Cosa si cucina martedì grasso?
Il Martedì Grasso, ultimo giorno di festa prima della Quaresima, culmina in un sontuoso banchetto (carnem levare). In Abruzzo, questo si traduce in un tripudio di sapori, con la cicerchiata e le chiacchiere (o frappe) protagoniste indiscusse sulle tavole.
Il trionfo dolceamaro del Martedì Grasso abruzzese: cicerchiata e chiacchiere, un addio goloso al Carnevale
Il Martedì Grasso, ultimo guizzo di allegria prima del periodo di austerità della Quaresima, è tradizionalmente un giorno dedicato ai piaceri della tavola. “Carnem levare”, ovvero “eliminare la carne”, è il motto latino che suggerisce l’abbondanza di questo banchetto, un ultimo sfogo culinario prima del digiuno. In Abruzzo, questa tradizione si manifesta con una sinfonia di sapori dolci, dove la cicerchiata e le chiacchiere (conosciute anche come frappe in altre regioni) regnano sovrane, simboleggiando la chiusura festosa del Carnevale.
Ma cosa rende questi dolci così speciali e profondamente legati al Martedì Grasso abruzzese? La cicerchiata, con il suo nome evocativo che richiama i ceci, è un vero e proprio capolavoro di pazienza e maestria. Piccole palline di pasta fritta, simili a ceci appunto, vengono legate tra loro con miele caldo e spesso decorate con codette colorate, creando un intreccio croccante e dorato, simbolo di abbondanza e prosperità. Ogni famiglia custodisce gelosamente la propria ricetta, tramandata di generazione in generazione, con piccole varianti che aggiungono un tocco personale a questa delizia. C’è chi preferisce un miele più scuro e aromatico, chi aggiunge scorza di agrumi o un pizzico di cannella, rendendo ogni cicerchiata un’esperienza unica.
Dall’altro lato, le chiacchiere, con la loro friabilità e leggerezza, rappresentano la spensieratezza e l’allegria del Carnevale. Sottili sfoglie di pasta, fritte in olio bollente e spolverizzate con zucchero a velo, si sciolgono in bocca lasciando un piacevole retrogusto dolce. Anche in questo caso, le varianti sono molteplici: c’è chi le aromatizza con un goccio di liquore, chi le arricchisce con un velo di cioccolato fondente, chi preferisce una forma a nastro e chi le piega a rettangolo. La loro semplicità è la chiave del loro successo, un dolce versatile e amato da grandi e piccini.
Cicerchiata e chiacchiere, dunque, rappresentano due facce della stessa medaglia, il dolceamaro addio al Carnevale. La prima, con la sua complessità e ricchezza, simboleggia l’opulenza del banchetto; la seconda, con la sua leggerezza e semplicità, ricorda la fugacità del momento di festa. Insieme, sulle tavole imbandite delle famiglie abruzzesi, raccontano la storia di una tradizione antica, un rituale goloso che segna il passaggio dall’esuberanza carnevalesca alla riflessione quaresimale. Un ultimo, dolce peccato prima del digiuno.
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