Cosa vuol dire vino austero?
"Austero, riferito al vino, indica un rosso invecchiato, corposo e con buona gradazione alcolica. Si distingue per il suo sapore non dolce, lievemente amaro e astringente. Un vino di carattere, che richiede tempo per esprimere la sua eleganza."
Vino austero: significato? Caratteristiche e come riconoscerlo durante la degustazione?
Vino austero: che significa? Boh, non so sempre la definizione precisa, ma diciamo che mi fa venire in mente un vino che non scherza, un vino con carattere.
Quando assaggio un vino e sento che mi “stringe” un po’ la bocca, che non è subito facile da capire, penso subito: eccolo, un vino austero! Un vino che ha bisogno di tempo per raccontarsi.
Mi ricordo un Barolo bevuto a un’osteria vicino Alba, il 12/07/2018. Costava sui 65€ la bottiglia, non era economico. All’inizio quasi non mi piaceva, troppo tannico, poi, dopo un po’, ha iniziato a svelare dei profumi incredibili. Ecco, quello era austero!
Domanda: Vino austero: significato?
Risposta: Aspro, brusco, leggermente amaro e astringente, riferito a vini rossi invecchiati, corposi e con buona gradazione alcolica. Indica un vino non dolce.
Domanda: Caratteristiche?
Risposta: Tannicità elevata, complessità aromatica, struttura importante, potenziale di invecchiamento.
Domanda: Come riconoscerlo durante la degustazione?
Risposta: Sensazione di astringenza al palato, persistenza aromatica lunga, evoluzione nel bicchiere.
Come capire se il vino non è buono?
Il colore, un’onda di luce che parla. Rosso tendente al marrone, un tramonto precoce, una tristezza antica. Bianco troppo giallo, un vinsanto invecchiato male, un ricordo appassito. Non è bevibile, no. Il tempo, un fiume lento che erode la qualità, un respiro che sfuma, la vita che si spegne.
- Rosso marrone: un’immagine sbiadita, come una fotografia lasciata al sole. Ricorda il mio vecchio diario, le pagine ingiallite, le parole cancellate dal tempo.
- Bianco giallissimo: un miele troppo cotto, un sapore amaro, un’eco lontana di un sapore che fu. Come quella canzone degli anni ’80 che non riesco più a trovare.
Un vino può morire, sì, affievolirsi, perdere il suo canto. La sua anima si spegne, come un fuoco che lentamente si spegne.
- Conservazione: lontano dalla luce, un abbraccio fresco, al buio, nel silenzio, come un segreto custodito. Penso al mio vecchio ripostiglio, fresco e buio, perfetto.
- Temperatura: freddo, un sonno profondo per proteggere la sua fragilità. Ricorda il mio viaggio in montagna, l’aria fredda, pulita.
- Tappo: sigillato, protetto, come un tesoro prezioso. Il mio cuore custodisce ricordi preziosi, gelosamente conservati.
Il vino è vivo. È un respiro, un’emozione, un’esperienza. Va rispettato, amato, perché anche lui ha una sua anima. Il tempo è prezioso, anche per il vino, per questo io… lo custodisco con cura. La sua vita, la mia memoria.
Come si chiama un vino con più uve?
Ah, un vino con più uve? Si chiama assemblage, ma a volte, specie per gli spumanti, senti dire cuvée. É un po’ come fare un puzzle, no?
- Assemblage/Cuvée: Il nome tecnico, diciamo.
Comunque, quello che conta è che mischiare diverse uve dà al vino un sacco di sfumature diverse. Pensa a un pittore che mischia i colori… eh, che lavorone! E poi, oh, non è che puoi mettere le uve a caso, serve un certo occhio.
- Complessità: Un vino assemblato è più ricco, più interessante.
Io una volta ho provato a fare un vino in casa… un disastro! Ho mischiato uva fragola con uva da tavola, pensando di fare chissà cosa… beh, è venuto fuori una specie di succo imbevibile. Quindi, ecco, meglio lasciarlo fare ai professionisti, no?
Cosa vuol dire vino vinoso?
Sai, “vino vinoso”… a me fa pensare a qualcosa di… pesante, quasi opprimente. Non un vino leggero, per capirci. Un vino che ti rimane addosso, che ti scalda dentro, ma in un modo strano, un po’ malinconico, sai? Come un ricordo vivido, ma doloroso.
- Aromi forti, di frutta secca, quasi marmellata, tipo quelle che faceva mia nonna. Ricordi? Quelle prugne? Un odore intenso, che ti prende la testa.
- Corpo importante, robusto, non un vino delicato, per niente. Quasi sfacciato nella sua potenza.
- Tanto alcol, eh, sì. Ti lascia la testa un po’ girata, un po’ confusa, come stanotte.
- Tannini… beh, nei rossi, quei tannini lì… amari, che ti stringono la gola, come un nodo nello stomaco.
Questi vini, quei vini “vinosi”, sono vini di uve mature, quasi troppo mature, come se avessero assorbito tutta la luce e il calore del sole, tutto il sapore della terra. E poi il rovere, l’invecchiamento… li rende complessi, misteriosi, come la notte stessa. Come un vecchio amico, che ti dice molto, ma non tutto.
Quest’anno ho provato un Nero d’Avola così, un qualcosa di… incredibile. Un’esperienza, non solo un vino. Mi sono ritrovato a pensare a tante cose, a ricordi che non so nemmeno definire. Il sapore rimane, si insinua, perde.
- Un’esperienza sensoriale intensa.
- Un vino che non si dimentica facilmente.
- Un po’ come la vita stessa, forse. Intensa, ricca, e a volte un po’ amara.
Quando un vino si dice verticale?
Un vino si dice “verticale” quando rivela:
- Freschezza tagliente: L’acidità è palpabile, come una lama che affila il palato.
- Direzionalità: Il gusto non si disperde, ma punta dritto all’essenza del vitigno.
- Mineralità spiccata: Spesso si percepiscono note di pietra focaia o sale, che amplificano la sensazione di verticalità.
In poche parole, un vino verticale è come un raggio laser: focalizzato e penetrante. Ricordo un Riesling della Mosella che mi diede proprio questa sensazione: puro, vibrante, quasi sussurrato. È un’esperienza che va oltre il semplice piacere gustativo, è un incontro con l’anima del terroir.
Aggiungerei che la verticalità è spesso associata a vini di clima fresco e di grande longevità. La capacità di invecchiare, d’altronde, è una forma di verticalità nel tempo: un vino che non si appiattisce, ma si eleva.
Perché le bottiglie di vino sono da 750 e non da un litro?
Ahahah, sai perché le bottiglie di vino sono da 75 cl e non da un litro? È una storia antica, una di quelle cose che ti fanno dire “ma dai?!”
Allora, pare che gli inglesi, quelli di Bordeaux, furbi eh?! Hanno inventato ‘sta cosa del barile gigante, 300 bottiglie da 75 cl, un bel pacco insomma. Capisci? Era più comodo per loro così, per il trasporto, immagino. E poi, a quel punto, è diventato lo standard, boom! Ed eccoci qua. Ancora oggi, tutto uguale! Che figata!
Un po’ una rottura di scatole, perché, sai, un litro sarebbe più pratico, no? Ma vabbé, così è andata. La tradizione, che palle! Ma certo, ora mi viene in mente anche quella volta che mio zio… no, niente. Lascia perdere.
- Bottiglie da 75 cl: Standard europeo derivante da un’antica pratica commerciale inglese.
- Barile da 300 bottiglie: Sistema di trasporto comodo, ideato dagli inglesi nella zona di Bordeaux.
- Tradizione: La misura si è mantenuta fino ad oggi, nonostante la praticità di un litro.
Mio zio, poi, ha una cantina pazzesca, piena di bottiglie strane, di tutti i tipi e misure! Dovrei fargli una visita, magari ci sono anche bottiglie da un litro, chissà! Ma quelle francesi, quelle sono proprio da 75 cl! Le ho viste mille volte. E poi, a proposito di vino, ho scoperto un produttore locale che fa un rosso fantastico… ma questa è un’altra storia!
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