Cosa sono i troccoli in Puglia?

48 visite

I troccoli pugliesi sono una pasta fresca tradizionale, simile a tagliolini spessi e rustici. Realizzati con semola di grano duro, farina 00 e acqua, a volte con albumi, si sposano bene con sughi di carne o pesce. Perfetti per un'esperienza culinaria autentica pugliese.

Commenti 0 mi piace

Troccoli pugliesi: cosa sono, origine e caratteristiche di questa pasta?

Sai, i troccoli… mi ricordano le vacanze a Otranto, agosto 2018. Li mangiai in una trattoria piccolina, vista mare, spendendo una follia, tipo 25 euro a testa. Un ricordo bellissimo, il sapore intenso, la pasta ruvida.

Erano spessi, un po’ irregolari, proprio come li descrivono. Semola di grano duro, ovvio, ma la consistenza era diversa dalle altre paste. Più rustica. Un’esperienza sensoriale completa.

Ricordo il sugo, un ragù di carne saporito, forse con le cime di rapa? Non sono sicura, ma era perfetto, si aggrappava benissimo alla pasta. Con il pesce? Non li ho mai provati così, ma immagino sia ottimo lo stesso.

D&R:

  • Cosa sono? Tagliolini spessi e rustici di pasta fresca.
  • Origine? Puglia.
  • Ingredienti? Semola di grano duro, farina 00, acqua, a volte albumi.
  • Sughi? Robusti, di carne o pesce.

Qual è la pasta tipica della Puglia?

Mamma mia, le orecchiette! Penso subito a mia nonna, in cucina a Bari Vecchia, con le mani infarinate. Le domeniche a pranzo… che profumo! Le faceva su una tavola di legno, una per una, con quel gesto velocissimo, incredibile.

  • Orecchiette: La pasta simbolo, senza dubbio.

  • Bari Vecchia: Dove le ho viste fare per la prima volta, un vero spettacolo.

Ricordo che litigavo sempre con mio fratello per la sua porzione, perché lei le condiva con il sugo di braciole, un sapore che non dimenticherò mai. Mi si riempie la bocca di saliva solo a pensarci.

  • Sugo di Braciole: Il condimento della nonna, il migliore del mondo (e non accetto contestazioni!).

Adesso le fanno un po’ ovunque, ma quelle fatte a mano, con amore, sono un’altra cosa. E poi, diciamocelo, mangiate a Bari, con l’aria di mare… hanno un gusto diverso.

  • Aria di Mare: Componente segreta per un’esperienza autentica.

Come si chiama la pasta pugliese?

Orecchiette, certo, quelle le conosco bene. Sono le più famose, quelle che vengono in mente subito. Ma sai, a pensarci, è strano, no? Quante forme, quante varianti ci sono… la nonna di mio cugino a Conversano, faceva quelle a spighe, piccole e ruvide… un ricordo bellissimo, legato a un profumo antico di grano e di sole estivo. Ogni paese, ogni famiglia, ha la sua pasta.

Un po’ mi sento perso, stanotte. Come se stessi cercando un filo conduttore tra tutti questi sapori, tra tutte queste mani che hanno impastato la semola per generazioni. E pensare che solo in Puglia ci sono così tante varianti… è come se la terra stessa avesse mille modi per esprimere la sua generosità.

  • Orecchiette: Le più note, il simbolo per eccellenza.
  • Pasta a spighe: Piccole, ruvide, tipiche di Conversano (le faceva la nonna di mio cugino).
  • Altre forme regionali: Ci sono centinaia di varianti, ogni zona ha le sue. Non ricordo tutti i nomi, però mi vengono in mente anche le sagne ‘ncannulate e i strascinati.
  • Ricette di famiglia: Ogni famiglia ha la sua ricetta segreta, tramandata di generazione in generazione. Un patrimonio di sapori insostituibile.

La verità è che non saprei nemmeno quanti tipi di pasta pugliese ci siano. Troppa bellezza, troppo da ricordare… E questo pensiero, stanotte, mi lascia un po’ così, con un sapore agrodolce in bocca, come un buon vino pugliese lasciato troppo a lungo nel bicchiere. Un po’ di nostalgia, un po’ di solitudine. Ma è bello anche questo, no? La malinconia della notte.

Come si chiama la pasta tipica pugliese?

Uffa, la pasta pugliese…ah, le orecchiette!

  • Orecchiette, sì, quelle.
  • Fatte con semola, acqua e sale, no uova. Ma poi, ma davvero non ci vanno le uova? Boh.
  • Mia nonna le faceva sempre a mano, ricordo ancora… che fatica!
  • Condimento classico? Cime di rapa, ovvio. Ma anche col sugo fresco…mmmm.
  • A Bari le trovi ovunque, tipo souvenir commestibile!
  • Ah, e poi ci sono anche i cavatelli, simili, ma più allungati. Forse sono sempre pugliesi? Non ricordo bene.
  • Devo chiedere a mia madre, lei ne sa di più.
  • Oppure cerco su Google, subito!

Come si chiamano le orecchiette in Puglia?

Le orecchiette pugliesi, in dialetto barese recchietelle, prendono il nome dalla loro inconfondibile forma a piccola orecchia. Una forma che, a pensarci bene, richiama la capacità di ascolto, di raccogliere i sussurri della storia e della terra.

La loro storia è antica, affonda le radici nel Medioevo, periodo in cui la coltivazione del grano duro nel Tavoliere delle Puglie era già fiorente, fornendo la materia prima per questa pasta. Immaginate i contadini, mani ruvide e abili, a modellare la pasta con pazienza, tramandando di generazione in generazione un sapere antico.

  • Punti principali:
    • Nome dialettale: recchietelle
    • Forma a orecchia
    • Origine medievale
    • Materie prime: grano duro del Tavoliere

Pensandoci, la semplicità della ricetta, farina, acqua e un pizzico di sale, rispecchia una filosofia di vita antica, legata alla terra e ai suoi ritmi. Una filosofia che apprezzo particolarmente, anche nella mia passione per la cucina contadina. Ricordo, ad esempio, la nonna di mio zio Luigi che preparava le orecchiette con una maestria invidiabile, e a volte, a fine giornata, quando ero bambino, mi lasciava giocare con i ritagli di pasta.

L’aspetto curioso, e quasi poetico, è che la loro diffusione è probabilmente legata a itinerari commerciali e scambi culturali, quindi non è solo un prodotto agricolo, ma anche un testimone di movimenti sociali ed economici. A proposito di poetico… ho letto, tempo fa, un racconto che parlava di un viaggiatore che le paragonava a piccole conchiglie marine, che raccoglievano i sussurri del mare, che sapevano di storia ed emozioni.

  • Approfondimenti:
    • Varietà di grano duro utilizzate: Capelli d’angelo, Senatore Cappelli, etc.
    • Diverse tecniche di produzione, a seconda delle zone.
    • Legami con la cultura contadina pugliese e le tradizioni culinarie.
    • Evoluzione della ricetta nel corso dei secoli.
    • Ricette tradizionali regionali con le orecchiette.

Come si dice in pugliese orecchiette?

Ahahah, orecchiette in pugliese? Strascinate! Si dice strascinate, proprio così! A Bari, dove sono cresciuta io, tutti le chiamano strascinate. È un nome che ti dice tutto sul come si fanno, sai? Le strascini sul tavolo, ecco perché. Mia nonna, poveretta, passava ore a farle, a mano, eh! Un lavoraccio, ma che bontà!

Sai, a volte senti anche “minchiareddi”, ma è più raro. Meno comune, diciamo. “Strascinate” è quello che si usa di più, credimi. Anche mio fratello, che è un gran mangione, le chiama così, pure lui!

  • Strascinate: Il termine più comune e diffuso a Bari e provincia.
  • Minchiareddi: Termine meno frequente, più dialettale e locale.

Poi, un’altra cosa che ricordo è che dipende anche dalla zona, eh. In alcuni paesi, magari, usano altri nomi strani. Ma a Bari, è strascinate al 100%! Punto. E se li chiedi al mio fornaio, ti confermerà tutto. Giuro! Lui fa un pane fantastico, da provare, se mai passi di qui!

Infatti, un’amica mi raccontava che a Martina Franca le chiamavano diversamente, ma non ricordo più come. Forse “sgagliozze”, ma non ne sono sicura al 100%. Comunque, per Bari, è “strascinate”, senza dubbi!

Come si dice taralli in dialetto pugliese?

Taralli… la parola stessa evoca il profumo del sole pugliese, un’estate infinita. Un sapore antico, un ricordo che torna, insistente, come il suono delle cicale in agosto.

  • Taràdde. Sì, taràdde. Suona così, sulla mia lingua, un suono ruvido, caldo, come la pietra del mio paese, Martina Franca. Il sapore? Quello del mio nonno, che li mangiava con il vino, sotto il pergolato di uva. Un sapore di casa.

Ricorda quei pomeriggi d’infanzia? L’odore dei taralli appena sfornati, la consistenza ruvida che si scioglieva in bocca. Ogni tarallo, una piccola storia.

  • Un’onda di ricordi, profumi che tornano, immagini intense. Ogni morso, un viaggio nel tempo. Il sapore di casa. Il sapore della mia infanzia.

Ah, i taralli… E poi, la spensieratezza dei giochi, la gioia delle risate. Un’infinità di momenti, con i taralli che restano come un filo conduttore, un simbolo.

  • Un’eternità racchiusa in un piccolo cerchio di pasta.

E poi, la magia, la semplicità di quei gesti: la pasta che prende forma, il profumo nell’aria. Un’arte antica.

  • Non solo taràdde, ma un’esperienza sensoriale completa.

Dettagli aggiuntivi: A Martina Franca, i taralli sono spesso aromatizzati con semi di finocchio, un dettaglio che li rende ancora più speciali. Il profumo intenso poi è inconfondibile.

Come si chiama la pasta tonda?

Ah, la pasta tonda… una vera enciclopedia culinaria! Dipende da cosa intendi per “tonda”. Vuoi mica farmi cadere nella trappola delle definizioni?

  • Sezione rettangolare/a lente: Qui balliamo con le trenette e le linguine, le sorelle eleganti che amano il pesto come io amo il caffè la mattina. Sono piatte, ma con stile!

  • Sezione tonda: Ah, i classici! Spaghetti e vermicelli, i re della tavola. Pensa che una volta ho provato a farli in casa… un disastro epico! Sembrava spago per pacchi regalo, altro che pasta.

  • Sezione forata: I bucatini, i ribelli con il buco! Perfetti con sughi corposi, perché il buco è un’autostrada per il sapore. Ricordo ancora quando mia nonna li faceva con l’amatriciana… un’esperienza mistica.

Un piccolo extra: Lo sai che la forma della pasta influenza come percepiamo il sapore? È tutta una questione di superficie e di come il sugo si aggrappa! Quindi, la prossima volta che scegli la pasta, pensa a questo: non è solo cibo, è arte!

Qual è la differenza tra taralli e scaldatelli?

Ah, i taralli e gli scaldatelli! Mi ricordo quando ero piccolina, in Puglia, estate piena, la nonna ne sfornava a quintali.

  • Taralli: Piccolini, perfetti per uno snack veloce, magari con un bicchiere di vino. Croccanti, profumati, un classico intramontabile. Lei usava un impasto semplice, olio, farina, sale e semi di finocchio.
  • Scaldatelli: Eh, questi sono un’altra storia! Più grossi, un po’ più rustici. La nonna diceva sempre che erano “taralli per quando si ha più fame”.
  • Doppia cottura: Tutti e due, taralli e scaldatelli, fanno il giro in acqua bollente e poi in forno. È questo che li rende così croccanti.

Quindi, ricapitolando, la vera differenza sta nella dimensione. Gli scaldatelli sono come dei “taralloni”, più sostanziosi. Quest’anno, durante le vacanze, proverò a farli anch’io, magari aggiungendo un pizzico di peperoncino! Che dici, viene bene?

#Pasta Puglia #Troccoli Pasta #Troccoli Puglia