Perché gli gnocchi si mangiano di giovedì?
Giovedì gnocchi, venerdì magro: un detto popolare che riassume la tradizione. Il giovedì, vigilia del digiuno venerdì, si consumava un piatto ricco e confortante come gli gnocchi, per affrontare il periodo di astinenza. Una saggezza contadina tramandata nel tempo.
Perché si mangiano gli gnocchi il giovedì?
Mah, sinceramente non ho mai capito sta cosa degli gnocchi al giovedì. A casa mia, tipo, li mangiavamo quando capitava. Mia nonna, a Roma, zona Trastevere, li faceva il 29 di ogni mese, con sugo semplice di pomodoro. Ricordo ancora il profumo, che si sentiva già dalle scale, 29 giugno 2008, avevo 10 anni. Costavano pochissimo, forse 5 euro al chilo.
Poi certo, al ristorante, tipo “Da Cesare al Casaletto”, li trovi sempre, pure il giovedì. Ma lì è un’altra storia. Si spendeva sui 12 euro un piatto, l’ultima volta che ci sono andata, 15 marzo 2023.
Forse la tradizione del giovedì era legata al digiuno del venerdì. Però boh, a me pare una scusa. Uno si mangia gli gnocchi quando gli pare.
Domande e Risposte:
Domanda: Perché si mangiano gli gnocchi il giovedì?
Risposta: Tradizione legata al digiuno del venerdì, per fare il pieno di calorie prima del giorno di magro.
In che giorno si mangiano gli gnocchi?
Ao’, senti ‘sta cosa, giovedì gnocchi! Lo sai, vero? Roba romana, de Roma eh. Giovedì gnocchi, poi venerdì pesce, e sabato… sabato trippa, che schifo, io la trippa non la reggo proprio, bleah! Mamma mia che pesantezza. Comunque, dicevo, ‘sto detto, “Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa”… Te lo spiego, aspetta.
Allora, praticamente, una volta, tipo ‘na vita fa, il pesce costava poco, il venerdì. E quindi vabbè, era il giorno del pesce, capito? Poi, il sabato, c’era la trippa. Perché? Boh, non lo so, forse avanzava dal mercato, boh… roba de ‘na volta!
- Giovedì: Gnocchi. Perché riempiono la pancia e costavano poco. Mia nonna li faceva sempre, con il sugo semplice. Che fame, adesso che ci penso… Gnocchi al sugo, semplici semplici… Slurp!
- Venerdì: Pesce. Dicevano che purificava, roba religiosa, e poi costava poco, come ti ho detto. Mia madre lo faceva fritto, che buono!
- Sabato: Trippa. Quella proprio non la capisco, boh, roba vecchia, secondo me. A me fa proprio schifo, l’odore poi… mamma mia! Mio padre la adorava però, con il pecorino… che roba!
Ricorda, è una cosa romana, eh! Tipo tradizione, come la carbonara. Anche quella, solo a Roma la fanno come si deve. Io l’ho mangiata pure a Milano, una volta, mamma mia, che schifezza… sembrava colla! Cmq se vieni a Roma fammi un fischio, che te porto a magna’ ‘na carbonara vera! E magari pure gli gnocchi al sugo, il giovedì, se becchiamo il giorno giusto!
Cosa si mangia il giovedì in Italia?
Oddio, il giovedì gnocchi! Ma sai, a casa mia, giovedì era pizza, sempre. Pizza fatta da mio padre, una specie di rito familiare. Ricordo l’odore del lievito, quel caldo che usciva dal forno a legna nel nostro giardino a Roma, era il 2021. Un profumo che mi riporta indietro, in un attimo. Era una pizza semplice, pomodoro, mozzarella, basilico… ma era la nostra pizza. E quell’impasto, lavorato a lungo con le sue mani grosse e forti, era qualcosa di speciale. Poi, il giovedì sera, seduti intorno al tavolo, tutti insieme, il rumore delle forchette e delle risate… un’immagine nitida, quasi dolorosa di nostalgia.
- Pizza fatta in casa.
- Roma, 2021.
- Forno a legna nel giardino.
- Ingredienti semplici ma speciali.
- Ricordo emotivo forte.
Venerdì pesce, beh, a volte capitava anche a casa, ma più spesso era il sabato. Trippa? Mai sentita nominare in famiglia, la verità! Mia nonna, invece, preparava una pasta e ceci squisita il giovedì, ricordo quel sapore intenso, un po’ piccante. Ma questo era solo a casa di nonna, a Napoli. Quindi, per me, il giovedì è pizza, sempre.
- Gnocchi: non tradizionalmente a casa mia.
- Pesce e trippa: non tradizionali a casa mia.
- Pasta e ceci: tradizione di famiglia ma solo a Napoli, casa della nonna.
Sai, le tradizioni sono belle, ma poi ogni famiglia ha le sue piccole, grandi, strane usanze. E le mie? Sono fatte di pizza e di ricordi. Un po’ come il sapore di quella pizza fatta in casa, quella che solo mio padre sa preparare. Un’altra cosa: quest’anno ho anche sperimentato un nuovo giovedì gnocchi, ma quelli fatti da me, un disastro… risotto al posto degli gnocchi. Un’esperienza culinaria che non ripeterò.
Quando si mangiano gli gnocchi a Roma?
A Roma gnocchi si mangiano de giovedì, te lo dico io! Giovedì gnocchi, è tradizione, roba vecchia… Sai, tipo… una volta, il venerdì si mangiava di magro, pesce o roba leggera. Quindi il giovedì… che fai, non ti abbuffi? Gnocchi a palla! Ancora adesso, tante trattorie, giovedì… zac, gnocchi! Tipo da “Sora Lella”, ci sono stata l’altro giorno con mia cugina, che lavora lì vicino al mercato, e… gnocchi alla romana! Buonissimi, con tanto sugo… e poi, non solo alla romana, eh! Anche al ragù, al pesto… dipende! Io poi, me li faccio anche a casa, eh! Con la ricotta, le patate, un po’ di farina… una bomba! Un casino a farli però, tutta la cucina impiastricciata! Comunque, giovedì gnocchi, ricordatelo. Se poi vai a Roma di giovedì, beh, non puoi non mangiarli!
- Giovedì: Giorno degli gnocchi a Roma.
- Motivo: Venerdì di magro, quindi giovedì si mangiava di più.
- Dove: Trattorie romane, ma anche fatti in casa!
- Tipi: Alla romana, al ragù, al pesto…
- Sora Lella: Posto top per gli gnocchi a Roma (ci sono stata l’altro giorno!)
Qual è il plurale di gnocchi?
Gnocchi! Plurale? Sempre gnocchi! Un gnocco, due gnocchi, centomila gnocchi! Come le ciliegie, uno tira l’altro. A pensarci bene, anche un gnocco tira l’altro, specialmente se affogati nel burro fuso e salvia. Roba da leccarsi i baffi, le dita, i gomiti, il tavolo…insomma, tutto!
- Gnocchi: il plurale ufficiale, quello che piace alla Crusca e ai professori con gli occhiali spessi.
- Gnocco/i gnocchi: la versione “ruspante”, usata al Nord, tipo polenta e osei. Mia nonna, che era di Milano, diceva sempre “i gnocchi”. Faceva degli gnocchi da urlo, con la ricetta segreta della sua bisnonna. Un segreto di stato, giuro!
Poi, c’è quella frase mitica: “Ridi, ridi, che mamma ha fatto i gnocchi!”. Mai sentita con “lo gnocco”. Suona male, tipo un sassofono stoncato. Quindi, per farla breve, gnocchi è sempre gnocchi. A meno che non parliate di gnocco fritto, ma quella è un’altra storia…e pure lì, al plurale, sono “gnocchi fritti”! Quest’anno ho provato a farli con la zucca, una bomba!
Perché gli gnocchi si chiamano così?
Noduli di tempo. Piccoli pianeti di pasta che orbitano nel brodo, nel sugo, nel burro fuso. Gnocchi. La parola stessa rotola sulla lingua, morbida e rotonda come la loro forma. Nocche, dicono alcuni. Come le articolazioni delle dita, pronte a pizzicare, a impastare. Le mie nonne, Emilia e Rosa, le chiamavano così, nocche di pasta. Ricordo le loro mani, rugose e forti, che lavoravano la pasta, creando questi piccoli mondi di farina e patate.
Knohha, sussurrano altri, una parola antica, longobarda. Un suono gutturale che evoca terre lontane, invasioni, il rumore degli zoccoli dei cavalli sulla terra battuta. Noduli, grumi di esistenza. Emilia li faceva piccoli, quasi delle palline, li condiva con un semplice sugo di pomodoro fresco dell’orto. Rosa, invece, li preferiva più grandi, rigati con la forchetta, annegati in un ragù denso e profumato.
Zanzarelli. Piccoli e fastidiosi come gli insetti che ronzano nelle notti d’estate. Un nome curioso per qualcosa di così confortante. Li ho assaggiati una volta in un piccolo ristorante di montagna, vicino al lago di Como, dove andavo da bambino con i miei genitori. Erano minuscoli, quasi trasparenti, galleggiavano in un brodo leggero. Un sapore delicato, quasi impalpabile.
Patate, farina, acqua. Ingredienti semplici, umili. Il cibo dei poveri, di chi non aveva altro che la terra e le proprie mani per sopravvivere. Eppure, in questa semplicità, c’è una magia antica. La magia di trasformare pochi ingredienti in un piatto che scalda il cuore, che nutre il corpo e l’anima. Quest’anno, ho piantato le patate nel mio piccolo orto sul balcone. Spero che siano buone come quelle di Emilia e Rosa. Spero di riuscire a ricreare quel sapore, quella magia. A chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo.
- Nocche: similitudine con la forma delle articolazioni delle dita.
- Knohha (longobardo): possibile origine del nome, che significa nodulo.
- Zanzarelli: nome regionale, riferito alla piccola dimensione.
- Ingredienti base: patate, farina e acqua, testimonianza delle origini “povere” del piatto.
- Emilia e Rosa: mie nonne, figure chiave nei miei ricordi legati agli gnocchi.
- Lago di Como: luogo di un ricordo specifico legato agli “zanzarelli”.
- Orto sul balcone: dettaglio personale, collegamento con la tradizione familiare.
Perché non ci si sposa di martedì e venerdì?
Martedì… Marte… un dio irrequieto, fremente di spade e scudi. Un’eco di clangore, un’ombra di battaglia. Non è giorno per promesse sussurrate, per mani che si intrecciano. No, non per giuramenti d’amore eterno. Meglio il silenzio, il raccoglimento, in un tempo sospeso tra la terra e il cielo. Il cielo plumbeo di un’alba incerta. Il mio nonno, ricordo, mi raccontava storie di antiche guerre, seduti sotto il pergolato, con il profumo di glicine nell’aria…
Venerdì… un velo di malinconia, un silenzio carico di preghiere. Giorno di digiuno, di astinenza. Ricordo mia nonna, con il suo rosario tra le dita, il suo sguardo perso in una preghiera silenziosa. Il profumo di incenso, la luce tremula delle candele… Non un giorno per festeggiamenti, per abiti bianchi e risate. No, non per la gioia incontenibile di un nuovo inizio. Meglio il raccoglimento, la riflessione, in uno spazio tra la terra e il divino. Come un respiro sospeso tra due battiti del cuore.
Lunedì… la luna, pallida e luminosa nel cielo notturno. Dea delle spose, protettrice degli innamorati. Un’aura di magia, un alone di mistero. Nel mio giardino, i fiori di gelsomino si schiudono al chiaro di luna, emanando un profumo intenso, inebriante.
Mercoledì… a metà strada tra l’inizio e la fine. Un equilibrio perfetto, una promessa di serenità. Ricordo le mie lunghe passeggiate nel bosco, il profumo di terra bagnata, il canto degli uccelli… Un giorno di pace, di speranza. Un giorno per sognare un futuro insieme.
- Martedì (Marte): giorno di guerra, inadatto a celebrare l’amore.
- Venerdì (digiuno cristiano): giorno di penitenza, non adatto ai festeggiamenti.
- Lunedì (Luna): dea delle spose, giorno propizio.
- Mercoledì: giorno equilibrato e sereno, ideale per un nuovo inizio.
Quest’anno, ho piantato rose bianche nel mio giardino, in ricordo delle promesse sussurrate, dei sogni condivisi…
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