Perché il prosciutto crudo costa tanto?

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Il costo elevato del prosciutto crudo dipende da diversi fattori. Principalmente, la normativa italiana sull'allevamento, più rigorosa rispetto ad altri paesi, incide sul prezzo finale. Distinzione tra mercato estero e nazionale è cruciale.

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Perché il prosciutto crudo è così costoso?

Mmmh, perché il prosciutto crudo costa così tanto? Boh, è un casino. Ricordo di aver comprato un pezzo da 200 grammi al mercato di Parma, a Giugno 2022, mi pare costasse sui 25 euro… un furto!

Ma poi, pensandoci, la qualità si paga. In Italia, le regole per allevare i maiali sono parecchio severe, più che altrove. Controlli più frequenti, alimentazione controllata, e tutto questo influisce sul costo finale.

A volte vado al supermercato e vedo prosciutti crudi stranieri, molto più economici. Ma non hanno lo stesso sapore, la stessa consistenza, la stessa… magia del prosciutto italiano. Quella è davvero un’altra cosa.

Quindi, il prezzo alto? È una questione di norme, di selezione, di tempo… e forse anche di marketing, un pochino. Ma onestà, quel profumo, quel gusto… vale la spesa, almeno per me.

Come si riconosce un buon prosciutto crudo?

  • Aspetto: Morbidezza. Niente secchezza. Il giallo tradisce. Il colore è destino, anche nel cibo.

  • Profumo: Stagionato. Salsedine. Dolcezza. Un’eco di tempi andati. Ricorda il nonno che tornava dal mare.

  • Gusto: Un sapore che danza. Persistenza. Un equilibrio.

    • Se persiste troppo, forse mente.
    • L’equilibrio è una bugia, ma suona bene.
  • Informazioni aggiuntive:

    • Il grasso deve essere bianco candido. Non cedere a compromessi.
    • La zona della coscia più vicina all’osso è spesso la più saporita. Cercala.
    • Un buon prosciutto crudo non ha bisogno di presentazioni. Parla da solo. E costa.

Qual è il prosciutto crudo più costoso al mondo?

Mmh…il prosciutto più caro… mi viene in mente una cosa che ho letto tempo fa, forse in un articolo di una rivista che sfogliavo dal barbiere.

  • Albarragena, mi pare si chiamasse. Un pata negra, dicono sia il top.
  • Cento, forse, quelli che fanno ogni anno. Un numero bassissimo, quasi impossibile da trovare.
  • Ricordo che parlavano di una specie di certificato di purezza, basato sul DNA. Una roba da matti, per un prosciutto.

Ecco, mi sa che è quello il più caro. Una volta ho sognato di assaggiarlo, giuro. Ma poi mi sono svegliato e ho mangiato pane e salame.

Perché il jamon ibérico costa tanto?

Costo elevato Jamón Ibérico? Scarsa offerta. Punto.

  • Produzione limitata: 850.000 suini/anno. Numeri secchi. Niente romanticismo.
  • Truffe passate. Falsa pubblicità. Conseguenze? Prezzo più alto per i veri prodotti. Legge di mercato.
  • Allevamento. Ghiande. Costo elevato. Tempo. Pazienza. Non è un pollo al forno. Aspettativa di guadagno elevata.
  • Selezione genetica. Purezza. Controlli. Certificazioni. Tutto costa. Mia nonna lo sapeva.

Il mio vicino, un macellaio, dice che la qualità si paga. Certe cose non sono replicabili. La perfezione ha un prezzo. Anche mio zio, quello in pensione, lo pensa.

Magari quest’anno i prezzi sono ancora più alti, ma la scarsità si percepisce. Infatti, io stesso ho dovuto aspettare tre mesi per il mio ultimo acquisto.

Quando il prosciutto crudo non è buono?

Un giorno, a Parma, precisamente in quella salumeria dietro Piazza Garibaldi, volevo far bella figura con degli amici gourmet. Presi un etto di quello che sembrava un San Daniele da urlo. A casa, l’apocalisse!

  • Colore strano: Era di un rosso spento, quasi grigiastro, non quel rosa vivo che ti fa venire l’acquolina in bocca. Un campanello d’allarme gigante.
  • Consistenza: Troppo gommoso, sembrava plastica. Difficile da masticare, un vero disastro. Un’amica disse che sembrava “suola di scarpe”.
  • Odore: Appena aperto, un tanfo! Non so come spiegarlo, ma non profumava di cantina e sale, ma di…frigorifero vecchio. Orrore!
  • Sapore: Salato da far venire la pressione alta! Impossibile mangiarlo senza avere subito sete. Uno strazio per le papille gustative.
  • Muffa: Non si vedeva a occhio nudo, ma dopo un po’ aveva come una patina strana, un po’ appiccicosa. Bruttissimo segno!

Poi ho scoperto che quella salumeria aveva problemi con la conservazione. Un vero peccato, perché Parma è la patria del prosciutto! Da allora, sto attentissima a dove lo compro. Mai più!

Cosa cambia tra speck e prosciutto crudo?

Lo speck e il prosciutto crudo: un abisso di sapori, pur condividendo la materia prima. Entrambi, certo, derivano dalla coscia suina, sottoposta a stagionatura all’aria e salagione. Ma qui finiscono le somiglianze. Il punto focale? L’affumicatura. Solo lo speck, infatti, viene sottoposto a questo processo, conferendogli quel gusto inconfondibile, intenso e, oserei dire, quasi “fumoso”. Il prosciutto crudo, per contro, mantiene una dolcezza più delicata, legata alla sola stagionatura. È come paragonare la quiete di un lago alpino alla vivacità di un torrente di montagna.

  • Speck: Affumicato, saporito, intenso. Un sapore profondo, complesso, che ricorda la mia infanzia trascorsa nella fattoria di zio Beniamino in Trentino. Ricordo ancora l’aroma penetrante che si diffondeva nell’aria, un profumo ancestrale, quasi magico.
  • Prosciutto Crudo: Dolce, delicato, meno intenso. Un gusto più “pulito”, direi. Perfetto per chi ama sapori più sottili, meno invadenti. Come una melodia classica, rispetto alla potente sinfonia dello speck.

Quest’anno, per inciso, ho scoperto un piccolo produttore locale che usa una miscela di legni pregiati per affumicare il suo speck, creando note di sapore davvero uniche, un tocco di genialità artigianale. Un’esperienza sensoriale a dir poco memorabile. Pensate a un gioco di sfumature, un’alchimia di aromi.

Ulteriori dettagli:

  • Tipologia di sale: Anche la tipologia di sale impiegata può influenzare il gusto finale, sebbene in misura minore rispetto all’affumicatura.
  • Durata della stagionatura: Il tempo di stagionatura, ovviamente, incide sulla consistenza e sul sapore di entrambi i prodotti. Maggiore la stagionatura, più intenso il sapore e più complessa la struttura.
  • Razza del maiale: La razza del suino impiegato ha una certa rilevanza, influenzando la marezzatura e la qualità della carne.

Perché lo speck costa meno del prosciutto?

Ah, la sacra guerra tra speck e prosciutto! Un conflitto secolare, risolto solo dal portafoglio. Lo speck, mio caro, è il punk rocker del mondo salumi: un po’ ribelle, un po’ trasandato, ma con un certo appeal.

  • Carne meno nobile: Pensa allo speck come al cugino povero del prosciutto, quello che gioca a calcio a mani nude e si rovina le ginocchia in discesa per raccattare le pigne. Tagli meno pregiati, meno eleganti, ma comunque buoni! Come i miei calzini bucati, pratici ma senza il glamour del cachemire.

  • Stagionatura lampo: Il prosciutto è un maratoneta, paziente e dignitoso. Lo speck? Un velocista, tutto sprint e niente piaggeria. Meno tempo sotto sale e fumo, meno costi di mantenimento. Un po’ come me con le pulizie di casa – rapidità e massima efficienza.

In definitiva, lo speck è l’opzione furba, la scelta intelligente per chi cerca gusto senza svuotare il conto in banca. E ammettiamolo, a volte un po’ di ribellione fa bene all’anima (e al portafoglio!).

Aggiunta personale: Quest’anno ho scoperto uno speck affumicato al ginepro divino, una vera rivelazione! Ne ho fatto incetta, è finito anche nelle mie lasagne. Chi lo dice che lo speck è solo per i panini?

A cosa fa bene il grasso del prosciutto crudo?

Allora, a cosa fa bene il grasso del prosciutto crudo? Te lo spiego subito, dai!

  • Grassi “buoni”: eh sì, nel grasso del prosciutto crudo ci sono un sacco di grassi insaturi. Insomma, quelli che fanno bene al cuore, tipo l’olio d’oliva. Pensa che mia nonna diceva sempre che un pezzettino di grasso fa bene, mah!

  • Certo, non esagerare! È sempre grasso e, be’, sai com’è, troppi grassi non fanno mai bene. Però, ogni tanto, un assaggio di prosciutto col suo grassetto… ci sta!

  • Un consiglio: quando compri il prosciutto, guarda bene la marmorizzazione, cioè quelle venature di grasso. Più ce ne sono, più il prosciutto è saporito! E poi, ti dirò, io il grassetto non lo butto mai, lo uso per fare il soffritto! Un sapore… pazzesco!

Che differenza cè tra Prosciutto di Parma e San Daniele?

Parma e San Daniele? Mamma mia, che casino! Uno è Parma, l’altro San Daniele… ovvio! Ma la differenza? Ah, sì, ricordo… il San Daniele è più… intenso? Forse? Già a 18 mesi è una bomba aromatica, dicono. Il Parma? Più dolce, più delicato, bisogna aspettare di più, tipo 24 mesi. Oddio, oggi mangio Parma, con il melone, adoro quella combinazione. Poi il San Daniele… è più saporito, ma meno dolce? Non so, devo ricontrollare.

  • San Daniele: Pronto prima, più aromatico. 18-20 mesi. Mi piace, ma è un po’ più caro.
  • Parma: Più dolce, matura più lentamente. 24 mesi circa. Perfetto con il melone! È quello che ho a casa, quindi lo mangio oggi!
  • Sapidità: Entrambi sono poco salati, ma il San Daniele ha più carattere. È strano perché non mi ricordo questa differenza. Boh!

Oggi preferisco il Parma. Ma domani, chissà? Potrei cambiare idea. Devo andare a fare la spesa, mi manca il pane. E poi devo chiamare mia sorella, è il suo compleanno oggi! Aspetta… qualcuno mi sta chiamando?

Aggiunte: La mia amica Francesca, grande esperta di prosciutti, mi ha detto che la differenza sta anche nella zona di produzione e nel tipo di alimentazione dei maiali. Il San Daniele ha un microclima particolare. L’allevamento poi incide sulla qualità della carne. Insomma, non è solo una questione di tempo di stagionatura. E poi c’è la forma, diversa. Il Parma ha una forma più arrotondata, mentre il San Daniele è più allungata. Lo sapevo, sono dettagli che mi sfuggivano. Mi serve un caffè!

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