Quando si mangia la lasagna a Carnevale?

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Ecco una possibile risposta:

Le lasagne di Carnevale, un tripudio di sapori del Sud Italia, sono tradizionalmente preparate e gustate durante il periodo carnevalesco, specialmente il Martedì Grasso o il Giovedì Grasso. Un piatto unico ricco e appagante!

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Lasagna a Carnevale: si mangia tradizionalmente?

Ma sai, la lasagna a Carnevale… non è che sia proprio LA tradizione qui al nord, almeno dalle mie parti. Però, sento dire che giù in Campania, o forse era in Sicilia? Mmh, non mi ricordo bene, la fanno proprio per festeggiare.

Certo, è un piattone unico, bello carico, perfetto per un giorno di festa. Immagino che con tutti quei sapori, ti riempie di gioia. Poi diciamocelo, a Carnevale ci si lascia andare un po’, no?

A dire la verità, io a Carnevale, il 25 febbraio del 2020, mi sono fatto un risotto ai funghi porcini che mi ricordo ancora! Piatto diverso, stesso spirito: godersi la giornata.

Domanda: Lasagna a Carnevale: si mangia tradizionalmente?

Risposta: Le lasagne di Carnevale sono un piatto unico tipico del sud Italia, preparato nel periodo di Carnevale, soprattutto il Martedì o Giovedì Grasso.

Perché a Carnevale si mangia la lasagna?

Martedì grasso 2018, casa di mia nonna a Napoli. Freddo pungente, ma dentro si moriva di caldo, tra i fornelli accesi e la folla di parenti. Mia zia Concetta sbraitava che la besciamella era troppo liquida, zio Pasquale imprecava contro il forno che non voleva saperne di scaldarsi a dovere. Un caos bellissimo. La lasagna di Carnevale era un rito. Ricordo il profumo intenso del ragù, che ribolliva da ore, e la mozzarella, freschissima, che aspettavo con ansia di addentare. Ogni famiglia portava qualcosa: ricotta, salsiccia, uova. Era un modo per stare insieme e dimenticare per un po’ i problemi, anche economici, tipici del periodo post-natalizio. Quell’anno, in particolare, avevamo avuto difficoltà. Mio padre era senza lavoro. Ma la lasagna c’era, ricca e fumante, come sempre. Un piccolo miracolo di condivisione e abbondanza.

  • Condivisione: ognuno contribuiva con quello che poteva, creando un piatto ricco e simbolico.
  • Abbondanza: nonostante le difficoltà, la lasagna rappresentava un momento di festa e “spreco” culinario.
  • Tradizione: era un rito irrinunciabile, tramandato di generazione in generazione.
  • Unione familiare: il Carnevale era un’occasione per riunire tutta la famiglia.
  • Ingredienti “di recupero”: si utilizzavano spesso avanzi o ingredienti offerti da parenti e amici, a dimostrazione di una forte solidarietà.

Quest’anno, 2024, ho replicato la tradizione a casa mia, a Milano. Mancava il caos di casa di nonna, ma il profumo del ragù mi ha riportato indietro nel tempo. Ho chiamato zia Concetta per farmi dare la ricetta originale. Abbiamo riso ricordando quel Carnevale del 2018 e la lasagna “miracolosa”.

Quando si mangia la lasagna a Napoli?

Nel silenzio della notte, ripenso a Napoli… alla lasagna. Un piatto così ricco, così caldo. Mi torna in mente il profumo, il sapore… quasi lo sento sulla lingua. Ricordo mia nonna, a casa sua il giovedì era giorno di lasagna. Sempre. Una tradizione, un rito.

  • Lasagna a Napoli: Un classico.
  • Giorno della settimana: Giovedì.
  • Non solo a Carnevale: Anche se è tipica di quel periodo, si mangia tutto l’anno, ogni giovedì.

Un piatto che univa la famiglia. Tutti seduti intorno alla tavola, a condividere quel momento. E poi il ragù, che cuoceva per ore, riempiendo la casa di un aroma inconfondibile. Lei lo faceva con la carne di maiale, un po’ di manzo e salsiccia. Ricordo ancora il sapore dolce della passata di pomodoro San Marzano che usava, coltivati nel suo piccolo orto. Un ricordo che mi scalda il cuore, anche adesso, nel buio. Quest’anno, a Pasqua, ho provato a rifarla io, la sua lasagna. Non era uguale, ovviamente. Ma per un attimo, chiudendo gli occhi, mi è sembrato di essere di nuovo lì, con lei.

Che si mangia a Carnevale a Napoli?

A Carnevale a Napoli? Lasagna, braciole? Ma che dici, stiamo scherzando?! È come dire che a Natale si mangia solo il panettone! Certo, ci sono quelle cose, ma è un’offesa alla cucina napoletana dire solo quello!

  • Lasagna: Sì, va bene, ma è come dire che il mare è solo acqua: banalmente vero, ma infinitamente riduttivo.
  • Braciole: Un classico, certo. Ma a Napoli, una braciola è un’esperienza mistica, una sinfonia di sapori che ti lascia senza fiato, non solo una semplice ricetta! Mia nonna ne faceva delle epiche!
  • Chiacchiere e sanguinaccio: Ecco, qui ci avviciniamo al cuore del Carnevale. Il sanguinaccio, per chi non lo sapesse, è un dolce… particolare! Profumo intenso, sapore deciso. O lo ami o lo odi, ma è una sfida culinaria che merita rispetto. Le chiacchiere? Un’esplosione di dolcezza, leggera come una piuma, ma attenzione, potrebbero farti perdere la linea!
  • Migliaccio: Questo è il jolly! Un dolce di semolino, ricotta e canditi… da leccarsi i baffi! Ricorda i miei pomeriggi infanzia, rubando pezzetti dalla teglia mentre mia madre era distratta!

Il pranzo di Carnevale a Napoli è un’esperienza totale. È un tripudio di sapori, un’orgia gastronomica che ti lascia sazio, ma non troppo. Un’opera d’arte culinaria, insomma. Non limitarti alle solite cose, esplora! Quest’anno, ho aggiunto alla mia lista anche i Zeppole!

Cosa si mangia a Carnevale in Italia?

A Carnevale, l’Italia si veste di sapori unici! Ecco 7 prelibatezze che non possono mancare:

  • Cicerchiata: Palline di pasta fritte e unite dal miele, un dolce croccante e irresistibile. Ricorda un po’ i confetti, simbolo di gioia e festa, non trovi?

  • Castagnole: Soffici palline fritte, spesso aromatizzate all’anice o al limone, spolverate di zucchero a velo. Un morso tira l’altro, come le ciliegie!

  • Frappe (o Chiacchiere): Sottili sfoglie fritte e croccanti, cosparse di zucchero a velo. Ogni regione ha il suo nome: chiacchiere, bugie, cenci… La verità è che sono buonissime!

  • Graffe: Bomboloni fritti soffici e profumati, tipici della tradizione napoletana. Una vera coccola per il palato, soprattutto se gustate calde!

  • Frittelle di Mele: Anelli di mela immersi in pastella e fritti, un classico intramontabile. La dolcezza della mela si sposa alla perfezione con la croccantezza della frittura.

  • Arancini di Carnevale: Polpette di riso ripiene di ragù, piselli e mozzarella, fritte fino a diventare dorate. Un’esplosione di gusto che celebra la convivialità.

  • Zeppole di San Giuseppe: Bignè fritti o al forno, farciti con crema pasticcera e amarene. Un dolce legato alla festa del papà, ma perfetto anche per Carnevale.

Questi sono solo alcuni esempi, perché ogni regione ha le sue specialità. D’altronde, la bellezza del Carnevale sta proprio nella sua varietà e nel suo spirito giocoso, che si riflette anche in tavola.

Piccola riflessione: Il Carnevale, con le sue tradizioni culinarie, ci ricorda che la vita è fatta anche di piccoli piaceri, di momenti di leggerezza e di condivisione. Un po’ come un buon bicchiere di vino, da gustare senza fretta!

Cosa si cucina a Carnevale?

Cicerchiata? Un agglomerato di palline fritte appiccicose come la colla vinilica, ma cento volte più buone! Immaginate un alveare croccante e mieloso. Una bomba calorica, ma ne vale la pena. Fidatevi. Una volta ne ho mangiata una così grande che ho dovuto sbottonarmi i pantaloni.

Castagnole! Piccole sfere di paradiso fritto, rotolate nello zucchero come fossero appena uscite da una bufera di neve dolce. L’anno scorso mia nonna ne ha fritte talmente tante che abbiamo dovuto regalarle ai vicini per una settimana.

Frappe! Nastri di pasta fritta, leggerissime, che sembrano danzare nell’aria. Spolverate di zucchero a velo, una tira l’altra. Una volta ne ho mangiate così tante che ho sognato di volare anch’io, leggera come una frappa.

Graffe! Cugine “cicciottelle” delle frappe, soffici come nuvole, con un buco in mezzo pronto ad accogliere una generosa dose di zucchero a velo. Quest’anno ho deciso di farcirle con la Nutella. Una goduria pazzesca!

Frittelle di mele! Bocconcini di frutta avvolti in una pastella croccante. Un classico intramontabile, perfetto per chi vuole fingere di mangiare sano a Carnevale. Mia zia le fa con le mele del suo giardino, sono spettacolari.

Arancini di Carnevale! Versione dolce dei classici arancini siciliani, ripieni di ricotta e cioccolato. Una sorpresa golosa che esplode in bocca. L’anno scorso ne ho mangiati cinque di fila. Record personale.

Zeppole di San Giuseppe! Il re del Carnevale. Una montagna di crema pasticcera e amarena su un trono di pasta fritta. Una vera opera d’arte culinaria. Una volta ho provato a farle a casa, ma è stato un disastro. Meglio lasciar fare ai professionisti.

Qual è il piatto tipico di Carnevale?

Le cicerchiate, piccole palline di pasta dolce fritte e avvolte nel miele, sono un classico del Carnevale, soprattutto nelle Marche, Abruzzo, Umbria e Molise. Il nome, con probabilità, deriva dalla cicerchia, legume simile al cece, per via della forma. Un’etimologia che ci riporta al Medioevo, periodo in cui le leguminose erano alla base dell’alimentazione. Chissà quali sapori e profumi si respiravano nelle cucine di allora…

  • Ingredienti principali: farina, uova, zucchero, anice, liquore (a volte), miele. La ricetta, pur mantenendo una base comune, varia leggermente da zona a zona.
  • Diffusione: Marche, Abruzzo, Umbria e Molise. In alcune zone dell’Umbria, ad esempio, si usa aggiungere all’impasto il vino bianco. Una sfumatura, una lieve differenza, che racconta storie di tradizioni locali. Mi viene in mente come ogni famiglia, ogni nonna, abbia la sua versione, il suo segreto.
  • Curiosità: la forma a piccole sfere, aggregata poi a grappolo, rappresentava forse l’abbondanza, un augurio di prosperità per l’anno a venire. Come molti dolci carnevaleschi, anche la cicerchiata è intrisa di simbolismo. Quest’anno, nel preparare la mia cicerchiata ho utilizzato miele di castagno del mio apicoltore di fiducia, qui nelle Marche, un sapore intenso che si sposa perfettamente con la dolcezza della pasta fritta.
  • Varianti: Oltre alla classica con il miele, esiste la variante al cioccolato fondente, più recente, ma altrettanto apprezzata, soprattutto dai più giovani. Ricordo mia zia, che sperimentava sempre nuove varianti, aggiungendo scorze di arancia candita o ricoprendole di zucchero a velo.

La cicerchiata, pur essendo legata al Carnevale, rappresenta per me un dolce che va oltre la festività. Un piccolo piacere, un conforto, un dolce ricordo delle mie origini marchigiane. E voi, quale variante preferite?

Cosa si mangia il martedì grasso a Napoli?

Sai, stasera… pensavo al martedì grasso. A Napoli, lasagna. Sempre lasagna. Un piatto pesante, sa? Ricco, quasi soffocante, come queste notti lunghe. Ma è buono, eh. Quella lasagna, la sento ancora addosso, il sapore di quel sugo lento, la pasta… Mamma mia.

Quest’anno, a casa mia, abbiamo fatto la lasagna di nonna Emilia, la ricetta originale, quella con le uova fresche e il ragù fatto col brodo di manzo… un ricordo che mi scaldava, ma anche un po’ mi stringeva la gola. Sapevo già che sarebbe stata l’ultima. Nonna Emilia, quest’anno… non c’è più.

  • Lasagna: piatto principale del Martedì Grasso a Napoli.
  • Ricetta tradizionale: a base di ragù di carne, pasta all’uovo, besciamella.
  • Varianti: esistono varianti con aggiunta di ricotta, spinaci, o altri ingredienti.
  • Ricordo personale: legato alla lasagna preparata dalla nonna (deceduta nel 2024).

Mi sono fatto una birra, una Moretti, perché il vino stasera proprio no. Troppo pesante. Come la lasagna, in fondo. E domani è mercoledì delle ceneri. Che tristezza.

Cosa si cucina il martedì grasso?

Ok, martedì grasso… Cosa si mangia?

  • Braciole! Sì, braciole, mamma mia che buone. E poi…
  • Fagioli all’uccelletto con salsiccia, in Toscana, giusto. Ma aspetta, noi a casa facevamo anche…
  • Lasagne! Al sud le lasagne spopolano, specialmente a Napoli. La nonna le faceva con un ragù che… mamma mia.
  • Cannelloni ripieni, ricotta, al forno. Li faceva zia Pina sempre per le feste, buonissimi! Poi ci metteva un sacco di formaggio grattugiato sopra.

Ah, ecco. Ma poi, ma poi, il mio bisnonno che faceva? Faceva sempre qualcosa di strano, forse ricordo male. Poi c’erano le chiacchiere fritte! Buonissime, ma piene di zucchero a velo ovunque! Ma poi, non è che il martedì grasso è l’ultimo giorno per mangiare carne prima della Quaresima? Forse per questo ci si abbuffa tanto… Boh!

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