Come si fa la diagnosi di reflusso?

15 visite

Un metodo diagnostico per il reflusso gastroesofageo prevede linserimento di un sottile catetere nasale nellesofago, dove permane per 24 ore. Questo catetere, dotato di sensori, monitora il pH esofageo e rileva eventuali reflussi acidi dallo stomaco.

Commenti 0 mi piace

Oltre la semplice sensazione di bruciore: diagnosticare il reflusso gastroesofageo

Il reflusso gastroesofageo (RGE), quel fastidioso bruciore di stomaco che sale lungo l’esofago, è un disturbo comune, spesso sottovalutato e talvolta mascherato da altri sintomi. La diagnosi, però, va oltre la semplice descrizione soggettiva del paziente e richiede un approccio più preciso e scientifico. Mentre l’anamnesi e l’esame obiettivo forniscono un primo indizio, per una valutazione completa e accurata è spesso necessario ricorrere a indagini strumentali.

Uno dei metodi diagnostici più affidabili per l’RGE è la pH-metria esofagea a 24 ore. Questa metodica prevede l’inserimento di un sottile catetere, del diametro simile a un filo di spaghetti, attraverso il naso e fino all’esofago. Questo minuscolo dispositivo, ben tollerato dalla maggior parte dei pazienti, ospita al suo interno degli elettrodi sensibili al pH. Il catetere rimane posizionato in sede per 24 ore, consentendo un monitoraggio continuo del pH esofageo.

Durante questo periodo, il catettere registra costantemente l’acidità dell’ambiente esofageo. In condizioni normali, il pH esofageo è leggermente alcalino. Il reflusso, invece, determina un abbassamento del pH, segnalando il passaggio di succhi gastrici acidi dallo stomaco all’esofago. La registrazione del pH fornisce quindi informazioni quantitative e oggettive sul numero, la durata e la gravità degli episodi di reflusso, permettendo di distinguere un semplice bruciore occasionale da una condizione patologica più severa.

A differenza di indagini più invasive come l’endoscopia, la pH-metria esofagea a 24 ore è una procedura ambulatoriale, relativamente poco invasiva e ben tollerata. Tuttavia, è importante sottolineare che il suo utilizzo è appropriato in presenza di una sintomatologia sospetta per RGE, e non rappresenta un esame di routine. Il medico specialista, sulla base della storia clinica del paziente e degli esami preliminari, sceglierà il metodo diagnostico più appropriato, valutando la necessità della pH-metria esofagea in relazione ad altri accertamenti, come l’endoscopia digestiva alta o l’impedenziometria esofagea, che offrono informazioni complementari sulla motilità esofagea e sul reflusso non acido.

In conclusione, la diagnosi precisa del reflusso gastroesofageo richiede un approccio multidisciplinare che integri la valutazione clinica con metodiche diagnostiche strumentali, come la pH-metria esofagea a 24 ore, per garantire una corretta gestione terapeutica della patologia e migliorare la qualità di vita dei pazienti. La scelta del metodo diagnostico più idoneo resta prerogativa del medico specialista, che saprà indirizzare il paziente verso il percorso più appropriato per una diagnosi accurata ed efficace.

#Diagnosi #Esami #Reflusso