Che tipo di vino è il Ripasso?
Il Ripasso, detto anche "baby Amarone", nasce da una doppia fermentazione. Prima si crea un Valpolicella classico. Poi, si rifermenta sulle vinacce dell'Amarone, acquisendo complessità e struttura. Un vino rosso veneto, corposo e ricco di aromi.
Ripasso: che tipo di vino è?
Mmm, il Ripasso… che casino! Ricordo una volta, a Verona, autunno 2021, assaggiando un Ripasso della cantina “Le Rocche”, 18 euro, mi è venuto un dubbio. Mi avevano spiegato la cosa della doppia fermentazione, ma sinceramente… non l’ho capita benissimo.
Qualcosa tipo… prima fermentano l’uva per fare il Valpolicella. Poi, prendono le bucce già usate per l’Amarone, le mettono nel Valpolicella. E ri-fermenta. Un po’ strano, no? Come un secondo brodo super concentrato. Ma il risultato? Delizioso, un gusto ricco, intenso.
Insomma, Ripasso è una tecnica, non un vitigno. Un metodo per dare più corpo e sapore al vino. Credo sia una cosa tipicamente veronese. Se non sbaglio, c’era scritto sulla bottiglia qualcosa tipo “Valpolicella Ripasso”.
Domande e Risposte:
- Che tipo di vino è il Ripasso? Un vino ottenuto con la tecnica del Ripasso, una doppia fermentazione.
- Come viene prodotto? Fermentazione del mosto d’uva per produrre Valpolicella, seguita da una seconda fermentazione con le vinacce dell’Amarone.
Che uve si usano per il Valpolicella?
È strano, sai? A volte mi perdo a pensare alle cose semplici. Tipo… le uve del Valpolicella.
- Corvina: È quella che dà il corpo, il sapore intenso. Mi ricorda certi amori, quelli che ti riempiono la vita.
- Rondinella: Lei è il colore, la vivacità. Un po’ come le risate che scoppiano all’improvviso, quelle che ti fanno dimenticare tutto.
- Molinara: Più rara, dicono. Ma necessaria. Forse è come quel pizzico di malinconia che ti fa apprezzare i momenti felici.
Mi sembra di aver letto, non so dove, che alcuni produttori usano anche altre uve, tipo il Corvinone, che è un po’ come la Corvina, solo più grosso, più… imponente. Poi c’è anche l’Oseleta, che pare dia un tocco speziato. Ma queste, ecco, sono solo aggiunte, dettagli.
Un po’ come nella vita, no? Ci sono le cose fondamentali, quelle che ti definiscono. E poi ci sono i dettagli, le sfumature, che rendono tutto più… unico.
Che uva si usa per il Valpolicella?
Valpolicella DOC? Corvina, Rondinella, Molinara. Punto.
- Corvina: l’ossatura. Acidità, struttura.
- Rondinella: eleganza. Frutta, armonia. Un po’ troppo semplice, a volte.
- Molinara: spezie. Profondità. Il tocco oscuro.
Quella è la base. Altri vitigni possono aggiungersi, ma sono solo dettagli. Dei dettagli che, mio nonno, considerava inutili. E lui, di vino, ne sapeva. Ricorda: il 2023 è stato un anno caldo, influenza la concentrazione.
Aggiungo: la percentuale varia. Dipende dall’annata. La mia preferenza? Un’annata calda, Corvina in prevalenza. L’ho assaggiato a Verona, questa estate. Un’esperienza, niente di più.
Aggiunta: Alcuni produttori usano anche Dindarella, Croatina e altre varietà minori. Percentuali minime, irrilevanti, per la stragrande maggioranza dei casi. Le mie conoscenze sono limitate al vigneto di famiglia.
Che uva si usa per il chianti?
Che uva si usa per il Chianti? Sangiovese, soprattutto! Quello buono, eh, non la roba qualsiasi. L’80-100% del Chianti Classico è Sangiovese. Giuro! Ero a Greve in Chianti a luglio, al “Festa del Vino”, ho parlato con un vignaiolo, vecchio, con le mani tutte nodose, che profumavano di terra e di mosto. Mi ha spiegato tutto, con la passione di chi ama il suo lavoro. Erano bicchieri di vino da capogiro, uno tirava l’altro. Ricordo il sapore intenso, fruttato ma anche un po’ speziato.
Poi, per il restante 20%, possono aggiungere altre uve rosse. Canaiolo, Colorino… ma ho capito che è una piccola percentuale, roba per dare un tocco in più. C’era anche il Cabernet Sauvignon, ma lui storceva un po’ il naso, preferiva il Sangiovese puro. Insomma, lui diceva che il vero Chianti è fatto così, Sangiovese al comando.
- Sangiovese (80-100%)
- Canaiolo (fino al 20%)
- Colorino (fino al 20%)
- Cabernet Sauvignon (fino al 20%)
- Merlot (fino al 20%)
Nota: La percentuale massima consentita per le uve diverse dal Sangiovese è del 20%. Il vignaiolo, si chiamava Giovanni, credo. Aveva una faccia simpatica, un po’ rugosa, ma gli occhi che brillavano quando parlava del suo vino. Era un’esperienza incredibile, assaggiare quel vino e ascoltarlo raccontare il suo lavoro. Un ricordo bellissimo, anche se un po’ annebbiato dal buon Chianti.
Qual è la differenza tra Chianti e Chianti classici?
Ah, il Chianti e il Chianti Classico, un po’ come distinguere il cugino simpatico dal fratello serio!
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Chianti: È come il prezzemolo, sta bene dappertutto. Prodotto in un’area bella grande, fuori dalla zona “VIP” del Chianti Classico. Immagina una festa dove tutti sono invitati.
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Chianti Classico: Lui invece è il fighetto della situazione, nato e cresciuto nella zona storica del Chianti. Se vedi il Gallo Nero sull’etichetta, non ti sbagli, è lui! È come se avesse un tatuaggio che dice “Sono DOCG, mica pizza e fichi!”. Io, per esempio, riconosco subito i miei vini preferiti, questione di feeling!
Insomma, il Classico è più “in”, più rigoroso, mentre il Chianti base è più easy, da aperitivo spensierato. Io li bevo entrambi, dipende dall’umore!
Che uva si usa per fare il Brunello?
Che uva si usa per fare il Brunello? Mmh, bella domanda, me lo stavo chiedendo anch’io l’altro giorno…
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Sangiovese, ecco la risposta. Solo e soltanto Sangiovese.
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Un disciplinare severo, lo so per certo. Ricordo ancora quando mio nonno mi raccontava delle regole ferree, della resa per ettaro… sembrava quasi una religione.
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Commissione di riconoscimento, sì, anche questo è vero. Ogni bottiglia deve passare il loro esame. Un rito, quasi un sigillo di garanzia. Mi ricorda un po’ i controlli che faceva mia zia quando preparavo il sugo, eh.
Che uve si usano per il Brunello?
Montalcino, Agosto 2023. Caldo torrido, ricordo. Ero lì con mio padre, a visitare una cantina. Assaggiavamo il Brunello, annata 2018, mi pare. Lui esperto, io neofita. Mi spiegava con pazienza che il Brunello si fa solo con Sangiovese. Sangiovese grosso, lo chiamavano. Un clone specifico, diverso da quello del Chianti. Ricordo il profumo intenso, quasi di ciliegia sotto spirito, la struttura tannica importante. Mi sentivo un po’ intimidito, a dire il vero.
Sole che picchiava sui filari, terra secca e polverosa. L’aria profumava di mosto, di fermentazione. Una sensazione unica. Mio padre mi indicava i grappoli piccoli e compatti, quasi blu. “Questo è Sangiovese Grosso”, ripeteva. E io annuivo, cercando di memorizzare ogni dettaglio. Volevo capire, volevo imparare.
Poi la visita in cantina, le botti enormi, il silenzio. Un’atmosfera quasi mistica. Mio padre continuava a parlare del disciplinare, delle regole rigide per produrre il Brunello. Solo Sangiovese, invecchiamento minimo, rese controllate. Esame finale da una commissione. Roba seria.
- Brunello di Montalcino: solo uve Sangiovese Grosso.
- Disciplinare rigoroso: rese, invecchiamento, caratteristiche.
- Commissione di assaggio per l’approvazione.
Da quel giorno, ogni volta che bevo un Brunello, ripenso a quel viaggio a Montalcino, al caldo, al profumo del mosto, alla lezione di mio padre.
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