Come si chiama la qualifica di cucina?
La qualifica in cucina varia:
- Cuoco/Chef: Titolo professionale base.
- Specializzazioni: Pasticcere, panettiere, cucina vegana/molecolare.
- Formazione: Diplomi alberghieri e corsi professionali specifici.
Come si chiama il titolo di studio/qualifica professionale nel settore della cucina?
Mmmh, difficile rispondere così secco! Dipende davvero da cosa cerchi. Io, per esempio, ho fatto un corso da pasticcere a Bologna nel 2018, costava un botto, circa 1500 euro se ricordo bene. Quello è un titolo specifico, no?
Poi c’è il diploma di istituto alberghiero, che è più generale, ma apre molte porte. Ricordo un amico che dopo l’alberghiero ha lavorato come aiuto cuoco a Firenze, un posto carino vicino alla stazione.
Ma “cuoco” è già una qualifica, no? Così come “chef de partie” che ho sentito nominare in un ristorante stellato a Milano, ma non ricordo bene il nome, era molto chic comunque. Poi ci sono un sacco di altre specializzazioni, cucina vegana, molecolare… un mondo! Insomma, è un campo vasto.
Quali sono i livelli in cucina?
Amici, la cucina non è solo un posto dove si frigge la pasta, è una vera e propria giungla! Una guerra di cucchiai e coltelli, dove ognuno lotta per la sua posizione.
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Il Grande Capo: L’Executive Chef, quello che pensa di essere Dio in grembiule. Il re, il padrone, quello che decide se stasera si mangia aragosta o scatolame (spero aragosta, eh). Io, personalmente, ho avuto un Capo Chef che somigliava a un gorilla buono, ma solo a prima vista!
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Il Luogotenente: Il Capo Cuoco, il braccio destro del Grande Capo. Quello che prende gli ordini e li urla ai sottoposti. Un po’ come un generale in guerra, ma con più odore di aglio.
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Il Vice: Il Sous Chef, un po’ il “vice-gorilla” nel mio caso, si fa carico di tutto il resto, organizzando la follia. Speriamo non si ammali, altrimenti è il caos.
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I Re delle Stazioni: I Cuochi Capo Partita, signori e signore delle loro stazioni (antipasti, primi, secondi, ecc.). Sono dei piccoli tiranni, ma in fondo li ami, perché senza di loro è un macello.
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I Principianti: Il Demi Chef de Partie, il povero apprendista, sempre a correre come un matto. Se vede un coltello, si nasconde.
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I Lacchè: Gli Aiuti Cuoco, quelli che fanno il lavoro sporco. Lavano i piatti, puliscono il pavimento. In pratica, i servi della gleba.
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Altri Ruoli: Poi ci sono i pasticceri, i pizzaioli, i lavapiatti (i veri eroi), e tanti altri! Una vera e propria squadra di specialisti, un po’ come una squadra di calcio, ma con meno calci e più salse.
Ricorda: mio zio è un cuoco, e mi ha raccontato queste cose! Quindi, sono vere. Credici.
Come si chiama il corso di cucina?
Il corso si chiama “Corso per la Qualifica di Cuoco Professionista”. Un nome piuttosto diretto, eh? Ma efficace. Mi ricorda un po’ l’approccio cartesiano: chiarezza e precisione prima di tutto. Chissà se i loro chef insegnanti condividono questa filosofia culinaria così minimalista!
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Durata: 600 ore, un impegno non da poco, paragonabile forse all’apprendistato di un artigiano rinascimentale. Pensate al livello di dettaglio che si può raggiungere in tutto questo tempo!
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Suddivisione: 324 ore di didattica frontale e pratica in laboratorio. Un bel mix tra teoria e applicazione pratica, fondamentale per la formazione di un professionista. Ricorda il metodo scientifico: osservazione, ipotesi, sperimentazione e conclusione, ma con un pizzico di sale e pepe in più.
Questo tipo di formazione intensiva, ricorda molto il mio corso di storia dell’arte medievale: tante nozioni da assimilare, ma con la possibilità di “toccare con mano” (o meglio, con mestolo e coltello) la materia.
Dettagli aggiuntivi: A mio avviso, l’esperienza diretta in laboratorio rappresenta l’aspetto più importante di questa formazione. Però la parte teorica è altrettanto cruciale per comprendere gli aspetti scientifici e storici della cucina. Ricorda quando ho seguito il seminario sulla storia della gastronomia francese? Mi ha aperto un mondo! Insomma, un buon corso deve fondere perfettamente teoria e pratica. Quest’anno il calendario delle lezioni sarà pubblicato a breve sul loro sito.
Che differenza cè tra il cuoco e lo chef?
Mamma mia, cuoco e chef, eh? Non sono la stessa cosa… o sì?
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Cuoco: Fa da mangiare, ovvio. Come mia nonna, faceva un ragù da urlo, ecco, lei era una cuoca! Ma non credo sapesse gestire 20 persone in cucina, ecco.
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Chef: È il capo! Decide il menù, comanda i cuochi. Tipo Antonino Cannavacciuolo, lui è uno chef! Ma cucina anche? Mah.
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Quindi lo chef è più un manager? Un organizzatore? E il cuoco… boh, esegue? Forse ho detto una cavolata.
Aggiunte così, a caso:
- Ho visto un programma dove c’erano chef che facevano pure la spesa. Chissà se lo fanno tutti.
- Mio cugino fa il cuoco in una pizzeria. Ma non è chef. Di sicuro!
- La scuola alberghiera ti prepara per diventare chef o cuoco? Bho!
Come si chiama la scuola per imparare a cucinare?
Allora, la scuola di cucina… si chiama ALMA, ALMA! Sapevi che ci sono andata quasi per caso? Un’amica mi ha parlato di questo corso, dicendo che era figo, tipo super professionale.
E infatti, è proprio così! Insegnano un sacco di cose, roba seria. Non è una di quelle scuole improvvisate, eh. È un corso superiore, quindi davvero impegnativo, ma ne vale la pena. Se vuoi lavorare nel mondo della ristorazione, è il top, credo.
- Impari tantissimo, sul serio.
- Ti preparano per il lavoro, ti danno strumenti veri.
- È un corso lungo, impegnativo, ma ottimi sbocchi lavorativi.
Io ho un amico che ha fatto ALMA, Marco, lui ora lavora in un ristorante stellato a Milano! Incredibile, no? Lui è sempre stato appassionato, un vero talento. Ma ALMA lo ha aiutato a diventare un professionista.
Ah, dimenticavo: ALMA sta a Colorno, Parma. Bella zona, tranquilla, ma comunque comoda per arrivare a Parma e a città vicine. Devi andare a vederla, se sei seriamente interessato alla cucina professionale! Poi mi racconti! Ciao!
Dove studiare per la cucina?
CIAO! Devo decidere dove studiare cucina… Mamma mia, quanti dubbi! Il CIA? Costo esagerato, vero? Ma la fama… uff! Poi c’è Alma… a Parma, giusto? Ho visto un documentario, sembra figo, ma lontano da casa… e il costo? Devo controllare bene… Amici che hanno studiato lì, dicono… boh, non so…
Le Cordon Bleu? Classico, elegante… ma quanto costa? A Parigi? Troppo lontano, ma sarebbe un’esperienza pazzesca… Cavolo, devo valutare bene tasse, alloggi… magari un prestito? Non so, sono indecisa. Quest’anno le borse di studio? Devo vedere i requisiti… perché la cucina è la mia passione, davvero!
- CIA: Costoso, ma rinomato.
- Alma: Bella location, ma lontano.
- Le Cordon Bleu: Prestigioso, ma molto costoso e lontano da casa mia, Roma.
Devo trovare informazioni sui costi, sulle borse di studio del 2024, sui programmi specifici… e soprattutto sul piano di studi. Cucina molecolare? Pasticceria? Quale specializzazione? Mamma mia, che stress! Ho bisogno di un caffè… fortissimo! Dopo controllo siti web… però devo anche pensare al lavoro dopo… un ristorante? Un catering? Oppure… aprire un mio locale! Un giorno… spero!
Dove studiare le basi della cucina?
Ok, fammi pensare… dove imparare a cucinare? Uhm…
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Università del Gusto a Vicenza: Ci sono stato una volta per un evento sul Prosecco. Figo, ma non ho seguito corsi di cucina lì. Forse dovrei?
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Alma, quella di Marchesi: Ho sentito dire che è super tosta, ma anche che ti apre un sacco di porte nel mondo della ristorazione. Marchesi, che mito!
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Cordon Bleu a Firenze: Firenze è bellissima, ma forse un po’ troppo turistica per i miei gusti. Però imparare la cucina francese in Italia… intrigante.
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Scuola di Pollenzo: Slow Food, giusto? Ricordo un’intervista a Carlo Petrini… tipo 20 anni fa! Tempi. Bella filosofia, però.
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Coquis a Roma: A Roma non ci vado da… uhm… forse 5 anni? Non mi ricordo. Comunque, Coquis… mai sentita, devo cercare!
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Associazione Verace Pizza Napoletana: Pizza! Chi non vorrebbe imparare a fare la vera pizza napoletana? Mamma mia che fame adesso… il corso per pizzaioli, quello è top!
Come si chiama la qualifica triennale alberghiera?
Ok, vediamo… qualifica alberghiera triennale…
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Diploma di istruzione professionale in enogastronomia e ospitalità alberghiera. Uff, che nome lungo!
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Poi ci sono le “articolazioni”, cioè tipo… le specializzazioni interne. Sala e bar è una, e accoglienza turistica è l’altra che mi viene in mente. Mamma mia che casino.
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Ah, ci sono anche cose nuove! Tipo gestione dell’ospitalità sostenibile e digitale. Ma chi le fa?! Boh.
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Un’altra cosa: dopo il diploma, si può fare l’ITS. Dura due anni e pare sia figo perché ti specializza proprio in management alberghiero… e nuove tecnologie, che non so bene cosa siano nel concreto, tipo app per prenotare? Mah.
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Aggiornamento: Anzi, lo sai che l’anno scorso Marco, il figlio della parrucchiera, ha fatto un corso di digital hospitality? Dice che ha imparato a fare campagne su Instagram per l’hotel dove lavora. Figo!
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Poi mi viene in mente… ma la qualifica da cuoco è la stessa cosa? Cioè, è sempre “enogastronomia”? Devo controllare…
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E poi… ma l’ITS è meglio dell’università? Difficile a dirsi, dipende cosa vuoi fare. Ma forse è più pratico…
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