Come si chiama il barman femmina?

0 visite

Il termine bartender è usato sia per i barman che per le barmaid, che sono i professionisti incaricati di preparare e servire bevande e stuzzichini nei locali.

Commenti 0 mi piace

Oltre il genere: l’arte del bar e la questione del nome

La domanda “Come si chiama il barman femmina?” appare, a prima vista, semplice. La risposta più ovvia, e spesso usata, è “barlady”, ma questa soluzione, sebbene immediata, rivela una limitazione linguistica e, più profondamente, una visione stereotipata del ruolo professionale. In un’epoca in cui l’inclusività è sempre più centrale, la questione del nome per indicare una professionista dietro al bancone del bar merita una riflessione più approfondita.

Il termine “bartender”, infatti, è già di per sé inclusivo. Esso abbraccia, senza distinzioni di genere, tutti coloro che esercitano la professione, indipendentemente dal sesso. Usare “bartender” per indicare sia un uomo che una donna è, dunque, la soluzione più elegante e corretta dal punto di vista linguistico e inclusivo. Elimina la necessità di termini specifici per il genere, evitando così la perpetrazione di stereotipi e limitazioni.

La parola “barlady”, pur esistendo, risulta oggi un termine desueto e, in molti contesti, persino inappropriato. Suona artificiale, un tentativo di adattare una parola maschile a un contesto femminile, senza riuscirvi appieno. L’aggiunta del suffisso “-lady” può, inoltre, risuonare come un’inutile concessione a una visione retrò del ruolo femminile, che lo relega a una dimensione ancillare rispetto alla figura del barman “maschile”.

La vera competenza di un professionista dietro al bancone non è definita dal suo genere, ma dalla sua abilità, creatività e professionalità. Un eccellente “bartender” – uomo o donna – si contraddistingue per la maestria nella preparazione dei cocktail, la conoscenza delle tecniche di miscelazione, la capacità di consigliare e interagire con la clientela, e la cura del servizio. Queste sono le qualità che meritano attenzione, non il genere.

In conclusione, la soluzione più appropriata e moderna alla domanda iniziale è semplicemente: “bartender”. Usare questo termine ci permette di focalizzarci sulla professionalità e la bravura individuale, valorizzando la competenza indipendentemente dal genere, superando così le ridondanze e le implicazioni stereotipate di termini alternativi. L’arte della miscelazione è un’arte senza genere, e il suo praticante merita di essere riconosciuto per il suo talento, non per il suo sesso.