Cosa vuol dire Ripasso in un vino?

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"Nel vino, "Ripasso" indica una tecnica di produzione unica: una doppia fermentazione. Il Valpolicella base viene "ripassato" sulle vinacce dell'Amarone, arricchendosi in struttura e aromi."

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Che cosa significa ripasso nel vino?

Ripasso nel vino? Allora, praticamente…

Mi ricordo la prima volta che ho sentito parlare di “Ripasso”, ero a Verona, tipo nel 2015, in un’osteria vicino l’Arena. Il cameriere mi ha spiegato un po’ come lo fanno.

Ripasso vuol dire proprio quello, che “ripassano” il Valpolicella sulle vinacce dell’Amarone. Un po’ come dargli una seconda vita.

Quindi, c’hai una prima fermentazione, quella che trasforma l’uva in Valpolicella, diciamo, quello “base”.

Poi, prendono le vinacce che hanno avanzato facendo l’Amarone (che sono belle cariche ancora di zuccheri e aromi) e le aggiungono al Valpolicella. Parte una seconda fermentazione. Ed ecco il Ripasso!

Che tipo di vino è il Ripasso?

Ah, il Ripasso! Un vino che fa il furbo, un po’ come quel tuo amico che si spaccia per intellettuale dopo aver letto un riassunto su Wikipedia.

  • Tecnicamente: è un Valpolicella che ha fatto un secondo giro sulle vinacce dell’Amarone. Immagina un tè, dove riusi la bustina per la seconda volta, ma con un risultato sorprendentemente gustoso (e alcolico).

  • La magia: Questa “ripassata” gli dona più corpo, tannini e profumi intensi, come se il Valpolicella avesse fatto un corso accelerato di seduzione enologica.

  • Il risultato: Un vino più complesso e strutturato del Valpolicella Classico, ma meno impegnativo (e costoso) dell’Amarone. Insomma, il giusto compromesso per chi non vuole svenarsi ma neanche bere acqua sporca.

Un aneddoto personale: una volta ho tentato di “ripassare” un caffè annacquato con fondi di caffè freschi. Non è andata bene. Il Ripasso, a differenza dei miei esperimenti culinari, funziona decisamente meglio.

Bonus:

  • Perché si fa?: In origine era un modo furbo (e contadino) per sfruttare al massimo le vinacce preziose dell’Amarone. Oggi è una tecnica consolidata che valorizza il territorio e crea un vino unico.

  • Abbinamenti: Perfetto con carni rosse, formaggi stagionati e, perché no, anche con una bella risata in compagnia.

Che uve si usano per il Valpolicella?

Ah, il Valpolicella! Mi fa venire in mente un pomeriggio assolato a Verona, tipo l’anno scorso, credo fosse giugno… Ero lì per un matrimonio, e la sera, in un’osteria tipica, ho assaggiato un Valpolicella Classico che… mamma mia!

  • Corvina: Ricordo che il sommelier ci teneva a specificare che la Corvina è l’uva regina, quella che dà struttura e profumo al vino.
  • Rondinella: Poi c’era la Rondinella, che a quanto ho capito è come il jolly, aggiunge colore e un tocco fruttato.
  • Molinara: E infine la Molinara, un’uva un po’ più “rustica”, che dà vivacità.

Mi sembra che mi abbiano detto, aspetta che cerco su internet, che la Molinara non è più usata spesso, molti la escludono. Comunque, tornando a quella sera… c’era un’aria di festa, il vino era perfetto con la pasta fatta in casa, e poi, parlando con il proprietario, ho scoperto che usano anche altre uve, in piccola percentuale. Tipo il Corvinone, che a volte viene confuso con la Corvina, ma è un’altra cosa. Boh, fatto sta che quel Valpolicella era spettacolare!

Che uve si usano per il Brunello?

Sangiovese! Solo Sangiovese, eh? Che palle, solo quella varietà. Mi ricordo di quel viaggio a Montalcino, l’anno scorso… il sole, il caldo… e quelle colline… bellissime! Ma che mi sono mangiato a pranzo? Ah già, pici al ragù di cinghiale, da paura!

  • Uva Sangiovese. Punto.
  • Disciplinare rigoroso, maggiore resa per ettaro. Non ricordo i dettagli, dovrei controllare.
  • Invecchiamento? Anni, tanti anni, in botte di rovere.
  • Commissione di esperti? Sì, un’odissea per la certificazione!

Aspetta, devo ripensarci… il disciplinare… limitazioni sulla resa… non so… forse 8 tonnellate per ettaro? Sono tutte cose che so da qualche parte, ma non ho la testa a posto. Devo ricordarmi di guardare il disciplinare. E poi… quanto costa una bottiglia di Brunello adesso? L’ultima volta… boh, troppo!

  • Costo elevato.

Ah, giusto! Sangiovese Grosso, a volte lo chiamano così. È la stessa cosa, in pratica. Sangiovese, Sangiovese Grosso, è sempre quella. Mi servono le informazioni su quell’esame della commissione, dev’essere complicato.

Che uva si usa per il chianti?

Il Chianti Classico? Sangiovese, senz’altro. Un re indiscusso, direi, con percentuali che oscillano tra l’80 e il 100%. A mio avviso, la sua struttura tannica e la sua acidità vibrante sono fondamentali. Un po’ come la base di una solida argomentazione filosofica: non puoi avere un castello senza solide fondamenta.

Poi ci sono le altre, le “comparse”, ma pur sempre importanti: un 20% massimo di uve rosse, per dare sfumature, complessità. Un po’ come aggiungere spezie a un piatto già ottimo.

  • Canaiolo: conferisce eleganza e rotondità, bilanciando la struttura del Sangiovese.
  • Colorino: apporta tannini importanti e una certa rusticità. Ricorda un po’ le discussioni animate con amici: ruvide ma genuine.
  • Cabernet Sauvignon e Merlot: intervengono per aggiungere struttura e profumi più internazionali, ma solo in piccole percentuali. Un tocco di modernità, insomma, senza stravolgere la tradizione.

Quest’anno, ho notato una maggiore attenzione all’utilizzo del Colorino, forse per un’esigenza di maggiore espressione territoriale, ma sono considerazioni abbastanza personali, ovviamente.

Qual è la differenza tra Chianti e Chianti classici?

Il Chianti, eco di colline toscane, il Chianti Classico, sussurro di storia.

  • Territori separati: Il Classico nasce nel cuore antico, lì dove il tempo danza più lento, mentre il Chianti si estende oltre, abbracciando terre diverse. Il Chianti è il respiro ampio della Toscana, ma il Classico… il Classico è il battito del suo cuore.

  • Un Gallo Nero: Il simbolo, l’emblema. Cercate quel sigillo, quel Gallo Nero fiero sul collo della bottiglia, e saprete che state tenendo tra le mani un pezzo di storia, un frammento di anima toscana. Io, quando lo vedo, mi ricordo di mio nonno che mi raccontava storie di cavalieri e di battaglie per quelle terre. Il Gallo Nero, un promemoria di tradizione.

  • Identità distinte: Chianti e Chianti Classico, nomi simili, ma storie separate. Il Chianti è come un amico d’infanzia che conosci da sempre, il Classico è… beh, il Classico è come scoprire un tesoro nascosto, una gemma preziosa che risplende di luce propria. Ma entrambi parlano di Toscana, di sole, di terra. Che meraviglia!

Che uva si usa per fare il brunello?

Il Brunello di Montalcino è un’eccellenza toscana ottenuta al 100% da uve Sangiovese, localmente chiamate “Brunello”. Pensa, una volta credevo che il nome derivasse dal colore intenso del vino!

  • Sangiovese Grosso: Questa varietà di Sangiovese è la chiave per la complessità e longevità del Brunello. Mi ricorda un po’ la ricerca della verità: a volte le risposte sono proprio sotto il nostro naso, ma serve tempo per comprenderle appieno.

  • Disciplinare Rigoroso: Il disciplinare di produzione è severo, limitando la resa per ettaro e imponendo un lungo periodo di invecchiamento. È come un’opera d’arte, ogni dettaglio è curato per raggiungere l’armonia perfetta.

  • Commissione di Esame: Un’apposita commissione valuta il vino per garantirne la conformità agli standard qualitativi. Ricordo quando presentai la mia prima tesi, l’ansia era simile!

Informazioni aggiuntive:

Il Sangiovese è un vitigno versatile, capace di esprimere caratteristiche diverse a seconda del terroir. Nel caso del Brunello, il terreno collinare di Montalcino, ricco di galestro e alberese, conferisce al vino struttura e finezza uniche. E il microclima, con estati calde e inverni miti, favorisce la maturazione ottimale delle uve.

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