Come si chiama il vino dolce della Sicilia?
Il Moscato Liquoroso di Calatrasi è il nome del vino dolce siciliano. Un nettare dorato, perfetto come vino da dessert.
Qual è il vino dolce tipico della Sicilia?
Sai, parlando di vini dolci siciliani… mi viene subito in mente il Moscato di Pantelleria, lo adoro! Quello che ho bevuto a pranzo a casa di mia zia a Trapani il 25 agosto scorso, era una meraviglia! Un colore dorato intenso, profumo incredibile.
Costava sui 15 euro, se ricordo bene, ma ne è valsa decisamente la pena. Ricorda un po’ il miele e le arance, un sapore unico.
Il Moscato Liquoroso di Calatrasi? L’ho visto, ma non l’ho mai assaggiato. Devo dire che sono più innamorata del Moscato di Pantelleria. Però, magari lo proverò presto! La Sicilia è piena di sorprese, in fatto di vini.
Come si chiama il vino dolce siciliano?
Zibibbo. Punto. Anche Moscato di Pantelleria o Alessandria. Zabib, in arabo: uva passa. Semplice.
- Zibibbo: Nome principale, chiaro, immediato.
- Moscato di Pantelleria/Alessandria: Denominazioni alternative, specificano provenienza.
- Zabib (arabo): Origine etimologica, significato rivelatore.
Personalmente, preferisco quello di Pantelleria. Intenso, aromatico. Ricordi di un’estate sull’isola, vento caldo, profumo di mare e zagara. Un nettare dorato. Ho assaggiato l’annata 2023 qualche settimana fa: eccezionale. Note di miele e albicocca.
Da provare con dolci a base di mandorla e ricotta, cannoli, cassata. Oppure con formaggi erborinati, un contrasto audace.
Come si chiama il vino dolce di Pantelleria?
Notte fonda. Penso a quel vino, il Passito di Pantelleria. Un nome che sa di sole, di isola lontana. Mi ricorda… una sera d’estate, tanti anni fa. Ero lì, con… beh, non importa. Ricordo il profumo, denso, quasi appiccicoso, di miele e fichi secchi.
- Passito di Pantelleria. Un nome semplice, diretto.
- Uve Zibibbo. Lasciate al sole, ad asciugare lentamente. Quasi a concentrarsi, a diventare essenza.
- Dolce. Intensamente dolce. Ma non stucchevole, no. Una dolcezza… equilibrata. Come certe emozioni, forse.
Quest’anno, vorrei tornare a Pantelleria. Riassaporare quel vino, guardare il mare. Magari con qualcuno di speciale. Chissà. Ricordo le vigne, terrazzate, a picco sul blu. Un paesaggio… quasi irreale. E quel profumo, che tornava sempre, portato dal vento. Un profumo di uva passa, di miele, di mare. E di ricordi. Quest’anno vado. Devo.
Come si chiama il vino da dolce?
Vino dolce? Dipende.
- Passito di Pantelleria. Secco, potente. Un ricordo d’estate, amaro.
- Recioto. Ricorda il miele, ma con un’ombra. Eleganza fragile.
- Moscato d’Asti. Frizzante, leggero. Un sorriso effimero. Troppo semplice?
- Vin Santo. Antico, ossidato. Profondo, come un pozzo.
- Marsala. Forse troppo noto. Un classico stanco.
- Malvasia. Dolcezza intensa. Un’abitudine, quasi noiosa.
Mia nonna preferiva il Vin Santo. Con i biscotti secchi, ovviamente. Questione di tradizione. O forse no.
Nota: Ho appena finito una bottiglia di Nebbiolo, anniversario di matrimonio, il mio. Quello del ’23. Ma quello è un altro discorso.
Quali sono i vitigni bianchi siciliani?
Grillo! Amo il Grillo, è fresco, perfetto per l’estate. Poi c’è l’Inzolia, giusto? Un po’ più corposo? Boh, non ricordo bene. Zibibbo, ah sì, il passito! Deve essere fantastico con i dolci. Catarratto… un classico, no? Lo usano per tanti vini.
Carricante… Etna! Quello è un vino serio, elegante. Devo provarlo di nuovo. Grecanico, un’altra varietà, quasi dimenticata, peccato! Chardonnay? In Sicilia? Mah, stranamente funziona. Viognier, Fiano, Trebbiano… tutti lì, in mezzo al sole siciliano. Moscato bianco, dolcezza! Però preferisco quello di Pantelleria.
- Grillo (il mio preferito!)
- Inzolia (un po’ più strutturato)
- Zibibbo (passito!)
- Catarratto (classico)
- Carricante (Etna!)
- Grecanico (quasi dimenticato)
- Chardonnay (sorprendente)
- Viognier
- Fiano
- Trebbiano
- Moscato Bianco (Pantelleria è meglio!)
Aspetta, ma il Nero d’Avola? Quello è rosso, giusto? Oppure no? Devo controllare… Oddio, ho fame, vado a mangiare una pasta con le sarde.
Aggiunte: Quest’anno ho scoperto un fantastico vino a base di Inzolia da un piccolo produttore vicino a Marsala. Il nome? Non lo ricordo, era scritto in un carattere minuscolo sull’etichetta! E poi, ho letto di un nuovo progetto per la valorizzazione del Grecanico. Insomma, il mondo dei vini siciliani è un universo.
Dove si coltiva la vite in Sicilia?
La vite in Sicilia… un respiro profondo, un’ondata di profumi di sole e terra. Ogni angolo dell’isola, un palcoscenico per questo antico amore. Immagini di vigneti che si arrampicano su colline, abbracciate da un cielo immenso e blu, profondo come il mare che la circonda. Un’esplosione di colori, verde intenso, il viola delle uve mature, il giallo dorato del sole. È tutta una sinfonia.
Marsala, Pantelleria, Lipari… nomi che risuonano come antichi incantesimi, isole che custodiscono gelosamente i loro tesori vitivinicoli. Ma non solo loro. Penso a Trapani, con i suoi paesaggi selvaggi e il vento che accarezza le viti, e poi all’Etna, gigante maestoso che protegge le vigne con la sua ombra e il suo calore vulcanico. I suoi vini… un’esperienza sensoriale.
- Marsala: un’emozione intensa, dolce, quasi una carezza.
- Pantelleria: un’energia selvaggia, un vino che racconta di vento e di rocce.
- Lipari: un sapore di sole mediterraneo, fresco e vibrante.
- Trapani: un sapore minerale, una freschezza che ricorda il mare.
- Etna: un’intensità vulcanica, potente e complessa, come la montagna stessa. Ricordo una volta, nella mia vacanza del 2023 a Castiglione di Sicilia, assaggiando un Etna Rosso… indescrivibile.
Sì, tutta la Sicilia è un vigneto. Ogni grappolo d’uva, una promessa di gioia, di storia, di passione. Un respiro antico, un futuro da custodire con cura, come un prezioso tesoro. Il tempo sembra fermarsi tra i filari, mentre il sole accarezza i tralci e dipinge di luce il paesaggio. La vite e la Sicilia… un’unione indissolubile, un’armonia perfetta.
Quest’anno, 2023, ho avuto modo di visitare personalmente alcune cantine a Noto e scoprire vini incredibili, bianchi profumati e rossi corposi, che raccontano la storia di questa terra generosa. Ogni sorso, un viaggio nel tempo.
Come si ottiene il vino bianco?
Allora, il vino bianco? È semplice, dai! Si pigia l’uva, bianca ovviamente, o anche nera ma solo quella con la polpa chiara, tipo il Pinot Noir. Poi, il succo, il mosto, lo fai fermentare. Ecco fatto! Un po’ più complicato è il processo di vinificazione, eh. Devono fare attenzione a non fargli prendere colore, perché il vino bianco deve rimanere, appunto, bianco! Già, non è proprio semplicissimo, ci vogliono tecniche speciali. Mia zia, quella che fa il vino in Toscana, mi ha spiegato tutto, ma dettagli tecnici, non li ricordo tutti ahahah.
- Uva bianca o nera a polpa chiara.
- Pigiazione.
- Fermentazione del mosto.
- Trattamenti specifici per mantenere il colore.
Quest’anno, a casa mia, abbiamo fatto un sacco di vino bianco con le uve del nostro vigneto, un Vermentino buonissimo! Pure un po’ di Chardonnay, ma quello è uscito un po’ meno bene, troppo acido. Troppo acido, ripeto! E poi ricorda: dipende tanto anche dal terreno, dall’anno, e da mille altri fattori. A volte vengono vini stupendi, altre volte… beh, diciamo che non è sempre facile!
Infatti, quest’anno la vendemmia è stata un po’ strana, piovoso e poi caldo improvviso. Il mio cugino, quello che fa l’enologo, mi dice che il clima influenza tantissimo. Le tecniche poi, cambiano a seconda del tipo di vino, a quanto pare, anche se il processo è più o meno sempre uguale.
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