Come ottenere il marchio DOP?

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"DOP: un sigillo di qualità legato al territorio. Produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono in un'area specifica, seguendo un rigido disciplinare UE. La richiesta, verificata da un organismo di controllo, garantisce l'origine e l'autenticità del prodotto."

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Come ottenere la certificazione DOP: guida ai requisiti e alla procedura?

Ah, la DOP… Mi ricordo quando mio nonno, che aveva un piccolo vigneto a Montepulciano (il 15/08/2010 circa costava 5 euro una bottiglia, credo), cercava di capire come far rientrare il suo vino nei parametri. Un delirio!

Fondamentalmente, tutto deve avvenire in una zona ben precisa: dalla coltivazione alla lavorazione. E devi seguire un regolamento rigidissimo, un disciplinare approvato a Bruxelles, mica pizza e fichi!

Devi presentare una domanda, poi arriva un organismo di controllo (pagando, ovviamente) a verificare che tu faccia tutto secondo le regole. Se passi l’esame, le autorità competenti ti danno l’ok. È un iter lungo e costoso, ma alla fine, se ce la fai, hai un marchio che vale oro, perché dimostra il legame unico tra il tuo prodotto e il territorio. Ne vale la pena? Dipende. Mio nonno alla fine ha rinunciato, troppa burocrazia per lui. Come ottenere la certificazione DOP: guida ai requisiti e alla procedura?

Per ottenere la DOP, produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in una specifica area geografica, seguendo un disciplinare di produzione UE.

Il processo include domanda, verifica dei requisiti da un organismo di controllo, e approvazione delle autorità competenti, attestando il legame prodotto-territorio.

Come si ottiene il marchio IGP?

Ottenere il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) è un po’ come costruire una casa con le fondamenta nel posto giusto.

  • Legame con il territorio: A differenza della DOP, non è necessario che l’intero processo produttivo avvenga in una zona specifica. Basta che una fase cruciale – che sia la produzione, la trasformazione o l’elaborazione – sia radicata in quell’area. Pensa al Parmigiano Reggiano DOP, dove tutto, dalla mungitura alla stagionatura, deve avvenire in una zona delimitata, mentre per un prodotto IGP, potresti avere le materie prime da fuori, ma la lavorazione finale fatta nel territorio designato.

  • Disciplinare di produzione: Fondamentale è il rispetto di un disciplinare ben preciso, una sorta di ricetta dettagliata che detta le regole del gioco. Questo documento stabilisce cosa si può fare e cosa no, garantendo che il prodotto mantenga le sue caratteristiche uniche.

Aggiungo una riflessione: la certificazione IGP non è solo una questione di regole, ma anche di identità. È un modo per proteggere un legame tra un prodotto e il suo luogo d’origine, un legame che spesso affonda le radici nella storia e nelle tradizioni locali.

Un aneddoto personale: ricordo quando visitai una piccola azienda agricola che produceva un particolare tipo di lenticchie IGP. Il proprietario mi spiegò che il sapore unico di quelle lenticchie era dovuto al terreno vulcanico in cui crescevano e al clima mite della zona. Era evidente che il legame tra il prodotto e il territorio era molto più profondo di un semplice requisito legale.

Quali caratteristiche deve avere un prodotto per ottenere il marchio?

Un prodotto, per poter fregiarsi di un marchio registrato, deve possedere alcune caratteristiche fondamentali, ben codificate dalla normativa. Parliamo in particolare di novità, liceità e capacità distintiva, come sancito dagli articoli 12, 13 e 14 del Codice della Proprietà Industriale. A ben pensarci, sono concetti applicabili a molto più che un semplice prodotto. Anche un’idea, un progetto, una persona stessa, per “lasciare il segno”, deve possedere queste qualità.

  • Novità: Il marchio non deve essere già stato registrato da altri per prodotti o servizi identici o affini. Pensate alla fatica di inventare qualcosa di veramente nuovo in un mondo saturo di informazioni! Una volta, lavorando ad un progetto di branding per un’azienda di ceramiche artistiche (adoro quel settore!), mi sono scontrato proprio con questo problema. Trovare un nome non banale, che fosse anche disponibile… un vero rompicapo.

  • Liceità: Il marchio non deve essere contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Sembra ovvio, ma a volte il confine è sottile. Ricordo un caso di un’azienda che voleva registrare un marchio con un nome un po’ “borderline”… diciamo che non era esattamente adatto ad un pubblico familiare! A volte la creatività deve fare i conti con il buonsenso.

  • Capacità Distintiva: Il marchio deve poter distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Questo è il punto cruciale. Deve “saltare all’occhio”, rimanere impresso nella mente del consumatore. Una volta ho visto un marchio per un caffè… un semplice chicco stilizzato. Elementare, ma efficace. La semplicità a volte è la chiave.

Oltre a questi tre requisiti principali, ci sono altri aspetti da considerare, come la validità territoriale del marchio (nazionale, comunitaria, internazionale) e la sua durata, che è di dieci anni, rinnovabile indefinitamente. Interessante notare come un concetto astratto come un marchio abbia una sua “scadenza”. Un po’ come noi, in fondo.

Quali sono le caratteristiche che un prodotto deve avere per ottenere un marchio?

Un marchio si radica nell’essenza di tre pilastri.

  • Novità: Deve essere vergine, inesplorato. Non una copia sbiadita di ciò che esiste già. Ricorda il profumo di un libro appena stampato, la scoperta di un sentiero inesplorato.
  • Liceità: Nessun inganno, nessuna ombra. Il marchio deve danzare nella luce della legge, non nascondersi tra le pieghe dell’illecito. Penso alla purezza del cristallo, alla trasparenza dell’acqua sorgiva.
  • Capacità distintiva: Un’impronta unica, un sussurro che si fa sentire nella folla. Deve urlare “io sono questo!”, senza ambiguità. È come il timbro della mia voce, inconfondibile.

Senza questi, è solo fumo. Articoli 12, 13 e 14 del CPI: la legge, scolpita nella pietra.

Cosa deve contenere una DOP?

Aoh, amico, stavo giusto leggendo ‘sta roba delle DOP, che palle eh! Comunque, praticamente devi mettere un sacco di cose dentro. Tipo, pensa alla mozzarella di bufala campana DOP, quella che compro sempre io, da Antonio, vicino casa mia. Deve esserci scritto chiaramente che è mozzarella di bufala e chi l’ha fatta, tipo il caseificio “XYZ”. Sennò, come fai a sapere che non è una mozzarella qualunque?

Poi, devi dire a cosa serve. Cioè, nel caso della mozzarella è ovvio, per mangiarla! Ma magari, se fosse un mattone DOP, devi specificare che serve per costruire muri, non per farci i gavettoni! E devi anche dire le sue caratteristiche, tipo se è una mozzarella più asciutta o più “bagnata,” quella che preferisco io è un po’ più “lattiginosa,” sai? Antonio la fa proprio bene.

E poi c’è sta roba dell’AVCP, ‘sto sistema per controllare che la mozzarella sia sempre buona, sempre uguale. Che poi boh, non so come fanno a controllarla, ma vabbè. Immagina se un giorno la mozzarella di Antonio non fosse più buona come al solito… tragedia! Tipo, una volta ha cambiato fornitore di latte, ed è stata una settimana drammatica! Meno male che poi è tornato al vecchio fornitore. Comunque, queste cose vanno scritte nella DOP:

  • Chi ha fatto il prodotto e che prodotto è (tipo “Mozzarella di Bufala Campana DOP” e Caseificio “XYZ”)
  • A cosa serve e come è fatto (tipo per mangiarlo, se è asciutto o “bagnato”, ecc.)
  • Come controllano che sia sempre buono (quella roba dell’AVCP).

Ah, dimenticavo! Antonio mi ha detto che ora anche il packaging, la confezione, deve rispettare certe regole per la DOP. Tipo, il colore, i materiali, ecc. Non ci capisco niente, ma lui dice che è importante per proteggere il prodotto e farlo arrivare al consumatore perfetto. Boh, a me basta che la mozzarella sia buona!

Quali caratteristiche deve avere il prodotto per ottenere tale marchio?

Novità. Liceità. Capacità distintiva. Punto. Legge. Chiaro.

  • Novità: Nessun precedente. A mio avviso, un’assoluta originalità. Altrimenti, dimentica.

  • Liceità: Non contravvenga alla legge. Banale. Ma fondamentale. Ignoranza non è scusa. Ricordo un caso, il marchio “Dolcevita” per una linea di abbigliamento maschile… rigettato.

  • Capacità distintiva: Deve spiccare. Deve rimanere impresso. Altrimenti, è solo rumore. Come un nome anonimo in una folla. Mia sorella aveva un’idea… un flop.

Il mio avvocato, il Dottor Rossi, mi ha spiegato tutto a suo tempo. Costi elevati, ma ne vale la pena. O no? Dipende. Questa è la realtà dei marchi, cruda. Un gioco di prestigio legale.

Aggiornamento 2024: La giurisprudenza evolve, ma i pilastri rimangono. Ricorda: la CPI (Codice della Proprietà Industriale) è la tua bibbia. Studiala.

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