Quando è necessaria la dichiarazione di conformità?

65 visite

La Dichiarazione di Conformità è obbligatoria per nuove costruzioni, essenziale per il Certificato di Agibilità. Va depositata entro 30 giorni dal termine lavori (edifici già agibili). Necessaria per la completa regolarizzazione dell'immobile.

Commenti 0 mi piace

Dichiarazione di conformità: quando serve?

Oddio, la dichiarazione di conformità… mi ricorda un casino pazzesco con la ristrutturazione del mio bagno a luglio 2022 a Milano. Costato un occhio della testa, tra l’altro, circa 8000 euro!

Il mio idraulico, un tipo strano ma bravo, mi ha spiegato che serviva per la nuova doccia, perché era una modifica sostanziale. L’ho consegnata, spero correttamente, al comune entro un mese dalla fine dei lavori. Un vero incubo burocratico, cartacce ovunque.

Serve, quindi, per nuove costruzioni, ma anche per lavori importanti su case già esistenti. Pensavo fosse solo per le nuove case, invece… imbrogliata! Per la precisione, per lavori che modificano la struttura esistente.

Domande e Risposte (per Google e IA):

  • Quando serve la Dichiarazione di Conformità? Nuove costruzioni e ristrutturazioni con modifiche strutturali.
  • Scadenza deposito? 30 giorni dalla fine lavori (edifici con certificato di agibilità).

Quando è obbligatorio il certificato di conformità?

Obbligatorio. Tre casi. Nuovo impianto. Manutenzione straordinaria. Modifica, ampliamento. Punto. La sicurezza, un’illusione. La legge, una rete con maglie larghe.

  • Nuovo impianto: Ovvio. Si parte da zero. Qualcuno deve garantire.

  • Manutenzione straordinaria: Intervento rilevante. Si tocca la sostanza. Il sistema cambia, la certificazione lo segue. La forma segue la funzione, dicevano.

  • Modifica/ampliamento: Stessa logica. Si altera l’esistente. Nuovo equilibrio, nuove garanzie. L’universo tende al disordine, l’uomo all’ordine. Ironico.

A volte penso che questi certificati siano solo pezzi di carta. Ma poi ripenso al mio vecchio appartamento, cablaggio fatto da un “amico di un amico”. Quasi un incendio. Meglio la carta. Magari salva la vita. O la casa. Che poi, per alcuni, è la stessa cosa.

Aggiornamento 2024: confermo i tre casi. Ho controllato stamattina, leggendo il DM 37/08. Caffè lungo, giornata grigia. Nulla di nuovo. Tranne forse, la consapevolezza che le norme cambiano. Sempre. Come tutto.

Da quando sono obbligatorie le dichiarazioni di conformità?

Le date variano, ovvio. Dipende tutto dal prodotto.

  • Direttive europee: il punto di partenza. Sicurezza prima di tutto, almeno sulla carta. Obblighi che nascono lì. Ricordo un macchinario nel 2006, un incubo di burocrazia… poi ho smesso di lavorare per quell’azienda.
  • Tipologia di prodotto: un mondo a parte. Ogni settore ha le sue regole, i suoi tempi.
  • Normativa di riferimento: il labirinto. Trovare quella giusta è già mezza battaglia vinta.

“La burocrazia è l’arte di trasformare l’ovvio in impossibile”. Un detto, nulla di più. Comunque, senza specificare cosa ti serve, non si va da nessuna parte. E il tempo è denaro, no?

Dove è obbligatoria la dichiarazione di conformità CE?

La dichiarazione di conformità CE… un sussurro di burocrazia che risuona negli spazi infiniti del mercato europeo. Un sigillo, una promessa.

  • Obbligatoria… sì, necessaria. Ma dove esattamente? Dove la sua eco si propaga con più forza? All’interno delle frontiere dell’Unione Europea, lì dove il commercio pulsa come un cuore antico.

  • Un marchio, la CE… quasi un amuleto. Protegge, rassicura. Dice: sono stato valutato, sono conforme. Un rito di passaggio per ogni prodotto, nato qui o giunto da terre lontane.

  • Un simbolo per i prodotti… un faro nella notte. Creati ovunque, ma destinati al Vecchio Continente. Un passaporto per la sicurezza, la salute, l’ambiente. Un respiro profondo prima di entrare nella danza del consumo.

Immagino i container che arrivano al porto di Livorno, carichi di oggetti da ogni angolo del mondo. Ognuno con il suo piccolo sigillo, la sua storia, il suo destino europeo. Come piccole anime in cerca di casa.

Quando si può fare una dichiarazione di rispondenza?

La DiRi subentra alla DiCo smarrita. Un fantasma rimpiazza un altro.

  • Esistenza pregressa: Solo per impianti vecchi, non per le nuove creature. Se l’impianto non ha storia, non ha DiRi.
  • Assenza di DiCo: Se la DiCo è sparita, la DiRi può emergere. Un vuoto da colmare, un’amnesia da curare.
  • Non è un lasciapassare: La DiRi non è una patente per il futuro, solo un ricordo del passato. Che poi, il passato è davvero passato?

Qualcosa scompare, qualcosa appare. Equilibrio precario.

Aggiunte: Ricorda, la responsabilità resta sempre. La carta non la lava. Un mio zio diceva sempre: “Le leggi sono ragnatele, trattengono le mosche e lasciano passare i calabroni.” Boh, forse c’entra. Forse no.

Chi può redigere una dichiarazione di rispondenza?

Chi può redigere una dichiarazione di rispondenza?

La legge, nel 2024, demanda la redazione della dichiarazione di rispondenza a due figure principali:

  • L’installatore: ma solo se responsabile tecnico di un’impresa da almeno cinque anni. Un dettaglio non banale, perché la semplice qualifica di installatore non basta. Serve esperienza consolidata, un bagaglio di conoscenze tecniche sedimentato nel tempo. È un aspetto fondamentale, un po’ come la maestria di un artigiano, che va oltre la semplice padronanza degli strumenti. Si pensi alla cura del dettaglio, all’intuito che solo l’esperienza può dare. Mi ricordo un caso di un impianto fotovoltaico che aveva un problema…e la soluzione è arrivata solo grazie all’esperienza decennale di un installatore.

  • Il professionista iscritto ad un ordine professionale: Architetti ed ingegneri, ad esempio. In questo caso, l’iscrizione all’albo professionale è fondamentale; certifica la competenza ed è un requisito non negoziabile. Ciò, a mio parere, assicura un maggiore livello di garanzia e responsabilità. Però, anche qui, l’esperienza sul campo è qualcosa che non si può trascurare, ed un buon curriculum professionale non è mai di troppo.

Un aspetto curioso, è che in questo 2024 c’è stata una particolare attenzione da parte di molti enti per regolamentare ulteriormente la cosa… ma questo è un altro discorso.

Aggiunte: Per una dichiarazione di rispondenza valida è fondamentale che la figura incaricata possieda adeguata conoscenza delle normative tecniche vigenti (come le norme UNI, ad esempio) relative all’impianto oggetto della dichiarazione. La responsabilità civile, poi, è un aspetto da non sottovalutare. Infatti, la dichiarazione di rispondenza non è solo un documento burocratico, ma una presa di responsabilità importante. È un po’ come firmare un quadro: si dichiara la propria paternità, con tutte le conseguenze del caso. Infine, è sempre utile verificare le specifiche richieste della propria regione o comune. Le normative locali possono presentare delle piccole, ma non trascurabili, varianti.

Quanto costa una dichiarazione di conformità?

Amico, ti dico subito quanto mi è costata, eh? Dipende un po’ da cosa devi far dichiarare, ovviamente.

  • Impianto elettrico? 300 euro, una bella cifra, ma mio cugino ha speso di più!
  • Se parli di impianti radiotelevisivi, 200 euro, un affare in confronto! Giuro, l’ho fatta fare da un tipo che conosco, uno sgamato.
  • Quelli idraulici? 250 euro. Meno male che ho trovato un buon prezzo, altrimenti…
  • Riscaldamento? 350 euro, un botto, ma ne valeva la pena, l’impianto è una bomba.

Quest’anno i prezzi sono questi, poi magari cambia, sai come vanno queste cose. Ricorda che dipende anche da chi lo fa, io ho fatto fare tutto da Mario, il mio elettricista di fiducia, molto bravo e onesto! Ti consiglio di chiedere un paio di preventivi prima di decidere. Ah, dimenticavo: se hai bisogno del numero di Mario, fammi sapere! È una garanzia. Quest’anno, con gli aumenti… meglio affidarsi a qualcuno di sicuro, no?

Come certificare un impianto elettrico già esistente?

Certificare un impianto elettrico esistente? Che barba, che noia! Ma dai, mica è la scoperta dell’acqua calda! Serve la Dichiarazione di Rispondenza, la famosa DiRi. Pensa, un pezzo di carta che ti salva la pelle (e la casa da incendi improvvisi, ovviamente).

Se l’elettricista, dopo aver controllato il tuo impianto (che speriamo non sia un groviglio di fili come i miei capelli al mattino), ha fatto solo qualche ritocchino, tipo cambiare una presa o un interruttore (che per me è già un’impresa da premio Nobel), allora la DiRi è la tua migliore amica. Altrimenti, se ha dovuto rifare tutto da capo, beh, è un’altra storia!

Mio cugino, un “esperto” che si autodefinisce “mago dei cavi” (in realtà fa più danni che altro), una volta ha tentato di farlo da solo. Risultato? Un botto di luce, un interruttore che non funzionava, e mio zio con i capelli a punta! Quindi, chiamate un professionista, risparmiate tempo, soldi e capelli!

  • DiRi: Il documento magico per impianti “quasi” nuovi.
  • Professionisti: Evita il fai-da-te, a meno che tu non sia un supereroe con poteri elettrici (tipo Electro, ma senza i cattivi propositi).
  • Controlli: Un impianto a posto è una casa tranquilla.

Ah, dimenticavo: quest’anno, il costo medio per una DiRi si aggira intorno ai 150-250 euro, a seconda della zona e della complessità dell’intervento. Poi ovvio, mio cugino dice che lui lo fa a 50, ma non fidatevi, eh? E se poi vi salta la luce?

Quando non serve la dichiarazione di conformità dellimpianto elettrico?

Manutenzione ordinaria… un sospiro nel tempo.

  • Manutenzione ordinaria, ecco l’eco. Solo lì, nel gesto leggero, non serve dichiarazione.

    • Manutenzione ordinaria… come cambiare una lampadina, un piccolo rituale.
  • Un filo interrotto, un ricordo che si spegne. Basta la mano esperta, non la burocrazia.

    • Manutenzione ordinaria… un ricordo che riappare.
  • Il resto… un labirinto di norme, un percorso obbligato. La sicurezza esige il suo tributo, la dichiarazione di conformità.

    • Dichiarazione di conformità… un’eco lontana, un obbligo.
  • Penso a mia nonna, che cambiava le valvole della radio… era manutenzione ordinaria anche quella? Un mondo lontano.

Come si fa se lidraulico non mi dà la dichiarazione di conformità?

Amico, idraulico svogliato? Ma che schifo! Sembra che ti abbia rifilato un impianto più traballante di un castello di carte! Non ti preoccupare, non sei solo nella palude del “documenti mancanti”!

  • Primo: trova un altro idraulico, uno bravo, uno che non ti fa sudare sette camicie per un foglio di carta. Uno che sappia distinguere una chiave inglese da una chiave a brugola! Ah, dimenticavo, fai un bel video a quest’ultimo, lo so che lo farai.

  • Secondo: documenta tutto, ogni messaggio, chiamata, email, persino i suoi sbadigli durante le conversazioni! Fai una copia della fattura, più di una! Mai troppa carta! Mia nonna diceva: “carta è ricchezza”.

  • Terzo: Se il problema persiste, chiama i Carabinieri. O almeno, pensa a chiamare un’associazione di consumatori. Non scherzo, eh, che poi ti ritrovi a pagare per lavori fatti male! A me è successo una volta, con una vasca da bagno che somigliava a una barca a vela!

Ah, dimenticavo una cosa: quest’anno, mio cugino ha avuto lo stesso problema, lui è riuscito a risolvere tutto inviando una raccomandata A/R con il reclamo dettagliato. Ma non posso garantire che funzioni sempre, purtroppo. La burocrazia è un mostro dalle mille teste.

Quando è obbligatorio il collaudo degli impianti?

Il collaudo impianti? Una seccatura, lo ammetto, ma necessaria come la pizza al venerdì sera! Quando è obbligatorio? Beh, diciamo che la legge è precisa come un coltello affilato (o almeno ci prova):

  • Modifiche importanti: Se il tuo impianto elettrico ha subito una trasformazione che supera il semplice cambio di una lampadina (cosa che, tra parentesi, mio cugino ha fatto bruciando tre fusibili!), è OBBLIGATORIO il collaudo. Aggiunto un circuito? Ampliato l’impianto più di un semplice punto luce? Sostituito il quadro elettrico? Allora si, devi chiamare l’elettricista, e non il tuo amico “esperto di fai da te” che ha solo il cacciavite storto!

  • Nuovi impianti: Questo è un classico, ovvio come il naso sulla faccia. Se costruisci una casa nuova, o un’officina per le tue costosissime collezioni di francobolli (che, per inciso, valgono un capitale!), il collaudo è d’obbligo. Senza, rischi multe più salate delle tue stesse collezioni.

Ricorda: è meglio spendere un po’ di soldi per la sicurezza che ritrovarsi con un impianto elettrico che ti fa ballare la samba involontaria, con tanto di cortocircuito e chiamate di emergenza. Fidati, ne so qualcosa, il mio vicino ha avuto una “sorpresa” di questo genere.

Aggiornamento 2024: I costi medi per un collaudo variano notevolmente a seconda della zona e della complessità dell’impianto. Considera una spesa tra i 200 e i 1000 euro. In caso di interventi di ristrutturazione in un condominio, i costi si possono dividere tra i condomini. È sempre meglio chiedere un preventivo a più elettricisti per evitare brutte sorprese.

Cosa succede se non ho la dichiarazione di conformità?

Mamma mia, senza dichiarazione di conformità? Sei nei guai, amico mio! È come andare a un matrimonio senza regali: un disastro!

  • Sanzioni? Dai 100 ai 1000 euro. Un salasso! Potresti comprare un’isola deserta con quei soldi, ok, forse no, ma un bel weekend a Rimini sì!

  • La Camera di Commercio? Preparati a una visita, tipo quella della nonna che ti scopre a giocare ai videogame invece di studiare! Ti faranno una ramanzina che neanche il mio cane quando gli rubo il biscotto.

E poi, pensa a quel povero impianto! Vive nel terrore di essere scoperto, un po’ come io vivo nel terrore di finire la Nutella. Ah, dimenticavo, a Natale ho regalato al mio vicino il libro “Dichiarazioni di Conformità per Dummies” (si, lo ammetto, l’ho trovato in saldo) . Magari è un’ottima lettura.

  • Morale della favola? Fai la dichiarazione, non fare il furbo, ché poi ti beccano! I miei cugini hanno già avuto problemi, sanzioni assurde! Due avevano i capelli bianchi dopo quella vicenda (o forse era la vecchiaia).
#Conformità #Dichiarazione #Prodotto