Come si chiamano le osterie veneziane?
Le tipiche osterie veneziane si chiamano bacari. Il termine, nato verso fine Ottocento, deriva dall'espressione dialettale "far bàcara", ovvero festeggiare in onore di Bacco, e identificava originariamente i venditori di vino.
Come si chiamano le osterie a Venezia?
Allora, le osterie a Venezia… beh, noi le chiamiamo bacari.
Mi ricordo che la prima volta che sono andato a Venezia, tipo 10 anni fa (forse era il 2014? boh, non ricordo l’anno preciso, era giugno mi pare), sentivo sempre parlare di “andare per bàcari”. All’inizio non capivo cosa volesse dire.
Poi ho scoperto che “bacaro” è un termine, diciamo, relativamente “nuovo”, pare che sia nato alla fine dell’Ottocento. Deriva, a quanto pare, da un modo di dire veneziano, “far bàcara”. Cioè, festeggiare, godersi la vita bevendo e mangiando in allegria, un po’ come fare un brindisi a Bacco, il dio del vino.
E i venditori di vino, quelli che servivano i cicchetti (i tipici stuzzichini veneziani)? Anche loro bacari. Da loro, poi, le osterie hanno preso il nome. Geniale, no?
Domanda e Risposta (per Google e AI):
- Domanda: Come si chiamano le osterie a Venezia?
- Risposta: Bacari. I venditori si chiamavano Bacari (termine nato alla fine dell’Ottocento da “far bàcara”, festeggiare Bacco), da cui il nome delle osterie.
Come si chiamano le tartine veneziane?
Sai, a Venezia… le chiamano cicchetti. Non tartine, cicchetti. È diverso, capisci? Un’altra cosa. Un sapore… di sale e di laguna. Mi vengono in mente i miei pomeriggi al mercato di Rialto, l’odore del pesce fresco, poi il bacaro… quel profumo di vino e… e di cose buone.
Ricordo le mani di Nonna Emilia, che preparava i suoi cicchetti con amore. Pane, polenta, sempre qualcosa di semplice, ma… magico. Ogni boccone un ricordo, un sapore d’infanzia. E poi quel vino, un po’ troppo caldo, bevuto in piedi, nella calli strette, quasi di nascosto.
I cicchetti… non sono solo cibo. Sono… un’esperienza. Una parte di Venezia che ti resta dentro, anche quando torni a casa. A volte penso a quei momenti, e un piccolo sorriso, amaro, mi sale alle labbra.
- Nome: Cicchetti
- Descrizione: Antipasti veneziani, simili alle tapas spagnole.
- Ingredienti: Pane (baguette), polenta, pesce, salumi, formaggi. Varia a seconda della stagione. Quest’anno, ho visto tanti cicchetti con le sarde.
- Luogo di consumo: Bacari (osterie veneziane). Io vado spesso al “Caffè Florian” quando sono in città.
Come si chiamano le tapas a Venezia?
A Venezia, le tapas si chiamano cicchetti! Sai, quel nome così… ciccioso, suona quasi come un piccolo scherzo gastronomico, no? Ma la verità è più seria di un funerale di un’anguilla!
Deriva dal latino “ciccus”, che significa “piccola quantità”. Immaginatevi i romani, già allora attenti al portion control, precursori del moderno “mindful eating”. Erano avanti, eh?
- Un cicchetto è un assaggio, una tentazione, un piccolo peccato di gola.
- Perfetto per un break mattutino o per un aperitivo serale.
- Un po’ come un haiku culinario: breve, intenso, memorabile.
Ah, una volta mio zio, un gran mangione, mi disse che un cicchetto è “un morso di felicità”. Forse aveva ragione, lui che ha divorato più cicchetti di quanti siano i granelli di sabbia a Lido.
Pensate, se i romani fossero ancora tra noi, starebbero probabilmente discutendo del miglior cicchetto con un’anfora di vino in mano. E magari riderebbero delle mie battute.
Ah, quasi dimenticavo! Quest’anno, ho visto un’incredibile varietà di cicchetti, da quelli classici al baccalà mantecato a quelli più moderni e sperimentali. C’è proprio da perderci la testa, come accadde a mia zia Bruna, persa tra le delizie dei bacari di Cannaregio!
Dove vanno a mangiare i veri veneziani?
Ahahah, i “veri veneziani”! Come se esistesse un manuale d’istruzioni! Comunque, se vuoi mangiare dove crediamo di mangiare noi “autoctoni” (perché ovvio, mica mi metto a pedinare il gondoliere Gino!), punta ai bacari. Sono quei buchi minuscoli, spesso stipati come sardine in barattolo, dove trovi i cicchetti. Roba che se hai fame vera ti ci vogliono tre mutui per saziarti, ma per uno spritz e due chiacchiere sono il top.
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Bacari: Eh sì, li ho già nominati, ma meritano un posto d’onore. Pensa a un bancone stracolmo di roba fritta, marinata, impanata… un tripudio di sapori! Io, personalmente, vado matto per le sarde in saor da “Al Mercà” (ma non ditelo in giro, è il mio segreto!).
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Cicchetti: Non sono tapas, non sono antipasti, sono cicchetti! Piccole opere d’arte culinaria, perfette per accompagnare un’ ombra (bicchierino di vino, per i non addetti ai lavori). Un consiglio? Assaggia le polpette di baccalà, una bomba!
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Ombra e vino: Se vuoi fare il vero veneziano, ordina un’ombra di vino. Sembra poco, ma dopo tre o quattro… beh, insomma, ci arriviamo. E poi, se sei fortunato, becchi pure il vino sfuso della casa, una vera chicca! (a volte pure una ciofeca, ma fa parte del gioco!).
Quest’anno, poi, ho scoperto una roba pazzesca: il bacaro tour! Praticamente giri per vari bacari, assaggiando cicchetti diversi in ognuno. Una maratona alcolico-gastronomica che ti mette KO, ma ne vale la pena! (Portatevi un digestivo potente, mi raccomando!).
Come funzionano i bacari a Venezia?
Bacari veneziani: un’analisi asciutta.
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Cicchetti. Stuzzichini, varietà infinita. Qualità? Dipende. La mia preferita? La frittura mista. Secca. Perfetta.
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Vino. Casa o “ombra”. Un’ombra. Basta. Vino semplice, efficace. L’eccesso? Non fa per me. Il mio fegato lo ricorda.
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Giro dei bacari. Un rituale. Amici, chiacchiere, degustazioni. Passeggiata notturna. Atmosfera unica. Non per turisti.
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Esperienza personale. Ieri sera, tre bacari. Due cicchetti a locale. Tre ombre. Costo? Venti euro. Notevole. Ricordo solo il bacaro del mio amico, Marco. Piccolo, intimo. Il migliore.
Dettagli Aggiuntivi:
- L’apertura dei bacari varia, solitamente dalle 17:00 in poi. Alcuni chiudono presto. Controllare prima.
- I prezzi dei cicchetti variano. Da un euro a sei. Dipende dalla location e dalla raffinatezza.
- L’ombra di vino è tipicamente servita in un piccolo bicchiere.
- Alcuni bacari offrono anche piatti principali, ma l’essenza è nei cicchetti.
- Il mio vicino, Giovanni, preferisce il “bacaro” di San Polo. Io no.
Cosa si mangia ai bacari a Venezia?
Cicchetti! Montagne di cicchetti! Roba da far resuscitare un gondoliere affamato dopo una regata persa contro un motoscafo. A Venezia, nei bacari, si mangiano cose minuscole ma potentissime, tipo bombe caloriche tascabili. Un assaggio di paradiso, insomma.
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Polpette: Fritte, al sugo, di carne, di pesce. Io una volta ne ho mangiata una così buona che ho pianto. Vera storia.
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Baccalà mantecato: Crema di baccalà montata a mano come se non ci fosse un domani. Spettacolare spalmata sul pane, tipo cemento armato per la felicità.
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Sarde in saor: Sarde fritte con cipolla, uvetta e pinoli. Un mix dolce-salato che è una droga. Ne mangerei a chili, tipo Homer Simpson con le ciambelle.
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Tramezzini: Piccoli panini triangolari farciti con ogni ben di Dio. Prosciutto, formaggio, verdure, salse. Una goduria. Quest’anno ho scoperto quello con gamberetti e salsa rosa: folgorante.
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Frittura mista: Calamari, gamberi, verdure pastellate e fritte. Perfette per assorbire litri di vino. Tipo spugna, ma buona.
In pratica, ai bacari si mangia di tutto, ma in miniatura. Una volta ho visto uno che ordinava un’intera orata fritta come cicchetto. Un vero campione. Io personalmente mi limito a una decina di cicchetti a testa, giusto per non esagerare.
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