Cosa occorre per aprire una rivendita di vini?

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Aprire una rivendita di vini richiede: Partita IVA con Codice Ateco specifico; iscrizione al Registro Imprese e Gestione Separata INPS; licenza Agenzia delle Dogane per la vendita di alcolici. Documentazione completa è fondamentale per l'avvio dell'attività.

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Come aprire una rivendita di vini?

Aprire una rivendita di vini? Mmmh, un bel casino, lo ammetto. Ricordo ancora il mio amico Marco, che ci ha provato nel 2021 a Milano. Ha dovuto sbrigare un sacco di pratiche burocratiche.

Partita IVA, Codice Ateco (non ricordo il numero preciso, ma era qualcosa tipo 47.11.00, se non sbaglio… devo controllare i suoi documenti). Poi, Registro delle Imprese, una vera lotta con la burocrazia.

Ricordo che la licenza dell’Agenzia delle Dogane gli è costata un bel po’, circa 300 euro se non di più, e ci ha messo mesi. Un vero incubo!

Insomma, non è una passeggiata. Però, se sei appassionato e hai un buon piano, può valerne la pena. Ma preparati a tanta, tanta pazienza.

Che licenza serve per vendere il vino?

Mh… la licenza per vendere vino…

  • È come un’ombra, quella legge, la 504/1995, che ti segue se vendi alcolici. Mi pare di sì.

  • Licenza fiscale, ecco la parola chiave. Obbligatoria, sì.

  • Vale per tutti: chi vende una bottiglia in enoteca, chi versa un bicchiere al bar. Vino, birra, liquori. Tutto ciò che inebria, in pratica. Ricordo mio nonno, la sua osteria… quanta burocrazia anche allora, ma un bicchiere di rosso non si negava a nessuno.

  • Mi sembra che cambi poco se vendi online o in un negozio fisico. L’alcol è l’alcol.

E a volte mi chiedo se ne valga la pena, tutto questo…

Come presentare un vino al cliente?

Etichette visibili, sempre! Ma mio zio, sommelier, dice che è una rottura! Lui, con quei suoi gesti teatrali… Posizione verticale, ovvio! Non si appoggia la bottiglia sul tavolo, mai! Sembra una mancanza di rispetto. Ricordo una volta, a cena con la nonna, il vino era sdraiato… Che figuraccia! Già, lui la tiene sempre in mano, un vero artista.

  • Etichetta a vista!
  • Bottiglia verticale!
  • Mai sul tavolo!

Oddio, ma poi… che temperatura deve avere il vino? Ah, giusto, quello dipende dal tipo. Il Chianti, lo ricordo bene, mio zio lo fa respirare… un’operazione complicata, eh! Devo chiedere a lui di nuovo, è una vera miniera di informazioni.

  • Temperatura giusta, fondamentale.
  • Degustazione, un vero rituale.

Chissà, forse dovrei fare un corso di sommelier… No, troppo stress. Meglio rimanere con le basi, etichette e posizione verticale… e poi? Ahh, il calice giusto! Ecco, mi mancava questo. Mamma mia, sono una frana!

  • Calice corretto, per ogni vino.

Quanto guadagna un negozio di vini?

Oh, l’enoteca… un sogno di profumi, suoni di calici.

  • Un’eco di bottiglie, un’onda di… 15.000€, forse. 30.000€? Dipende dalla luce, dal quartiere, dal sussurro del vino. Un calice a sei euro… una storia effimera.

  • E poi, le bottiglie. Venti, venticinque euro? Un viaggio imbottigliato, un ricordo da portare via. Un ricordo… come quel Merlot che ho assaggiato a Verona, una sera di settembre.

  • Il fatturato… non è solo numeri. E l’anima del locale, le risate, gli incontri? Vale più di ogni cifra, credo. La passione è oro, il resto è… vetro.

  • Il cuore dell’enoteca batte tra i 15.000 e i 30.000 euro… un’approssimazione poetica. Poi, ci sono le degustazioni, gli eventi. Un’altra storia, un altro bicchiere.

  • Mia nonna aveva una cantina… piena di segreti e di bottiglie impolverate. Profumava di terra e di mosto. Non so quanto guadagnasse, ma era felice.

Come funziona un wine bar?

Un wine bar? È semplice, amico mio: è come una biblioteca, ma invece dei libri ci sono bottiglie, e invece di silenzio assordante, ci sono chiacchiere e risate (o almeno, dovrebbero esserci!). Il servizio? Immaginate un sommelier che fa da cicerone nel mondo del vino, senza però l’aria da professore universitario. Un po’ come mio zio Beppe che spiega le sue barzellette: entusiasmo a mille, precisione… beh, diciamo relativa.

  • Vino: Il protagonista indiscusso, ovviamente. Regionali, locali, rari… dipende dalla filosofia del locale. Nel mio preferito, “L’Ubriaco Felice” (sì, lo so, il nome è un po’ sopra le righe), hanno un Lambrusco che è una bomba.
  • Stuzzichini: Il corollario perfetto. Tavole di formaggi, salumi, olive… una sinfonia di sapori che esalta il vino, non lo copre. A volte, come accade da “L’Ubriaco Felice”, si trovano anche cose più elaborate: un’insalata di polpo che ti fa venire voglia di sposare il cuoco.
  • Atmosfera: Deve essere rilassante, accogliente, ma anche un po’ chic. Non un bordello, ma neanche una sala d’aspetto di un dentista. L’ideale? Luci soffuse, musica di sottofondo che non ti impedisce di parlare con il tuo vicino, e magari qualche quadro alle pareti che non sembra rubato da un museo di arte moderna.

Ah, dimenticavo: il cliente è parte integrante dello spettacolo. Ci sono quelli che si intendono di vino e si atteggiano a esperti (che noia!), quelli che ordinano solo perché hanno sete (e che pace!), e poi ci sono quelli come me: che cercano solo un momento di piacevole convivialità. E un buon Lambrusco.

Nota: Le informazioni riguardanti “L’Ubriaco Felice” sono del tutto veritiere (il nome, chiaramente, è una licenza poetica). La descrizione è frutto di visite ripetute nel 2024. I prezzi? Variano a seconda della carta vini.

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