Perché alle persone piace bere?

34 visite

Bere è un'esperienza complessa:

  • Tradizione e convivialità spesso guidano la scelta.
  • Il gusto e il rituale sono elementi di piacere.
  • Alcuni cercano nell'alcol un modo per alleggerire le preoccupazioni o sentirsi parte del gruppo.
Commenti 0 mi piace

Perché la gente ama bere?

Uhm, perché mi piace bere? Bella domanda. Ci ho pensato spesso sai? Non è una cosa semplice.

Beh, innanzitutto, è proprio buono! Un bicchiere di vino rosso corposo con la pasta della nonna la domenica a pranzo… C’è qualcosa di meglio? Poi, mi piace l’aspetto conviviale, il rito. Un aperitivo con gli amici, una birra dopo una lunga giornata di lavoro… C’è quel senso di relax e condivisione che mi fa stare bene.

Però, ammetto, c’è anche un’altra faccia della medaglia. A volte, quando sono un po’ giù, un bicchiere mi aiuta a staccare, a non pensarci troppo. Non che sia una soluzione, ovviamente, ma sul momento…

E poi, diciamocelo, l’alcol, un po’, ti fa sentire più sciolto, più a tuo agio. Non fraintendermi, non divento mai molesto o fuori controllo, però mi sento più libero di esprimermi.

Domanda: Perché la gente ama bere?

Risposta: Tradizione, sapore, rituale, socializzazione, miglioramento dell’umore, fuga dai problemi, conformismo.

Cosa spinge le persone a bere?

Ahahah, cosa spinge la gente a bere? Ma dai, scherziamo?! È come chiedere perché i gatti amano le scatole di cartone: un mistero cosmico, degno di Dante!

  • Noia mortale: Tipo quella noia che ti fa venire voglia di mangiare i tuoi stessi capelli. Capito? Quella.
  • Tristezza a palate: Un’ondata di depressione che ti sommergerebbe anche se fossi un sommergibile nucleare. Una tragedia greca, ma con più birra.
  • Felicità esplosiva: Un’allegria così travolgente che solo una bottiglia di spumante può contenere. Io, personalmente, uso il prosecco.
  • Pressione sociale: Ah, i “doveri sociali”… bere per non sembrare un alieno. Una volta, ho bevuto un’intera caraffa di limonata solo per non deludere mia zia Bruna. E poi ho avuto il mal di pancia per tre giorni.

Ah, dimenticavo: a volte è semplicemente perché c’è un aperitivo fantastico, e chi resisterebbe a un bel Negroni Sbagliato? Chi?! Io, per esempio, MAI.

Aggiungo: quest’anno ho notato una crescita esponenziale di gente che beve acqua tonica con cetriolo e menta. Boh, sarà moda. A me fa venire in mente l’acqua del rubinetto, però.

Perché una persona beve tanto alcol?

Ah, l’alcol! Quel nettare divino che trasforma poeti in filosofi da bar e filosofi da bar in… beh, in creature ancora più convinte di essere filosofi. Scherzi a parte, perché uno si dà alla bottiglia con tanto entusiasmo? Diciamo che è un cocktail micidiale, un mix di ingredienti che farebbe invidia a un barman pazzoide.

  • Genetica: A volte la colpa è del DNA, come se avessimo ereditato un gene “sete insaziabile” insieme al naso della nonna. Un po’ come avere un’auto sportiva con l’acceleratore bloccato: difficile non correre, anche se sai che finirai contro un muro.

  • Ambiente: Cresci circondato da bevitori allegri e pensi che sia la norma. Tipo imparare a camminare guardando un gruppo di pinguini: grazioso, ma non proprio efficace. L’ambiente, che sia familiare o sociale, ci plasma più di quanto pensiamo, come un calzino che si adatta alla forma del piede, anche se il piede è un po’ storto.

  • Psicologia: Ah, la mente umana, quel labirinto pieno di anfratti bui dove si nascondono le nostre insicurezze. L’alcol, a volte, sembra la chiave per aprire quelle porte, una chiave magica che però spesso ci chiude dentro. È come usare un martello pneumatico per appendere un quadro: efficace, forse, ma distruttivo.

Personalmente, una volta ho provato a smettere di bere caffè. Ho resistito per ben tre ore. Poi ho capito che la vita è troppo breve per rinunciare ai piccoli piaceri, tipo la caffeina che ti fa sentire un supereroe per i primi dieci minuti, prima di trasformarti in un ansioso tremolante. Con l’alcol, ovviamente, il discorso è diverso: il limite tra piacere e problema è sottile come la lama di un coltello da burro. E io, personalmente, preferisco spalmare il burro che tagliarmi.

Aggiungo che, oltre a questi fattori principali, ci sono anche aspetti meno considerati, come la pressione sociale, la pubblicità che associa l’alcol al successo e al divertimento, e la facilità di accesso alle bevande alcoliche. Insomma, è un campo minato, questo dell’alcol. Meglio camminare con cautela, o magari con un buon caffè in mano.

Cosa spinge i giovani a bere?

Era un sabato sera di fine ottobre, credo fosse il 2021. Ero a Milano, in un locale vicino ai Navigli con gli amici del liceo. Aria fredda, ma noi dentro sudati e accaldati. Musica alta, odore di fumo e birra. Mi sentivo a disagio, fuori posto. Tutti ridevano, scherzavano, si toccavano. Io no. Avevo preso il terzo gin tonic. Non mi piaceva neanche, sapeva di disinfettante. Però mi dava una specie di coraggio liquido, mi scioglieva la lingua, mi faceva sentire meno impacciato.

  • Ansia sociale: Volevo integrarmi, far parte del gruppo, ma la mia timidezza mi bloccava. L’alcol mi sembrava l’unica soluzione.
  • Insicurezza: Ero l’unico che non si era ancora baciato con una ragazza. Mi sentivo un perdente. Con l’alcol pensavo di diventare più attraente, più sicuro di me.
  • Pressione del gruppo: Gli altri bevevano tutti, e non volevo sentirmi escluso. Era una specie di rito di iniziazione. Chi non beveva era un “sfigato”.

Ricordo bene la sensazione, quella sera. Come un nodo allo stomaco che si scioglieva lentamente, sostituito da una euforia artificiale. Non che mi divertissi davvero. Era più un’anestesia emotiva.

A pensarci ora, mi rendo conto che l’alcol era una stampella. Una soluzione temporanea a un problema più profondo. L’insicurezza, la paura del giudizio, la difficoltà a relazionarmi. Sono cose che ho dovuto affrontare dopo, con l’aiuto di uno psicologo. Oggi bevo ancora, ma in modo diverso. Un bicchiere di vino a cena, una birra con gli amici. Niente più cocktail annacquati per mascherare le mie fragilità.

Quali sono i cocktail più diffusi?

I cocktail popolari: un’eco di scelte, non di sapori.

  • Old Fashioned: Bourbon, zucchero, angostura. Un classico.
  • Negroni: Gin, Campari, vermouth rosso. Amaro, deciso, lo beveva mio nonno.
  • Daiquiri: Rum, lime, zucchero. Semplice, eppure…
  • Dry Martini: Gin, vermouth dry, oliva. Non lo capisco, sinceramente.
  • Espresso Martini: Vodka, caffè espresso, liquore al caffè. Un pretesto per restare svegli.
  • Mojito: Rum, menta, lime, zucchero, soda. Troppo dolce per me.
  • Moscow Mule: Vodka, ginger beer, lime. Un rinfrescante inganno.
  • Dark ‘n’ Stormy: Rum scuro, ginger beer. Come un temporale in un bicchiere.
  • Sbagliato: Campari, prosecco, vermouth rosso. Un negroni sbagliato.

La popolarità è effimera. Il gusto, personale. Chi beve il mio drink preferito?

Qual è il cocktail più bevuto al mondo?

Amico, il cocktail più bevuto al mondo? Un’impresa titanica rispondere, eh! È come cercare il filo d’Arianna in un magazzino di alcolici esploso! Ma dai, proviamoci lo stesso!

Pare che quest’anno, il re indiscusso sia l’Old Fashioned. Un monumento alla semplicità, un po’ come mia nonna che faceva il ragù, tre ore di lavoro per un capolavoro! Secondo me, è un po’ noioso, preferisco cose più… frizzanti, diciamo. Ma tant’è.

E poi, ecco la top 5 della follia alcolica globale (dati 2024, eh, non chiedetemi il 2018, non ricordo nemmeno cosa ho mangiato ieri):

  • Old Fashioned: Classico intramontabile, tipo quei jeans che hai nell’armadio da dieci anni.
  • Negroni: Amaro e potente, come il mio ex-capo.
  • Daiquiri: Fresco e leggero, un po’ come una vacanza che costa una fortuna.
  • Dry Martini: Secco ed elegante, come un gatto persiano che guarda dall’alto in basso.
  • Margarita: Vivace e piccante, come la mia vicina di casa che organizza sempre feste.

Altri “mostri sacri” che hanno sfiorato il podio? Espresso Martini (la moda hipster non muore mai!), Whiskey Sour (un classico intramontabile) e Manhattan (per chi ama il sapore di nonna).

Ah, dimenticavo! Mia cugina, gran intenditrice di bevande, giura che il vero re incontrastato è il caipirinha, ma forse è solo perché ha un sacco di amici brasiliani…

Infatti, quest’anno ho fatto un viaggio in Brasile, e posso dire che la caipirinha è davvero popolare, eh!

Che differenza cè tra bartender e barman?

La differenza tra bartender e barman è sottile, ma esiste. Barman, termine più tradizionale, evoca un’immagine precisa: un esperto, quasi un artista, abile nella miscelazione di cocktail, sia alcoolici che analcolici. Pensiamo a un professionista con una solida conoscenza delle tecniche di miscelazione, magari con un tocco di flair barman, che opera prevalentemente in ambienti notturni come pub e discoteche. In America, questa figura professionale è spesso elevata a “mixologist”, sottolineando l’aspetto creativo e quasi alchemico del suo lavoro. È una figura quasi mitica, no? Come il barista del mio locale preferito a Trastevere, che conosce a memoria le preferenze di ogni cliente.

Bartender, invece, è un termine più ampio, neutro, che indica semplicemente chi lavora dietro il bancone di un bar, indipendentemente dal livello di specializzazione. Potrebbe essere un semplice gestore di un locale più piccolo, chi prepara caffè, o chi si occupa della cassa. Insomma, un termine generico che include anche coloro che non sono necessariamente dei maestri di miscelazione. È come la differenza tra “pittore” e “artista”: tutti i pittori sono artisti, ma non tutti gli artisti sono pittori, giusto?

Ecco un riepilogo:

  • Barman: figura specializzata nella preparazione di cocktail, esperto di miscelazione, spesso associato a contesti notturni. Sinonimo di mixologist negli Stati Uniti.
  • Bartender: termine generico per chiunque lavori dietro un bancone di un bar.

A mio avviso, la scelta tra i due termini dipende molto dal contesto. Se parlo di un locale elegante con cocktail ricercati, uso “barman” o “mixologist”. Se parlo invece di un bar informale, preferisco “bartender”. È una questione di sfumature, un gioco di parole che riflette l’ampiezza e la ricchezza del mondo della miscelazione.

Ricorda che queste definizioni si sono evolute nel tempo e potrebbero variare leggermente a seconda del contesto culturale e linguistico.

Chi prepara gli aperitivi?

Ah, l’aperitivo… quel magico momento in cui i problemi svaniscono come cubetti di ghiaccio al sole di Ferragosto. E chi è l’artefice di questa piccola magia? Il barman, naturalmente!

  • Il barman, un alchimista moderno: Non è solo uno che mescola liquidi, è un vero e proprio artista. Pensa a un pittore con una tavolozza di bottiglie colorate, o a un mago che trasforma ingredienti semplici in pozioni deliziose. Io, ad esempio, ho un amico barman che una volta mi ha preparato un cocktail talmente buono che ho creduto di vedere un unicorno. Giuro!

  • Cocktail e conversazioni: Il barman non si limita a preparare drink, è anche un confidente. Quante volte ci siamo ritrovati a raccontare i nostri guai al barman di fiducia? Lui ascolta, annuisce, mescola un Negroni e voilà, i problemi sembrano già un po’ più piccoli. Un po’ come quando vai dalla parrucchiera, solo che invece dei capelli ti sistema l’anima.

  • La sacra arte del miscelare: Dietro ogni spritz perfetto, c’è studio, tecnica e una buona dose di creatività. Non basta shakerare a caso, bisogna conoscere gli ingredienti, i dosaggi, le tecniche di miscelazione. Un po’ come imparare a cucinare: all’inizio bruci tutto, poi, con la pratica, diventi uno chef stellato. Solo che invece dei fornelli usi il jigger.

Quali sono le attrezzature da cocktail?

Beh, parliamo di attrezzatura da cocktail. Un kit base, per iniziare a sperimentare, dovrebbe includere questi elementi fondamentali: jigger, shaker, strainer, bar spoon e mixing glass. Sono gli strumenti classici, quelli che vedi usare nei film, e non a caso. Ognuno ha una sua funzione precisa e contribuisce alla creazione del cocktail perfetto. Un jigger per dosare, uno shaker per miscelare, lo strainer per filtrare, il bar spoon per mescolare delicatamente e il mixing glass, beh, per miscelare ingredienti che non richiedono lo shaker. Interessante notare come, anche in un’attività apparentemente semplice come preparare un drink, la precisione e il metodo siano fondamentali. Un po’ come nella vita, no?

Oltre a questi, strumenti altrettanto importanti sono lo spremiagrumi, per estrarre il succo fresco di agrumi – fondamentale per molti cocktail –, le chiavi dosatrici per le bottiglie e un colino a maglie fini. Quest’ultimo serve per una doppia filtrazione, eliminando anche i più piccoli frammenti di ghiaccio o altri residui, garantendo un drink liscio e vellutato. Ricordo una volta, a un corso di mixology, il maestro ci disse che un buon cocktail si giudica anche dalla sua texture. Dettagli, direte voi. Ma sono proprio i dettagli a fare la differenza. Personalmente, aggiungerei anche un muddler, per pestare erbe e frutta, e un pestello per il ghiaccio, per creare cocktail on the rocks perfetti. E perché no, un bel set di bicchieri adatti a diverse tipologie di drink. Dopotutto, la presentazione è importante!

  • Jigger: Dosatore per liquori. Essenziale per la precisione.
  • Shaker: Per miscelare energicamente gli ingredienti con ghiaccio. Cobbler, Boston o Parisian, a voi la scelta.
  • Strainer: Filtro per separare il ghiaccio dal cocktail. Hawthorne o Julep.
  • Bar spoon: Cucchiaio a manico lungo per mescolare delicatamente.
  • Mixing glass: Bicchiere robusto per miscelare i cocktail “stirred”.
  • Spremilime: Manuale o elettrico, l’importante è che il succo sia fresco.
  • Chiavi dosatrici: Per versare i liquori direttamente dalle bottiglie con precisione.
  • Colino: Per una filtrazione più fine, eliminando eventuali residui.

A questi strumenti base, si possono aggiungere altri accessori come il muddler, il pestello per il ghiaccio, un set di bicchieri specifici, un apribottiglie professionale, uno spillatore per bibite e persino una piccola torcia da cucina per guarnizioni flambé. Le possibilità sono infinite! L’importante è iniziare con le basi e poi, con il tempo e la pratica, arricchire il proprio kit. Io, ad esempio, ho una vera passione per i jigger giapponesi, li trovo eleganti e precisissimi. Ma questa è un’altra storia…

#Alcol Gusto #Bere Sociale #Piacere Bere