Quante ore di lavoro si possono fare in allattamento?

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Le mamme che allattano al seno hanno diritto a due ore di permesso al giorno se lavorano sei ore o più, oppure unora se lavorano meno di sei ore. Questo permesso può essere preso in ununica soluzione o suddiviso in più momenti.
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Allattamento e Lavoro: Un Diritto, Non un Privilegio, da Gestire con Equilibrio

L’allattamento al seno è un momento fondamentale per la salute del bambino e per il legame madre-figlio. Per le mamme che lavorano, conciliare le esigenze lavorative con la necessità di allattare rappresenta spesso una sfida complessa. La legislazione italiana, fortunatamente, riconosce questo diritto, garantendo un tempo dedicato all’allattamento durante l’orario di lavoro. Ma la realtà spesso si presenta più sfaccettata di quanto il semplice dettato legislativo possa suggerire.

Il diritto all’allattamento sul posto di lavoro prevede due ore di permesso giornaliero per le lavoratrici che prestano un servizio di sei ore o più, mentre per chi lavora meno di sei ore il permesso è di un’ora. Questa flessibilità, che permette di suddividere il tempo in più momenti durante la giornata, dovrebbe agevolare la gestione dell’allattamento, adattandosi alle diverse esigenze individuali e alle diverse tipologie di lavoro. Si pensi, ad esempio, alla differenza tra un’impiegata d’ufficio e un’infermiera in un pronto soccorso: la flessibilità del permesso è fondamentale per garantire una reale conciliazione.

Tuttavia, la semplice esistenza del diritto non garantisce la sua effettiva applicazione. Numerose mamme segnalano difficoltà nell’esercitare questo diritto, dovute a diversi fattori: la mancanza di spazi adeguati per l’allattamento all’interno dei luoghi di lavoro, la resistenza da parte di alcuni datori di lavoro, o ancora, la difficoltà a conciliare le pause con le esigenze produttive.

La sfida, dunque, non si limita alla semplice applicazione della legge, ma richiede un approccio più ampio e olistico. È necessario promuovere una cultura aziendale più sensibile alle esigenze delle neomamme, incentivando la creazione di spazi appositi, confortevoli e riservati per l’allattamento e la spremitura del latte. Inoltre, è fondamentale una maggiore informazione e formazione dei datori di lavoro e dei dipendenti sui diritti e le tutele previste dalla legge, evitando così fraintendimenti e resistenze.

La discussione deve inoltre spostarsi su un piano più ampio, che tenga conto del benessere psicofisico della madre. L’allattamento non è un semplice atto fisiologico, ma un processo che impatta profondamente sulla salute fisica ed emotiva della donna. Affrontare la questione con una visione più completa, che vada oltre la semplice concessione di un permesso, significa investire sul benessere di madre e figlio, con ricadute positive sulla produttività aziendale e sulla società nel suo complesso. Un’azienda che supporta le sue lavoratrici in questa delicata fase dimostra sensibilità e lungimiranza, creando un ambiente di lavoro più inclusivo e rispettoso.

In definitiva, garantire il diritto all’allattamento è un passo essenziale verso una maggiore equità di genere e una maggiore conciliazione tra vita professionale e vita familiare. Superare le difficoltà attuative richiede un impegno collettivo, da parte delle istituzioni, dei datori di lavoro e di ogni singolo individuo, per assicurare che questo diritto, fondamentale per il benessere di madre e bambino, sia effettivamente esercitato in modo sereno e consapevole.

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