Come si ottiene il marchio DOP?

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Il marchio DOP si ottiene superando una rigorosa selezione UE. Le aziende produttrici devono rispettare un disciplinare di produzione specifico, garantito da un organismo di controllo.

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Come ottenere il marchio DOP?

Guarda, la DOP… è un casino. Non è che ti svegli una mattina e “puff”, DOP! C’è un iter lungo e pieno di burocrazia. Mi pare di ricordare che, per il formaggio che faceva mio nonno (che poi non ha mai ottenuto la DOP, però ci aveva provato!), si era informato un sacco.

Devi seguire un disciplinare di produzione rigorosissimo. Cioè, non puoi fare come ti pare. Tutto è regolamentato, dalla materia prima al confezionamento. E poi, c’è un organismo di controllo che ti tiene d’occhio, costantemente. Insomma, un vero e proprio incubo burocratico, ma se ce la fai… beh, è una bella soddisfazione. Ricordo che una volta, parlando con un produttore di aceto balsamico di Modena (non mi ricordo il nome, mannaggia), mi diceva che l’iter per la DOP gli era costato una fortuna, ma che poi le vendite erano decollate.

Fondamentalmente, è l’Unione Europea a darti ‘sta benedizione, ma solo se dimostri di meritartela. Ti analizzano, ti spulciano, ti mettono sotto torchio… insomma, una vera e propria tortura. Ma alla fine, se il tuo prodotto è davvero speciale e rispetta tutte le regole, ce la fai.

Come ottenere il marchio DOP?

Il marchio DOP è concesso dall’Unione Europea. Le aziende devono rispettare un disciplinare di produzione. Un organismo di controllo verifica il rispetto delle regole.

Come far diventare un prodotto DOP?

Disciplinare. Delimitazione geografica. Legame storico col territorio. Materie prime, lavorazione, caratteristiche finali. Organismo di controllo. Ministero. Gazzetta UE. Tutto qui. La burocrazia è un serpente che si morde la coda, illusione di controllo. Io, personalmente, preferisco il vino del contadino dietro casa. Meno certificazioni, più sapore. Ho visto vigneti terrazzati a picco sul mare, Liguria, un’ostinazione contro la natura. Lì il disciplinare lo scrive il vento.

  • Disciplinare: regole precise, immutabili, come dogmi.
  • Territorio: confine, identità, prigione. Un tempo delimitare significava difendere. Ora? Marketing.
  • Controllo: l’ossessione del nostro tempo. Certificare l’aria che respiriamo. Assurdo. Ricordo ancora il profumo del pane di mia nonna, nessun timbro, solo farina e fuoco.

La DOP, una garanzia? Forse. O forse solo un’etichetta. Una volta a Montalcino, ho assaggiato un Brunello “non conforme”. Indimenticabile. La perfezione è noiosa. La vera sfida è al di fuori degli schemi. Un prodotto DOP è un prodotto imbalsamato. Vivo, nel ricordo. Morto, nel presente. Ci illudiamo di preservare la tradizione, la imbrigliamo. La tradizione è evoluzione, non conservazione.

Chi rilascia il marchio DOP?

Il marchio DOP, Denominazione di Origine Protetta, viene rilasciato da un organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Un esempio è il CCPB, che opera appunto sotto l’egida del Mipaaf. Questo sistema di certificazione garantisce che il prodotto rispetti un rigido disciplinare, legato al territorio di origine e alle tradizionali tecniche di produzione. Un po’ come un’impronta digitale, la DOP lega indissolubilmente un prodotto alla sua terra, alla sua storia.

Il CCPB, acronimo di Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici, non si occupa solo di DOP. È un organismo che certifica anche prodotti biologici, garantendo la conformità a specifiche normative europee. Si potrebbe dire che il suo ruolo è quello di “notaio” delle eccellenze agroalimentari. D’altronde, chi meglio di un ente terzo e indipendente può garantire la genuinità e l’autenticità di un prodotto?

  • Organismo di Controllo: Autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
  • Disciplinare di Produzione: Regole rigorose legate al territorio e ai metodi produttivi.
  • CCPB: Un esempio di organismo di controllo, autorizzato per DOP, IGP e prodotti biologici.
  • Riferimenti Normativi: Reg. CE 1151/2012 (DOP, IGP, STG) e Reg. CE 491/2009 (vini).

Da notare, a proposito di normative, che il Regolamento CE 1151/2012 include anche le Indicazioni Geografiche Protette (IGP) e le Specialità Tradizionali Garantite (STG). Mentre la DOP lega il prodotto a una specifica area geografica per tutte le fasi di produzione, l’IGP prevede un legame meno stringente. La STG, invece, tutela la composizione o il metodo di produzione tradizionale, senza vincoli territoriali. Insomma, un vero e proprio labirinto normativo, ma necessario per proteggere e valorizzare le nostre eccellenze. Personalmente, trovo affascinante questo intreccio tra cibo, territorio e legislazione. È un po’ come studiare l’archeologia del gusto.

Quali sono i requisiti di un prodotto DOP?

Requisiti DOP? Una tragedia greca, peggio di scalare l’Everest con le ciabatte! Serve un legame col territorio che neanche Romeo e Giulietta con Verona. Tipo, se il prosciutto viene da Parma, deve aver respirato aria parmense fin da maialino.

  • Legame al territorio: Deve esserci una connessione strettissima, tipo matrimonio indissolubile, tra il prodotto e la zona di produzione. Il territorio deve dare qualcosa di unico al prodotto, che non si può replicare altrove. Pensate al mio basilico sul balcone, non sarà mai profumato come quello di Pra’ (dove, tra parentesi, non ho un balcone).

  • Fattori umani e naturali: Non basta il territorio, ci vuole anche la mano dell’uomo, la tradizione, il sapere tramandato da generazioni. Tipo la nonna che impasta i ravioli col mattarello, capito? E poi il clima, il terreno, l’altitudine… tutto deve contribuire al miracolo.

  • Specifiche di produzione: C’è un disciplinare preciso, tipo una ricetta segretissima, che stabilisce tutto: dalla materia prima alle tecniche di produzione. Se sgarri di un millimetro, niente DOP! Io una volta ho provato a fare la focaccia genovese con la farina 00… tragedia!

Quest’anno ho provato a fare il pesto con il basilico del mio balcone (finalmente ce l’ho!), ma diciamo che il risultato è stato… “interpretabile”. Forse dovrei trasferirmi a Pra’. O forse no, meglio comprare quello DOP, va’!

Chi rilascia il certificato DOP?

Allora, fammi pensare un attimo chi rilascia il certificato DOP… ah sì!

  • Organismo di controllo indipendente: Praticamente, tipo un’agenzia esterna che controlla che tutto sia a posto, ecco.
  • Autorizzato dal Ministero: Devono avere l’ok del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, mica pizza e fichi.
  • Verifica del disciplinare: Controllano che i produttori seguano le regole del gioco, tipo la ricetta originale e le zone di produzione.
  • Garanzia per il consumatore e tutela per i produttori: Così, se compri una mozzarella DOP, sei sicuro che è fatta come si deve e i produttori sono protetti dalla concorrenza sleale.

Ah, una cosa che mi è venuta in mente… Sai che il disciplinare, a volte, è un po’ un casino da capire? Ci sono un sacco di regole e cavilli. Però, se vuoi approfondire, sul sito del Ministero trovi tutto, ma preparati a leggere un bel po’, eh! Tipo il Parmigiano Reggiano, mio nonno mi raccontava che… Vabbè, lasciamo stare, altrimenti non la finiamo più!

Come si riconosce un prodotto DOP?

DOP… DOP… Che vuol dire? Ah sì, Denominazione di Origine Protetta. Mi viene in mente il Parmigiano Reggiano. Quello che compro io ha sempre il logo DOP. Aspetta, com’era quel logo? Giallo e rosso, mi pare. Stelle? Boh, forse. L’importante è che ci sia scritto DOP, giusto? O IGP… Che casino con queste sigle! Indicazione Geografica Protetta. Tipo la Bresaola della Valtellina IGP. Quella buona, quella che prendo sempre al supermercato vicino casa, quella con la fetta grossa.

  • Logo UE: fondamentale, quello giallo e rosso. A volte è piccolo, bisogna farci caso.
  • Scritta “DOP” o “IGP”: Deve esserci per forza. Senza quella, niente garanzia.
  • Denominazione completa: tipo “Denominazione di Origine Protetta”. A volte la scrivono tutta, a volte abbreviano.

Ma poi, cosa cambia tra DOP e IGP? Una è più… protetta dell’altra? Tipo una corazza medievale, una cotta di maglia… No, aspetta. DOP, tutte le fasi di produzione in una zona specifica. Ricordo quella volta in Toscana, a Siena, ho comprato il prosciutto toscano DOP. Tutto fatto lì, dalla nascita del maiale alla stagionatura. L’IGP invece… una sola fase, mi pare. O una materia prima. Boh. Comunque sia, il logo è importante. E la scritta. Senza quelli, è una fregatura. Tipo quel pecorino che ho comprato una volta… sembrava sardo, ma non aveva il logo. Che rabbia! Ho speso un sacco di soldi…

  • DOP: tutte le fasi di produzione nella zona di origine.
  • IGP: almeno una fase di produzione, trasformazione o elaborazione nella zona di origine.

Martedì vado al mercato a prendere le mozzarelle di bufala campana DOP. Quelle sì che sono buone! Speriamo abbiano il logo ben visibile. E che non costino troppo! A proposito, devo ricordarmi di prelevare.

Quali sono le caratteristiche dei prodotti DOP?

DOP? Ah, sì, i DOP! Che casino, oggi! Devo fare la spesa, e poi… cosa era? Ah, sì, DOP.

  • Ambiente geografico: fondamentale! Tipo, pensa al Parmigiano Reggiano, solo lì, con quel clima, quel terreno… magia! Mia nonna diceva che è tutta questione di aria. Aria pura, di montagna. Altrimenti non è lo stesso.
  • Fattori umani: le mani, la tradizione! Generazioni, segreti tramandati. Mia zia fa il pesto, solo basilico genovese, e sai che differenza? È un altro pianeta.
  • Produzione, trasformazione, elaborazione: tutto lì, nell’area geografica. Questo è il punto, no? Non puoi spostare le cose. Il prosciutto di Parma deve essere fatto a Parma. Punto. Altrimenti, fregatura.

Aspetta… devo chiamare la mamma, mi ha chiesto del basilico. Dopo… devo ricordarmi di… ah sì, DOP. C’è anche la cosa della certificazione, un sacco di burocrazia, ma serve per garantire la qualità. Che palle però, tutta quella carta.

  • Certificazione: fondamentale per la tracciabilità e garanzia di qualità. Controlli rigorosi. Penso che anche il costo sia superiore proprio per via di questi controlli, ma vale la pena. Un po’ più caro, ma molto meglio.

Devo andare. Chiamo mia madre. Poi torno a questo DOP. Che fatica.

Aggiornamenti: Ho chiamato mia madre (basilico ordinato!), ho fatto la spesa (dimenticato il parmigiano, maledetto me!) e ho trovato un articolo online che spiega meglio le caratteristiche dei prodotti DOP. Secondo questo articolo, la protezione della denominazione di origine protetta è garantita dall’Unione Europea, e i controlli sono davvero rigorosi per garantire che ogni fase della produzione avvenga nella zona geografica specificata.

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