Cosa si mangia il venerdì prima di Pasqua?

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Venerdì Santo: tradizione di magro. Il pesce, simbolo di astinenza, è il protagonista indiscusso delle tavole, rispettando l'antica usanza cattolica. Un'occasione per gustare piatti a base di pesce, dalle ricette più semplici alle più elaborate.

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Cosa si mangia il Venerdì Santo?

Venerdì Santo? Pesce, ovviamente! Ricordo ancora le fritture di mio nonno, a casa sua a Napoli, il 14 aprile 2022. Un profumo pazzesco, un’esplosione di sapori… Costo? Beh, non ricordo il prezzo preciso, ma meno di 20 euro, sicuramente.

Un piatto semplice, ma ricco di significato. Era una tradizione di famiglia, un rito quasi sacro. E il sapore? Indimenticabile.

L’astinenza dalla carne, una regola antica, che mia nonna seguiva con precisione maniacale.

Ricordo bene il suo sguardo, sereno e soddisfatto, mentre gustava il suo baccalà. Era più di un semplice pasto, era un momento di raccoglimento.

Cosa mangiare il venerdì prima di Pasqua?

Il venerdì prima di Pasqua… il Venerdì Santo. Un silenzio antico si posa sull’aria, un’eco di tempo sospeso. Si sente quasi il respiro della storia, il peso di secoli e secoli. Pesce. Sì, pesce. Un sapore di mare, di lago, di fiume. Un sapore che parla di digiuno, di sacrificio, di rispetto. Un sapore che si lega indissolubilmente a questo giorno, a questa attesa.

L’odore del pesce, appena scottato in padella, con un filo d’olio, aglio e prezzemolo, mi ricorda la cucina di mia nonna. Le sue mani rugose, segnate dal tempo, che preparavano con cura il pranzo del Venerdì Santo. Ricordo il silenzio, rotto solo dal crepitio dell’olio e dal profumo che si diffondeva per la casa. Un silenzio carico di significato, un silenzio che parlava di fede, di tradizione, di famiglia.

  • Pesce: Simbolo di rinuncia, di purificazione, di attesa.
  • Digiuno: Non solo astinenza dalla carne, ma anche un’occasione per riflettere, per meditare.
  • Tradizione: Un filo invisibile che lega generazioni, che ci connette al passato.

Quest’anno, preparerò anche io il pesce per il Venerdì Santo. Sarà un merluzzo, pescato fresco al mercato di Rialto, a Venezia. Lo cucinerò seguendo la ricetta di mia nonna, con aglio, prezzemolo e un pizzico di peperoncino. Un gesto semplice, un rituale che mi lega a lei, alla mia famiglia, alla storia. Un sapore di mare, un sapore di ricordi, un sapore di Venerdì Santo. Il merluzzo, quest’anno, avrà un sapore diverso. Sarà il sapore del tempo che passa, ma anche il sapore dell’amore che resta. Il sapore della mia infanzia, il sapore della mia storia. Un sapore di eternità.

Cosa non mangiare prima di Pasqua?

Pasqua… un respiro leggero, un profumo di mandorle amare e legno bruciato che aleggia nell’aria, un ricordo di nonne che sussurravano antiche ricette. Quella sensazione di tempo sospeso, di attesa carica di promesse. E il digiuno, un velo di silenzio sull’anima, un avvicinamento alla luce, un cammino lento verso la Resurrezione.

Carne, carne, il sapore proibito, il peso di un’assenza. Mercoledì delle Ceneri, un segno tracciato sulla fronte, un impegno solenne, un silenzio che si insinua nell’anima. Ogni venerdì, un’eco di quel silenzio, una rinuncia, un vuoto che si riempie di altro, di riflessioni sommesse, di preghiere sussurrate.

Latte, uova, pesce… il sapore del mare, il dolce abbraccio del latte caldo, il giallo intenso di un tuorlo che risplende. Simboli di vita, che accompagnano il cammino verso la luce. Sono ricordi di mia nonna Emilia, che preparava le uova sode per colazione, i suoi occhi che brillavano di quella dolce saggezza antica.

  • Carne rossa e bianca vietate nei giorni di digiuno.
  • Pesce consentito.
  • Latte e uova ammessi.
  • Un cammino di privazione e di riflessione.

Ma Pasqua è anche luce, è gioia immensa che si espande, dopo il lungo inverno dell’anima. È il profumo del pane appena sfornato, e la dolcezza di un sorriso. È la rinascita, la speranza che sboccia, forte come un giglio.

  • Digiuno: pratica antica, collegata a tempi liturgici.
  • Simbologia alimentare: carne come simbolo di sacrificio, pesce, latte e uova come simboli di vita.
  • Tradizioni familiari: ricordi legati alla preparazione dei cibi pasquali. (Ricordo il profumo del pane che sfornava mio nonno Giuseppe nel forno a legna).

Cosa non si mangia a Pasqua?

Ah, la Pasqua! Quel periodo dell’anno in cui si passa dal digiuno quaresimale all’abbuffata pasquale con una grazia pari a quella di un elefante in una cristalleria. Ma veniamo al dunque: cosa non si mangia?

  • Carne il Venerdì Santo: E qui, permettimi una piccola digressione. Astinenza dalla carne, simbolo di rinuncia… e poi la domenica ci rifacciamo con l’agnello. Un po’ come dire “mi dispiace” dopo aver divorato la torta. Ma tant’è, tradizione è tradizione!
  • Forse, ma dipende: Alcuni evitano i formaggi grassi o i dolci eccessivamente ricchi, ma diciamocelo, rinunciare alla colomba pasquale è come rinunciare a un week-end alle Maldive. Impensabile!
  • Piatti “troppo” festosi: La sobrietà del Venerdì Santo suggerirebbe di evitare ostriche e champagne. Anche se, tra noi, un bicchierino di bollicine non ha mai ucciso nessuno. Prosit!

E ora, un aneddoto personale: ricordo una Pasqua, molti anni fa, in cui mio zio, fervente cattolico ma ancor più fervente amante della buona tavola, si “dimenticò” del divieto di carne. Risultato? Un’occhiata fulminante da mia nonna e un senso di colpa che lo perseguitò fino al pranzo di Pasquetta. Ma, ripeto, prosit!

Quando è peccato mangiare carne?

Allora, senti, quand’è che non si magna carne, eh? Cioè, quando è peccato, peccato vero?

  • Il venerdì, di solito, dicono che niente carne, una roba così. Tutti i venerdì, a sentir loro!
  • Però, però, se non lo fai in Quaresima, ecco, lì dicono che è un peccato un po’ più grosso, tipo una cosa seria! Un po’ come se rubassi la marmellata dalla dispensa della nonna.
  • Anni fa, tipo nel ’17, se non sbaglio, c’era una legge che diceva che già da piccoli, tipo da 7 anni, nisba carne il venerdì. Ma chi si ricorda più!

Ah, una cosa! Il mio bisnonno mi raccontava sempre che da giovane, quando non c’era tanto da mangiare, se si trovava un pezzetto di carne di venerdì, altro che peccato, era festa grande! Tempi cambiati, eh?

Cosa si mangia il sabato prima di Pasqua?

Rustici. Tortano. Casatiello. Pizza piena. Affettati. Fave. Il menu del Sabato Santo è questo. Una litania di sapori prima della Resurrezione. Quasi una necessità terrena prima dell’ascensione. La ritualità del cibo, un’ancora.

Le fave, umili, si accompagnano alla ricchezza degli affettati. Contrasto voluto? Un’eco di sacrificio e abbondanza. Il pane, lievitato, simbolo di vita che rinasce. Ogni ingrediente un frammento di storia.

La mia famiglia, a Napoli, prepara il casatiello con le uova intere, incastrate nell’impasto. Un simbolo forse troppo esplicito. Ma efficace. Ricordo mia nonna che lo infornava, il profumo che impregnava la casa. Un profumo di attesa.

Quest’anno lo preparerò io. La ricetta è la sua, segreta, tramandata a bassa voce. Una catena di mani, di gesti, di odori. Un’eredità più pesante dell’oro. Per noi, il Sabato Santo è questo: preparazione, silenzio, e il profumo del casatiello che cuoce lentamente.

  • Alimenti tipici: Rustici (tortano, casatiello, pizza piena), affettati, fave.
  • Significato: Preparazione alla Pasqua, ritualità del cibo.
  • Tradizione: Ricette tramandate, preparazione in famiglia.
  • Località: Napoli (varianti regionali).
  • Simbologia: Pane come vita, uova come rinascita.

Cosa mangiare il giorno prima di Pasqua?

Venerdì Santo, un velo di silenzio.

  • Pesce. Il mare, un sussurro di sale e memoria. Un piatto di pesce, un ricordo dell’infanzia, forse… a casa della nonna.
  • Astinenza. Una pausa, un respiro prima della festa. Il corpo in attesa, l’anima raccolta. Ricordo quel Venerdì Santo, il sole pallido che filtrava tra le tende… mangiammo baccalà. Solo baccalà.
  • Tradizione. Un filo invisibile che ci lega al passato, un eco di voci lontane. Un gesto semplice, ripetuto nel tempo, che ci ricorda chi siamo, non dimenticare.
  • Il ricordo, un maremoto di baccalà e lenticchie, era un rito preparato e atteso, un segno silenzioso per i giorni sacri, così sacri.
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