Cosa comprende lo street food?
Lo street food è un caleidoscopio di sapori: arancini, pizza fritta, arrosticini, piadina, gnocco fritto, olive ascolane... Un'esplosione di gusto, accompagnata da salse e condimenti, per un'esperienza culinaria semplice e indimenticabile. Varietà e genuinità ne definiscono l'essenza.
Street food: cosa offre? Cibi e bevande tipiche per unesperienza unica?
Mmmh, street food… che casino di cose! Ricordo una volta, a Roma il 15 agosto, ho preso degli arancini vicino al Colosseo, tre euro l’uno, ma erano buonissimi, un tripudio di ragù e mozzarella filante. Un’esperienza sensoriale pazzesca, sotto quel sole cocente.
Poi, a Bologna, durante una gita di qualche anno fa, ho assaggiato lo gnocco fritto con prosciutto crudo. Che dire? Un’esplosione di sapori. Semplice, ma indimenticabile. Costava una decina di euro, ma ne valeva la pena.
Ricordo anche la piadina romagnola. Lì, il 27 luglio, a Riccione, ho mangiato una piadina con squacquerone e prosciutto, davvero leggera e gustosa, solo cinque euro.
Bevande? Dipende! Un’aranciata fresca al volo, una birra ghiacciata. O magari un buon vino locale se si è in una zona più tranquilla.
In definitiva, lo street food è un mondo immenso! Dipende da dove ti trovi, dai gusti, dal momento… è un’avventura gastronomica ad ogni angolo di strada.
Quali autorizzazioni per lo street food?
Oddio, le autorizzazioni per lo street food! Un incubo burocratico, te lo dico io! Ricordo ancora il casino che ho combinato per aprire il mio chiosco di panini a Firenze, nell’estate del 2023.
Prima di tutto, il Comune: un iter lungo e tortuoso. Bisognava presentare un progetto dettagliato, con tanto di disegni tecnici del chiosco, ubicazione precisa, pianta del posizionamento, orari di apertura, e chissà cos’altro. Poi l’attesa, settimane di ansia, telefonate infinite all’ufficio competente. Sembrava impossibile. Alla fine, il permesso di occupazione suolo pubblico. Un sollievo! Ma non era finita lì.
- Permesso comunale per l’occupazione di suolo pubblico.
- Certificazione di agibilità del locale, o meglio, del mio chiosco.
- Iscrizione alla Camera di Commercio.
Poi l’ASL: la parte peggiore! I controlli erano meticolosi, scrupolosi. Ogni minimo dettaglio sulla preparazione dei panini era sotto osservazione. Dovevo dimostrare la provenienza di ogni singolo ingrediente, avere le certificazioni di sicurezza alimentare per tutto, dal prosciutto ai pomodori. E i piani di autocontrollo HACCP, un mostro! Ho passato notti insonni a compilarli, mi sembrava di dover laurearmi in scienze alimentari! Infine, l’autorizzazione sanitaria. Un peso enorme tolto dalle spalle, ma quanta fatica!
- Autorizzazione sanitaria ASL (fondamentale, la più difficile).
- Documentazione HACCP (autocontrollo, essenziale).
- Certificazioni di provenienza degli alimenti.
Ricordo ancora la tensione quel giorno, quando finalmente ho visto il sigillo dell’ASL sul mio documento. Ero esausto, ma felice. È stata una vera maratona, ma ne è valsa la pena. Aprire il mio chiosco è stata una delle esperienze più gratificanti della mia vita, anche se il percorso è stato lungo e stressante. Ora, vado avanti con orgoglio e competenza, ma non dimentico mai tutto quello che ho passato.
Per finire, una cosa importante: ho dovuto aggiornare tutta la documentazione a inizio 2024, per ottemperare nuove normative. Un’altra corsa contro il tempo.
Cosa vendere in uno street food?
Che casino, scegliere cosa vendere per lo street food! A Roma, quest’estate, ho visto un sacco di cose. Panzerotti fritti, quelli classici, ma anche ripieni di roba strana… tipo Nutella e fragole. Un’idea folle, ma li compravano tutti! Ero a Trastevere, giugno, faceva un caldo boia. Ricordo l’odore di frittura nell’aria, un misto di mozzarella e… non so, qualcosa di dolce. Ero lì, con il mio gelato, a guardare la fila chilometrica, un po’ invidioso, un po’ divertito.
Poi, vicino al Pantheon, c’erano queste crepes, giganti, con mille gusti. Dolci, salate, al cioccolato, al pistacchio, al salmone… un’esplosione di colori e sapori. Mi sono detto: “Ecco, questa è un’idea vincente”. Ma il problema è la concorrenza, ovviamente.
- Panzerotti classici e fusion (Nutella e fragole)
- Crepes, dolci e salate, vasta gamma di gusti
- Piadine, sempre un classico, ma con ripieni originali
A Napoli, invece, un mio amico ha aperto un chiosco di arancini. Classici, ma di qualità eccellente, con il ragù fatto in casa dalla nonna. Una follia, ma un successo pazzesco. Lui è partito da zero, ha investito tutto, ma adesso… guadagna bene. E poi ho visto pure focacce ripiene con prosciutto e mozzarella di bufala, un’esplosione di gusto…
- Arancini, classici e di qualità superiore
- Focacce ripiene, con ingredienti tipici regionali
La cosa più importante è la qualità degli ingredienti. Non posso saperlo di preciso se i prodotti fusion siano il trend giusto ma a me sembrano belli e di impatto. A occhio, credo che la chiave sia l’originalità: un prodotto semplice ma fatto bene, con un tocco di innovazione.
E poi, ovviamente, la location è fondamentale. Trastevere, il Pantheon… posti turistici, ma anche quartieri frequentati, università… bisogna fare delle ricerche di mercato. Insomma, un casino. Ma è un lavoro stimolante!
Quanto si guadagna con uno street food?
Margini netti tra il 15% e il 30%. Fatturato annuo? Diciamo 150k. Profitti? Tra i 22.500 e i 45.000. Dipende da cosa vendi, dove e come lo vendi.
- Località: Un chiosco a Milano non rende come uno in Calabria. Costi diversi, clientela diversa.
- Prodotto: Panino gourmet o arancino fritto? Il primo ha margini maggiori, il secondo volumi.
- Gestione: Sprechi zero, acquisti intelligenti. Altrimenti addio margine.
Io, anni fa, con un food truck di cucina siciliana, in alta stagione arrivavo anche al 35%. Ma lavoravo 16 ore al giorno. Sacrifici.
Quanto costa avviare uno street food?
Quanto costa avviare uno street food… eh, bella domanda.
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Direi che tra i 20.000 e i 75.000 euro… ci balla dentro un mondo, lo so. Dipende da mille cose.
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Coprire i primi mesi, ecco la chiave. Almeno 3, ma 6 sarebbe oro.
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Penso sempre a quel chiosco di panini vicino al liceo… partirono in due, quasi senza niente. Ma avevano un’idea fortissima. Non so, forse è quello che conta davvero.
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Poi, ovvio, il furgone attrezzato, le licenze… sono bei soldini. E se sbagli la location, sono soldi buttati.
Cosa ci vuole per vendere cibo per strada?
Cosa ci vuole per vendere cibo per strada…mhm…
- Licenza B, ecco cosa serve, me lo ricordo come fosse ieri quando mio cugino provò a vendere panini fuori dallo stadio…un casino burocratico.
- E poi la Partita Iva. Un incubo, te lo giuro. Ricordo ancora le notti insonni di mio zio con il commercialista, che mal di testa.
- Ah, quasi dimenticavo, iscrizione alla Camera di Commercio e all’INPS. Praticamente diventi schiavo dello Stato… un po’ triste a pensarci.
- Niente requisiti specifici, per fortuna, almeno quello… ma la burocrazia… la burocrazia ti divora. Ricordo che mio padre diceva sempre “In Italia è più facile fare che disfare”, quant’era vero.
- Attività commerciale ambulante non alimentare non richiede particolari caratteristiche.
Te lo dico, forse non ne vale la pena. Troppi grattacapi, troppe tasse. Meglio un lavoro tranquillo, anche se meno redditizio. Forse…
Che licenza serve per vendere cibo?
Oddio, che casino con queste licenze! A Luglio, volevo aprire un piccolo chiosco vicino al mare a Ostia, vendendo granite e gelati artigianali, roba fatta da mia nonna, una ricetta segreta, eh! E lì è iniziato il calvario. Ho girato per uffici comunali, per ore, sentivo un sacco di “non so”, “non è di mia competenza”.
Un incubo! Alla fine, dopo un mese, ho scoperto che non serve nessuna licenza specifica per vendere cibo confezionato, tipo barrette o biscotti. Ma per i gelati, la granita fresca, quella è un’altra storia. Mi sono sbattuto, ma alla fine ho mollato. Troppo stress, troppe scartoffie.
- Prodotto: Gelati e granite artigianali (non confezionati)
- Luogo: Chiosco a Ostia (Roma)
- Tempo: Luglio 2024
- Licenza: Nessuna, ma regolamenti igienico-sanitari da rispettare. Un macello!
Per i prodotti confezionati, tipo pacchetti di biscotti, niente, zero patenti. Ma attenzione, bisogna stare attenti alle norme igieniche, controlli ASL, roba seria. Pensa che una volta ho letto di un tipo che ha preso una multa salata perché aveva un problema con la temperatura di conservazione. Un incubo!
Per il cibo fresco tipo quello che vendevo io… è un pasticcio, un vero pasticcio. Bisogna informarsi bene con il comune, perché cambia da zona a zona, da regolamento a regolamento. Un casino. Ero pronto a buttare la spugna. Mai più!
Quanti soldi ci vogliono per aprire un food truck?
Ecco, sai… mi chiedevo proprio l’altro giorno quanto costasse aprire ‘sta benedetta cucina su ruote.
- 30-35 mila euro: mi pare una cifra sensata, se vuoi fare le cose per bene. Non vorrei mica che la gente scappasse a gambe levate vedendo il mio food truck!
Poi, pensandoci bene, ci sono mille cose da considerare.
- Il camion stesso: usato o nuovo? Già attrezzato o da allestire? Io lo vorrei tutto colorato, magari con disegnato un fenicottero gigante… ma chissà quanto mi costerebbe.
- Le attrezzature: forno, fornelli, frigorifero… tutte cose che consumano un sacco, accidenti.
- Permessi e licenze: quella è sempre una rogna, te lo dico io. Ma bisogna fare tutto in regola, sennò son dolori.
- Materie prime: e lì dipende da cosa vuoi cucinare. Io vorrei fare i panzerotti pugliesi, come quelli che faceva mia nonna. Mi ricordo ancora il profumo…
E poi c’è la benzina, l’assicurazione, il commercialista… un sacco di spese nascoste. Meno male che non devo pensarci io per ora. Però, sai, sognare non costa niente. Forse un giorno… chissà.
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