Quali sono le due coltivazioni principali della Sardegna?
In Sardegna, i prati permanenti e i pascoli occupano la maggior parte della superficie agricola utilizzata (SAU), pari al 56,2%. I seminativi rappresentano unaltra quota significativa, il 39,2% della SAU. Tra le colture arboree, lolivo e la vite si distinguono come le principali.
Sardegna: Tra Pascoli Sconfinati e Tradizioni Arboree, Due Cuori Agricoli
La Sardegna, terra di vento, silenzi ancestrali e orizzonti marini infiniti, custodisce un’anima agricola complessa e affascinante. Lontana dagli stereotipi di isola puramente turistica, l’entroterra sardo pulsa di vita, scandito dai ritmi lenti della natura e dalle tradizioni secolari legate alla terra. Analizzando la sua superficie agricola utilizzata (SAU), emerge un quadro chiaro: l’agricoltura sarda si articola principalmente attorno a due fulcri principali: l’allevamento estensivo, con i suoi prati e pascoli, e la coltivazione di seminativi, con un accento particolare su due colture arboree d’eccellenza: l’olivo e la vite.
I prati permanenti e i pascoli, che si estendono a perdita d’occhio occupando oltre la metà della SAU (56,2%), rappresentano il cuore pulsante dell’allevamento sardo. Un allevamento di tipo estensivo, legato a razze autoctone come la pecora sarda e il bovino di razza sarda, perfettamente adattate all’ambiente aspro e spesso impervio dell’isola. Questa pratica millenaria non è solo un’attività economica, ma un elemento fondamentale del paesaggio culturale sardo, legato alla transumanza, ai pastori e ai prodotti caseari di altissima qualità che ne derivano. Pensiamo al pecorino sardo DOP, un simbolo dell’isola che affonda le sue radici in questa tradizione millenaria. Questi pascoli, spesso aridi e sassosi, sono un tesoro di biodiversità, ospitando una flora spontanea che conferisce ai prodotti un sapore unico e inconfondibile.
A bilanciare il primato dei pascoli, troviamo i seminativi, che occupano una quota importante della SAU (39,2%). Questa categoria comprende una varietà di colture, dai cereali come il grano duro, ingrediente base del pane carasau e della fregola, ai legumi, importanti per l’alimentazione animale e umana. Tuttavia, all’interno di questo scenario variegato, emergono prepotentemente due eccellenze che rappresentano l’orgoglio agricolo sardo: l’olivo e la vite.
L’olivo, con i suoi uliveti secolari che punteggiano il paesaggio, è un simbolo di longevità e resilienza. Gli ulivi sardi, spesso monumentali, sono testimoni silenziosi della storia dell’isola, capaci di resistere al vento impetuoso e alla siccità. Da queste piante, nutrite dal sole e dal maestrale, si ricava un olio extravergine di oliva di altissima qualità, caratterizzato da aromi intensi e sapori fruttati, spesso con note amare e piccanti che ne esaltano la complessità. L’olivicoltura sarda è in costante evoluzione, con un crescente interesse per la valorizzazione delle varietà autoctone e per la produzione di olio biologico.
Altrettanto importante è la vite, che in Sardegna trova un terroir ideale per la produzione di vini di carattere e personalità. Dai vitigni autoctoni come il Cannonau, il Vermentino e il Carignano, si ottengono vini che esprimono l’essenza del territorio, dal profumo intenso della macchia mediterranea alla sapidità minerale conferita dai terreni vulcanici. La viticoltura sarda sta vivendo una nuova primavera, con un crescente numero di produttori che puntano sulla qualità, sulla sostenibilità e sulla valorizzazione delle tradizioni locali.
In conclusione, l’agricoltura sarda è un mosaico complesso e affascinante, dove l’allevamento estensivo e la coltivazione di seminativi, con le eccellenze dell’olivo e della vite, si fondono in un equilibrio delicato. Un equilibrio che va preservato e valorizzato, per garantire un futuro sostenibile a questa terra ricca di storia e di tradizioni. La Sardegna agricola, con i suoi pascoli sconfinati e i suoi preziosi frutti, rappresenta un patrimonio inestimabile da tutelare e promuovere, un tesoro nascosto che merita di essere scoperto e apprezzato.
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