zona della puntura. La dimensione del pomfo è indicativa della reattività allergica. Viene solitamente effettuato anche un test con una soluzione di controllo positiva (istamina) e una negativa (soluzione salina) per valutare la reattività cutanea del paziente.
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Prick by Prick Test (PBT): Questo test è una variante dello SPT e viene utilizzato quando si sospetta un’allergia a un alimento fresco, piuttosto che a un estratto commerciale. In questo caso, l’allergologo punge direttamente l’alimento sospetto (ad esempio, un pezzo di formaggio o un po’ di latte) con una lancetta e poi punge la pelle del paziente nello stesso punto. La reazione cutanea viene valutata come nello SPT.
Entrambi i test cutanei sono considerati indolori e sicuri, adatti anche ai bambini molto piccoli. La loro esecuzione è rapida e i risultati sono disponibili in breve tempo. Tuttavia, è importante sottolineare che questi test indicano solamente una sensibilizzazione alle proteine del latte, ovvero la presenza di anticorpi specifici (IgE) nel sistema immunitario del paziente. La sensibilizzazione non sempre implica un’allergia clinicamente rilevante.
Altri esami e la conferma diagnostica
Oltre ai test cutanei, l’allergologo può richiedere altri esami, come:
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Dosaggio delle IgE specifiche: Questo esame del sangue misura la quantità di anticorpi IgE specifici per le proteine del latte presenti nel siero del paziente. Un livello elevato di IgE specifiche supporta la diagnosi di allergia.
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Test di scatenamento orale (TPO): Questo è il gold standard per la diagnosi di allergia alimentare. Consiste nel somministrare al paziente dosi crescenti di latte vaccino sotto stretto controllo medico, osservando attentamente la comparsa di eventuali reazioni allergiche. Questo test è fondamentale per confermare la diagnosi di allergia e per valutare il grado di tolleranza del paziente.
Interpretazione dei risultati e gestione dell’allergia
L’interpretazione dei risultati degli esami deve essere sempre affidata all’allergologo, che terrà conto di tutti i fattori clinici e diagnostici. Una volta confermata l’allergia alle proteine del latte, l’allergologo fornirà indicazioni precise sulla gestione dell’allergia, che include:
- Eliminazione completa del latte vaccino e dei suoi derivati dalla dieta.
- Lettura attenta delle etichette alimentari per evitare l’assunzione accidentale di latte vaccino.
- Individuazione di alternative nutrizionali adeguate per garantire una crescita sana e equilibrata.
- Prescrizione di farmaci, come l’adrenalina autoiniettabile, in caso di rischio di reazioni allergiche gravi (anafilassi).
In conclusione, la diagnosi di allergia alle proteine del latte è un processo complesso che richiede la valutazione di un allergologo esperto e l’esecuzione di test diagnostici specifici. Una diagnosi precoce e una corretta gestione dell’allergia sono fondamentali per migliorare la qualità di vita del paziente e prevenire reazioni avverse potenzialmente pericolose.
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