Cosa succede se non si fa la decompressione subacquea?

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Senza decompressione: rischio di embolia gassosa. Sintomi: tosse, dolore toracico, difficoltà respiratorie crescenti, fino a soffocamento e, in casi gravi (rari), morte. Attenzione: la decompressione è fondamentale per la sicurezza subacquea.

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Cosa rischio se non rispetto le tappe di decompressione in immersione?

Uff, mamma mia che domanda! Mi fa venire in mente quella volta che… no, aspetta, forse è meglio che ti risponda subito. Rischiare le tappe di decompressione? Non è una passeggiata, fidati.

Se salti le tappe, rischi che le bolle d’azoto ti facciano un bel casino nei polmoni. Tipo, tosse che non smette, dolore al petto che ti piega in due e fatica a respirare. Una roba brutta, davvero.

Ho letto di casi gravi, rarissimi per fortuna, dove la gente è finita al creatore. Collassi improvvisi, addio mondo. Non voglio spaventarti, ma è meglio saperlo.

Per rispondere in modo chiaro, ecco un riassunto secco:

Domanda: Cosa rischio se non rispetto le tappe di decompressione in immersione?

Risposta: Tosse, dolore toracico, difficoltà respiratorie (fino al soffocamento nei casi più gravi). In rari casi, collasso e morte.

Quando è necessaria la decompressione?

Uff, la decompressione… Mi ricordo un’immersione a Ustica, mare cristallino, settembre, un caldo pazzesco anche sott’acqua. Ero con un gruppo di amici, tutti esperti, e stavamo esplorando una grotta a una profondità che, adesso che ci penso, forse era un po’ troppo ambiziosa.

  • Eccessiva velocità di risalita: Come quando apri una bottiglia di Coca Cola dopo averla shakerata, l’azoto nel nostro corpo fa le bizze.
  • Superamento dei limiti di non decompressione: Anche se ti senti bene, se stai sott’acqua troppo a lungo e troppo in profondità, la decompressione è inevitabile.

Il problema è che, presi dall’entusiasmo di vedere un relitto pazzesco, abbiamo tirato troppo la corda. Alla fine, una delle ragazze ha avuto un piccolo problema, per fortuna risolto subito con ossigeno e un po’ di riposo. Ma la paura è stata tanta.

Comunque, tornando alla domanda, è fondamentale fare decompressione quando:

  • Se la risalita è troppo rapida, c’è un rischio reale.
  • Ogni immersione prevede decompressione, ma quelle che superano i limiti richiedono soste programmate.

Da quella volta, sono diventato super attento ai tempi e alle profondità. Meglio un’immersione più breve che rischiare la salute, no? E Ustica rimane sempre un posto magico, anche se adesso la affronto con più prudenza! Ricordo la sensazione di pressione, i colori intensi…

Cosa succede se non si fa decompressione sub?

Uffa, mi ricordo quella volta a Sharm el-Sheikh… Panico totale!

  • Malattia da decompressione: Se salti le tappe di decompressione, l’azoto che si scioglie nel sangue durante l’immersione forma bolle. Un casino!

  • Dolori lancinanti: Ricordo un sub che si lamentava come un matto, diceva che gli facevano male le spalle, le ginocchia, tutto! Sembrava un vecchio di novant’anni.

  • Vertigini e nausea: Poi un altro, bianco come un lenzuolo, che non riusciva a stare in piedi. Diceva che gli girava la testa e aveva un forte nausea. Che brutta scena!

  • Paralisi: Nei casi peggiori, tipo quello che ho letto su un forum di sub, può portare alla paralisi. Roba da non dormirci la notte!

  • Morte: E sì, ho sentito dire che, raramente, può essere anche fatale. Meglio non scherzare con la decompressione!

Io, dopo aver visto quel casino, sto attentissimo. Controllo sempre il computer subacqueo e rispetto alla lettera i tempi di decompressione. Meglio un po’ di pazienza che finire come quei poveretti!

Pensa che una volta, per non aver aspettato abbastanza durante una risalita, ho avuto un leggero formicolio alle dita. Mi sono spaventato a morte! Da allora, prudenza massima.

Qual è il limite di non decompressione?

Okay, eccoci qui. Il limite di non decompressione, quella linea sottile tra divertimento e… beh, non-divertimento sott’acqua.

  • Cos’è? È il tempo massimo che puoi restare a una certa profondità senza dover fare soste di decompressione obbligatorie durante la risalita. Pensa, ad esempio, alla prima volta che ho guardato la tabella di immersione: un labirinto!

  • 40 metri: il limite “assoluto”? Sì, diciamo che è un punto di riferimento. Ma non è scolpito nella pietra. Dipende da tanti fattori:

    • La curva di decompressione: Più profondo vai, più azoto assorbi. La curva diventa esponenziale. A 40 metri, il tempo di non decompressione si riduce drasticamente.
    • Il “perché” del limite: A 40 metri, i rischi aumentano vertiginosamente. Narcosi d’azoto più probabile, consumo d’aria maggiore, e se succede qualcosa, risalire è più complicato. Me lo ricordo come fosse ieri, a Ponza, la sensazione strana a quella profondità. Una leggera euforia, quasi. Per fortuna ero con un istruttore esperto.
    • È solo una raccomandazione: Le tabelle di immersione e i computer ti danno delle linee guida. Ma il mare è imprevedibile. La mia regola è: mai superare i propri limiti.
  • Informazioni addizionali: Le tabelle di decompressione moderne sono molto più avanzate. Si tengono anche conto della composizione della miscela che respiri, del tuo stato di forma fisica e della quota del sito di immersione. Ricordati, però, che sono solo un punto di partenza. Ascolta sempre il tuo corpo.

Quali possono essere le conseguenze di una inadeguata decompressione durante la fase di risalita di unimmersione subacquea?

Agosto 2023, Sardegna. Ricordo quel giorno maledettamente bene. Ero a Cala Gonone, con Marco e Giulia. Immersione stupenda, grotte incredibili, ma poi… la fretta. Marco, un po’ troppo spedito nella risalita. Avevo avvertito un leggero fastidio al petto, ma niente di che, pensavo. Errore madornale.

Già in barca, un dolore lancinante alla spalla sinistra, un senso di oppressione al torace. Panico. Giulia, immediatamente, ha chiamato il 118. Il viaggio in ambulanza verso l’ospedale di Nuoro è stato un incubo. Ogni respiro era una pugnalata.

All’ospedale, diagnosi: embolia gassosa. Bolle d’azoto nei polmoni. Giuro, ho creduto di morire. Quel dolore… mai provato niente di simile. Tre giorni di camera iperbarica, poi un sacco di farmaci e riposo assoluto.

  • Dolore intenso alla spalla e al torace.
  • Difficoltà respiratorie.
  • Panico e paura di morire.
  • Tre giorni in camera iperbarica.
  • Lungo periodo di convalescenza.

Adesso sto meglio, ma il ricordo di quel dolore mi perseguita. La decompressione è fondamentale. Non si scherza con la pressione. Imparare bene le tavole e rispettarle è importantissimo. Marco si è fatto perdonare con una cena a base di aragoste, ma la paura… beh, quella rimane. Ancora adesso, a volte, sento un leggero fastidio alla spalla. La Sardegna, quest’anno, non mi ha regalato solo panorami mozzafiato. Mi ha insegnato una lezione dura e indelebile.

Quando si deve fare la decompressione?

Decompressione? Ah, quella simpatica necessità di tornare lentamente alla superficie, come un babbuino che scende da una palma dopo aver mangiato troppo cocco. Insomma, quando la devi fare? Ecco il succo:

  • Immersioni profonde: Più vai giù, più azoto si scioglie nel tuo sangue, diventando una specie di cocktail frizzantino a rischio esplosione se sali troppo in fretta. Pensa a una bottiglia di champagne appena aperta: se la scuoti troppo, sai cosa succede!

  • Immersioni lunghe: Stessa cosa, ma con più tempo per accumulare azoto. È come un conto in banca: più tempo passi sott’acqua, più “interesse” in azoto accumuli. E come un conto in rosso, ti conviene gestirlo bene prima di riemergere.

  • Immersioni multiple: Questo è il killer. Immagina di fare una maratona sott’acqua: ogni immersione è una frazione di distanza, ma sommate tutte insieme diventano una maratona di azoto nel sangue! Mia nonna diceva sempre: “Non caricarti di troppi problemi, come se fossi un sommozzatore che accumula azoto” (era saggia, mia nonna).

Ricorda: se ti senti come un palloncino gonfiato a palla, pronto a scoppiare a mille metri di altezza, forse è il caso di rivalutare la tua strategia. A proposito, io l’anno scorso ho avuto un problema di decompressione mentre cercavo un tesoro sommerso (era una scatoletta di tonno, ma che delusione!). La prossima volta porto il mio nuovo orologio subacqueo, un bellissimo Seamaster del 1969, che ho trovato per un affare incredibile (solo 2.000 euro!).

Cosa succede se non fai la decompressione?

Ah, non fare la decompressione? Metti che ti trasformi in una bottiglia di spumante agitata: frizzante fuori, ma con un mal di testa interstellare! Praticamente, rischi la malattia da decompressione, una roba che fa venire i brividi solo a sentirla nominare.

  • Dolori articolari: Ti sentirai come un robot arrugginito, altro che ballare la macarena! Immagina le tue articolazioni che protestano, come vicini rumorosi che fanno casino a tutte le ore.
  • Muscoli in rivolta: I tuoi muscoli inizieranno uno sciopero generale, e non ti daranno preavviso. Ti sentirai come se avessi corso una maratona… all’indietro.
  • Bolle di gas dispettose: Queste piccole canaglie si formano nel sangue e nei tessuti, creando un vero e proprio caos. È come avere coriandoli che ti scoppiano sottopelle, solo che invece di festeggiare, stai soffrendo.

Un consiglio spassionato? Segui sempre le tabelle di decompressione come se fossero le istruzioni per disinnescare una bomba (magari lo sono!). Ricorda, la sicurezza prima di tutto, a meno che tu non voglia diventare un esperimento scientifico ambulante.

Cosa succede se si risale troppo velocemente da unimmersione?

Urca, la malattia da decompressione! Mamma mia, mi ricordo ancora quella volta a Sharm el-Sheikh, era tipo, boh, due anni fa? Stavamo facendo un’immersione pazzesca al Ras Mohammed, coralli che sembravano fuochi d’artificio, pesci di tutti i colori… bellissimo!

Solo che poi, un casino: uno del gruppo, un tipo un po’ impaziente, è risalito di brutto, troppo in fretta. Non so cosa gli sia preso, forse si sentiva male, panico, chi lo sa.

Il risultato? Appena uscito dall’acqua era pallido come un lenzuolo. Diceva che gli facevano male le articolazioni, un male cane, e che si sentiva debole. Panico generale, ovviamente.

  • Il problema: Azoto che si trasforma in bolle nel corpo per la risalita veloce.
  • Sintomi: Dolori articolari fortissimi, debolezza, a volte anche problemi neurologici.
  • Conseguenza: Ricovero d’urgenza in camera iperbarica. Per fortuna si è ripreso, ma che spavento!

Da quella volta, non mi stancherò mai di ripeterlo: risalire lentamente, è fondamentale. E fare le tappe di decompressione, anche se ti sembra di perdere tempo. Meglio perdere tempo che la salute, no? E poi, magari uno pensa “ma sì, una risalita veloce non fa niente”. Invece no, fidatevi, può succedere il finimondo. L’azoto è una brutta bestia, altroché.

Perché i sub devono risalire lentamente?

Eh, amico, sai perché i sub devono risalire piano? Per l’azoto, è tutta una questione di azoto! Se risalgono troppo in fretta, si beccano la malattia da decompressione, una cosa bruttissima! È come se le bolle di azoto, che si sono sciolte nel sangue laggiù sotto, esplodono, sai? Un casino.

Quello che succede, è che sotto pressione, l’azoto si scioglie nel sangue. Poi, se risali troppo veloce, si forma queste bollicine dappertutto, nei polmoni, nel cervello.. mamma mia che dolore!

Il metodo giusto, quello con le tappe a diverse profondità, lo ha inventato un tizio nel 1906, Haldane si chiamava. È quello più veloce, in realtà, ma anche quello più sicuro! Lo stesso metodo che ha usato mio zio quando faceva immersioni, anni fa! Lui mi ha sempre raccontato di stare attento alle tappe.

  • Azoto nel sangue: si scioglie sotto pressione.
  • Risalita lenta: previene formazione di bolle.
  • Metodo di Haldane (1906): tappe a diverse profondità.
  • Malattia da decompressione: conseguenze gravi di una risalita troppo rapida.

Ecco, spero di essere stato chiaro, a volte mi incasino un po’ a spiegarmi! Mio zio, poi, era un tipo strano, parlava tanto delle sue immersioni.. A proposito, quest’anno ha fatto un’immersione in Sardegna, bellissima zona! Ha visto anche dei delfini, incredibile!

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