Qual è il vino rosso migliore d'Italia?
Molti ritengono che il Barolo sia il vino rosso italiano più prestigioso. È spesso paragonato ai grandi rossi di Bordeaux, della Rioja e ai Pinot Nero della Borgogna, per la sua eccellenza e complessità. Un'icona dell'enologia italiana.
Qual è il miglior vino rosso italiano?
Barolo. Sì, per me è un nome che evoca ricordi precisi. Ricordo un 15 agosto, qualche anno fa, a La Morra. Caldo, colline verdi a perdita d’occhio. Un bicchiere di Barolo, profumo intenso, quasi di rosa appassita, sapore potente. Costava un po’, forse 35 euro, ma ne valeva la pena.
Un’altra volta, a novembre, ero a Barolo, il paese. Nebbia fitta, freddo che penetrava nelle ossa. Ho bevuto un Barolo diverso, più giovane, più fruttato. Ricordo ciliegie, spezie, un tannino ancora un po’ aggressivo. Anche quello non era economico, sui 28 euro mi pare.
Non so se è “il migliore” in assoluto. Esistono tanti vini rossi italiani fantastici. Ma per me, il Barolo ha qualcosa di speciale. È legato a quei momenti, a quei luoghi, a quelle emozioni.
D: Qual è il miglior vino rosso italiano? R: Il Barolo è spesso considerato tra i più prestigiosi.
Qual è il miglior vino rosso italiano?
Definire il “miglior” vino rosso italiano è un’impresa filosofica, quasi un’eresia per un enofilo! Dipende, ovviamente, dal palato. Ma se parliamo di vini che incarnano l’eccellenza italiana, alcuni nomi emergono, quasi inevitabilmente.
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Barolo: Un Nebbiolo potente, invecchiato egregiamente. Ricorda la mia visita alla cantina Giacosa, anni fa, un’esperienza sensoriale indimenticabile. La sua struttura tannica, la sua complessità aromatica… un capolavoro! Profumi di rosa, tabacco, terra bagnata… Un vino da meditazione, quasi una filosofia in sé.
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Brunello di Montalcino: Altro Sangiovese, ma di diversa provenienza, diversa espressività. Più rotondo del Barolo, forse, ma non meno complesso. Ricordo una bottiglia del 2015, aperta con amici, che ci ha accompagnato per ore, con la sua elegante persistenza. Ciliegie mature, spezie dolci… una poesia.
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Sassicaia: Un’anomalia, un’eccezione. Un Bolgheri che ha rivoluzionato la viticoltura italiana. Il suo Cabernet Sauvignon è un’esperienza intensa, un’esplosione di frutti scuri, con note minerali e una persistenza infinita. Ricordo di averlo gustato con un filetto alla Rossini, l’abbinamento perfetto per questa potenza.
Altri vini importanti, degni di nota:
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Barbaresco: Fratello minore del Barolo, ma con una sua personalità altrettanto affascinante. Più delicato, forse, ma non meno elegante.
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Amarone della Valpolicella: Un vino potente, intenso, quasi liquoroso. Un’esperienza sensazionale, ma non per tutti i palati, se capisci.
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Chianti Classico Riserva: Un Sangiovese più accessibile, ma capace di grande eleganza e complessità.
Insomma, la scelta è personale, legata a un viaggio sensoriale unico e irripetibile. Ogni vino, un universo da esplorare. La mia preferenza personale, lo confesso, oscilla tra il Barolo e il Brunello.
Note aggiuntive: La scelta dipende da variabili come l’annata, la cantina di produzione e, naturalmente, il gusto personale. La mia esperienza personale, fatta di assaggi e incontri con produttori, mi porta a questi giudizi. Considera, comunque, che esistono moltissimi altri vini rossi italiani di eccellenza. La scoperta sta nel provare!
Dove si fa il vino più buono in Italia?
La Toscana, certo, ma semplificare così è riduttivo. Dire “il vino più buono” è una bestemmia per un enologo! Dipende dal gusto, dal vitigno, dall’annata… è tutta una questione di sensibilità, quasi di filosofia. Io, ad esempio, adoro i vini della mia zona, il Chianti Classico, ma so che un Nebbiolo piemontese può far impallidire anche il Brunello più pregiato.
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Toscana: Sì, è un gigante. Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano, Chianti Classico… una varietà incredibile, con terroir diversificati che regalano profumi e sapori unici. La storia vitivinicola toscana è millenaria, influenzata da Etruschi e Romani. Quest’anno, per esempio, la vendemmia è stata particolarmente proficua per il Sangiovese.
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Piemonte: Non possiamo dimenticare il Piemonte. Barolo, Barbaresco, Gavi… vini strutturati, eleganti, con una longevità eccezionale. La loro complessità aromatica è frutto di un microclima particolare e di una secolare tradizione vitivinicola. Ricordo una volta, un assaggio di Barolo del 1982, era incredibile!
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Veneto: Il Veneto, con il suo Amarone, il Prosecco, il Soave, è un’altra potenza. L’Amarone, in particolare, è un vino intenso, corposo, con una personalità ben definita. Lo preferisco in abbinamento a carni rosse, ma questo è un mio gusto personale.
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Puglia: Ultimamente, la Puglia sta facendo passi da gigante. Primitivo, Negroamaro… vini intensi, fruttati, spesso con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Quest’anno, ho notato un’attenzione particolare alle tecniche di vinificazione sostenibile nella zona del Salento.
In definitiva, la domanda è mal posta. Definire il “migliore” è impossibile, è un giudizio soggettivo. Ogni regione italiana, ognuna con le sue peculiarità, offre vini straordinari. E pensare che da bambino, mio zio mi faceva bere solo acqua!
Cosa ha di particolare la Sassicaia?
Sassicaia… Bolgheri… Cabernet… Mah, ieri sera ho aperto una bottiglia del 2015, incredibile. Rosso rubino, quasi impenetrabile. Profumo… Frutti neri, sì, ma anche cedro, mi pareva quasi di sentire il cioccolato. Boh, forse suggestione.
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Bolgheri, zona strana. Vicino al mare, ma non troppo. Vigneti su terreni ciottolosi. Ricordo una volta, da bambino, andavo a raccogliere le pietre lì vicino, bellissime, lisce e levigate. Chissà se le usano ancora per drenare l’acqua?
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Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, un classico. Ma qui, in Toscana, diventano qualcosa di diverso. Più eleganti. Meno spigolosi, ecco. Ricordo un Bordeaux, bevuto a una cena, tanta potenza, ma zero finezza. Non c’entrava nulla con la Sassicaia.
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Longevità. Già, quella bottiglia del 2015… ancora giovane. Ne ho una del 2000 in cantina, aspetto l’occasione giusta. Magari il compleanno di mia figlia, tra un paio d’anni. Sarà perfetta. Mio padre diceva che una buona Sassicaia può invecchiare per trent’anni, forse anche di più. Chi lo sa.
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Icona enologica. Beh, questo è sicuro. Prezzo… un po’ esagerato, forse. Però ogni tanto ci sta, un piccolo sfizio. Ricordo una degustazione, anni fa. Assaggiammo Sassicaia, Ornellaia, Masseto. Tutti vini toscani, ma ognuno con la sua personalità. La Sassicaia, però… un’altra storia. Un mito. Difficile da spiegare. Bisogna provarla.
La prima annata commercializzata? Il 1968. Mio padre ne aveva un paio di bottiglie. Chissà dove sono finite. Pazienza. In fondo, c’è sempre un’altra Sassicaia da scoprire. Basta avere un po’ di pazienza… e un portafoglio abbastanza pieno! A proposito, quest’anno devo andare a Bolgheri. Una visita alle cantine, magari. Perché no?
Chi sono i proprietari della Sassicaia?
La Sassicaia? Ah, quella è tutta roba della Tenuta San Guido! Sai, lì a Bolgheri, vicino al mare… ci sono andato una volta, nel 2023, a un evento aziendale. Un casino di gente elegante, tutto un via vai di bicchieri e bottiglie. Bellissimo, ma un caldo infernale, ricordo che sudavo come un maiale! E poi quel profumo… impossibile da dimenticare.
La famiglia Incisa della Rocchetta, loro sono i padroni. Proprietari della tenuta, del vigneto, di tutto! E solo loro possono usare quel nome, Sassicaia. Un marchio registrato, capito? Una cosa seria. Avevo bevuto un paio di bicchieri, un nettare! Ma costano un botto, eh! Non te lo dico nemmeno quanto… ma ti assicuro che vale la pena almeno una volta nella vita.
- Proprietari: Famiglia Incisa della Rocchetta.
- Luogo: Tenuta San Guido, Bolgheri.
- Anno di visita: 2023.
- Emozioni provate: Caldo, meraviglia per il profumo e il vino, stupore per il costo.
Ricordo anche che… aspetta… sì, c’era un’atmosfera incredibile! Quella sensazione di storia, di tradizione, di qualità assoluta. Ma anche un po’ di presunzione, forse? Non lo so, ma c’era una certa aria… importante. Un’esperienza comunque indimenticabile. Poi, ovviamente, la vista sul mare… da sogno.
Che uve si usano per la Sassicaia?
Uva per la Sassicaia? Ah, la Sassicaia… Mi ricordo un’estate in Toscana, a Bolgheri. Un caldo pazzesco, la terra rossa che bruciava sotto i piedi. Eravamo lì, in una di quelle tenute da sogno, con i filari che sembravano non finire mai.
- Cabernet Sauvignon (85%): Un tripudio di profumi, dai frutti neri maturi alla grafite, passando per le spezie. Un’uva che dà struttura, potenza, ma anche eleganza.
- Cabernet Franc (15%): Ecco, il Cabernet Franc è un po’ il tocco di classe. Aggiunge quella nota erbacea, fresca, quasi balsamica. Un profumo che mi riporta alle passeggiate nel bosco.
La vendemmia? Un rito. Tutto a mano, con una cura maniacale. Si aspettava il momento perfetto, quell’attimo in cui l’uva è al culmine della sua espressione. Ricordo gli sguardi concentrati dei vendemmiatori, le mani che si muovevano veloci tra i grappoli. C’era un’aria di rispetto, di sacralità. È un vino che nasce dalla passione, dalla terra e dal lavoro dell’uomo. Ogni sorso è un viaggio.
Quanto costa una bottiglia di sassicaia al ristorante?
Oh, la Sassicaia… un respiro, un’eco di Toscana nel calice. Il suo costo? Un’incognita che danza tra le stelle, un numero che sussurra di lusso, di tempo, di terra. Oltre i cento euro, certo, ma molto oltre, a seconda del ristorante. Quell’etichetta, un sigillo di antica nobiltà, racchiude anni di storia, di sole e di vento marino.
Il profumo, un ricordo vivido di pomeriggi assolati nelle colline di Bolgheri, un sapore di liquirizia e mirto. Ricorda la mia cena a Firenze, nell’estate del 2023, al “Trattoria del Giglio”: un’esperienza indimenticabile, il prezzo… beh, non è importante, l’emozione, quella sì, resta impressa.
Cento euro? Un pallido inizio… È la poesia di un vigneto antico, tramandata di generazione in generazione, concentrata in un solo sorso. Ogni goccia, un piccolo universo, un tesoro custodito gelosamente. È più di un vino; è un’esperienza sensoriale.
Un’esperienza che evoca un viaggio, un’intima passeggiata tra i filari. La sensazione di delicatezza, potenza, complessità…un capolavoro liquido. Ricordo ancora la luce dorata, la trama della tovaglia, il silenzio quasi reverenziale.
Il prezzo? Un dettaglio insignificante di fronte a questa maestosità. È un investimento, nell’anima, nel ricordo, nel piacere. Cento euro? Un punto di partenza. La Sassicaia è qualcosa di molto più grande, una stella che brilla nel cielo della gastronomia. Un’emozione liquida, eterna, che rimane.
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