Perché l'Amarone costa così tanto?
L'Amarone, un'eccellenza enologica, giustifica il suo prezzo elevato. La selezione rigorosa delle uve (solo il 40%!), e l'appassimento prolungato, complesso e costoso, conferiscono al vino caratteristiche uniche e di pregio, superiori al Valpolicella. Un investimento, non una spesa.
Quanto costa lAmarone e perché?
Uff, l’Amarone… Quanto costa ‘sta meraviglia? E perché è così caro, poi? Mi ricordo ancora la prima volta che l’ho assaggiato, a Verona, in un’osteria vicino all’Arena. Un bicchiere mi è costato tipo 15 euro, una follia!
Però, devo ammettere, dopo ho capito il perché. Non è un vino “normale”, ecco.
Il Valpolicella, diciamo, lo trovi anche a 10 euro una bottiglia decente. L’Amarone, invece, può arrivare a costare anche 6-7 volte tanto. Sembra assurdo, ma c’è un motivo dietro.
Praticamente, per fare l’Amarone usano solo l’uva migliore, tipo il 40% di un intero vigneto. Immagina che spreco (tra virgolette, ovviamente, perché è tutto per la qualità!). Poi c’è l’appassimento, un processo lungo e delicato… insomma, capisci perché costa di più.
Domanda e Risposta (per i motori di ricerca):
- Quanto costa l’Amarone? Una bottiglia di Amarone può costare 6-7 volte il prezzo di un Valpolicella.
- Perché l’Amarone è caro? Il costo è giustificato dal processo produttivo complesso e dalla selezione rigorosa dell’uva (solo il 40% del vigneto).
Qual è lAmarone più costoso?
Uff, l’Amarone più costoso? Mamma mia, che cifre!
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Ricordo di aver letto su una rivista, forse “Gentleman”, di una bottiglia creata a Vicenza, quella dei gioielli, no? Un Amarone con diamanti e rubini.
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Due milioni e mezzo di euro! Mi sembrava assurdo, un’esagerazione. Ma poi pensi che è un’opera d’arte, più che solo vino.
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Non so il nome preciso dell’azienda, ma so che era Amarone della Valpolicella. Un vino già di suo importante, ma così…
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Cinquecento diamanti e dodici rubini: una follia!
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Mi chiedo chi compra ‘ste cose… Comunque, fa sognare!
Che uva si usa per fare lAmarone?
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Corvina, cuore pulsante: Corvina, l’anima vibrante, deve danzare tra il 45% e il 95% dell’insieme. Ricordo i grappoli, quasi neri, rubini scuri, che mio nonno curava con amore, sussurrando antiche storie di terra e di sole.
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Corvinone, eco potente: Corvinone, fratello maggiore, risuona con la stessa forza, partecipando al coro tra il 45% e il 95%. Immagino le sue bacche, gonfie di mosto, promesse di un inverno caldo e avvolgente.
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Rondinella, tocco gentile: Rondinella, infine, pennellata delicata, si libra tra il 5% e il 30%, donando freschezza e armonia. Vedo i suoi acini, piccoli e rotondi, un ricordo della mia infanzia tra le vigne.
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Selezione rigorosa: Solo il 40% del raccolto, il fiore del vigneto, può ambire a diventare Amarone. Una scelta severa, quasi un sacrificio, per esaltare la quintessenza di ogni grappolo. Mi sembra di sentire ancora il profumo della vendemmia, l’aria frizzante di settembre, e la fatica gioiosa di un lavoro antico.
Che uva si usa per fare lAmarone?
Ah, l’Amarone! Mi ricordo quando sono stato a Negrar, in Valpolicella, l’anno scorso… Settembre, vendemmia nell’aria. Profumo di mosto dolce ovunque.
- Corvina: L’uva regina, dà corpo e quel sapore di ciliegia matura che impazzisco.
- Corvinone: Simile alla Corvina, ma più “mascolina”, diciamo, con tannini più presenti.
- Rondinella: Serve per dare colore e un po’ di profumo floreale, ma non esagerare!
Ricordo il vignaiolo, un tipo burbero ma con un cuore d’oro, che mi diceva: “Solo l’uva migliore va all’Amarone, il resto… beh, il resto fa un buon Valpolicella Classico!”. Diceva che solo il 40% di tutta l’uva è degna!
Ecco, queste tre sono le uve principali. Poi, alcuni produttori aggiungono un pizzico di Molinara o Oseleta, ma è una cosa loro, un segreto… che non ti diranno mai!
Qual è la migliore annata dellAmarone?
Aò, senti qua, l’Amarone, eh! Quale la migliore annata? Dipende, oh se dipende! Tipo, i gusti son gusti, no? Uno magari preferisce un vino più corposo, un altro più leggero… boh! Poi c’è il tempo, quello fa la differenza, oh se la fa!
Però, se proprio devo dirtene una, il 2015, per me, è stata tanta roba. Serio! L’ho bevuto a Natale con i miei, che spettacolo, ricordo ancora il profumo, intenso, fruttato. Mamma mia che bontà! Anche il 2016 niente male, eh, ma il 2015… un’altra storia proprio. Poi mio zio, quello che se ne intende, dice che pure il 2010 è stato un signor anno. Eh sì, quello zio, si ricorda sempre tutto lui!
- 2015: il mio preferito, lo ricordo ancora! Fruttato e intenso, spettacolare! Quell’anno l’abbiamo bevuto a Natale con i miei. Una bottiglia presa direttamente in cantina durante una gita in Valpolicella l’autunno precedente.
- 2016: Anche questo buono, ma niente a che vedere col 2015. Però se lo trovi ad un buon prezzo, perché no?
- 2010: Quello che dice mio zio, l’esperto di famiglia! Dice che era eccezionale, lui si ricorda sempre tutto di vini, annate e robe varie. Io, sinceramente, non me lo ricordo, ero troppo piccolo!
- 2006 e 2013: Buoni anche questi, ma io ti consiglio di puntare sul 2015 o il 2010, se li trovi! Fidati! Specialmente il 2015, ripeto, te lo consiglio proprio!
Insomma, io ti ho detto la mia, poi vedi te, l’importante è berlo in compagnia, no? Con un bel pezzo di carne, magari una bella fiorentina, che te lo dico a fare! Ah, dimenticavo, mio zio dice anche che la cantina conta pure quella! Tipo, lui c’ha il suo produttore preferito, lì vicino a Verona, che fa un Amarone che è una bomba! La prossima volta che vado gli chiedo il nome e te lo dico, eh! Che ne dici?
Quanti anni deve avere un buon Amarone?
Cinque anni. Minimo. Dieci, meglio. La frutta secca, le spezie, la terra… emergono. Tempo. Pazienza. Come per ogni cosa di valore.
- Cinque anni: soglia minima.
- Dieci anni: equilibrio.
- Oltre: evoluzione, a volte declino. Dipende. Dall’annata. Dalla cantina. Dal caso.
L’Amarone non è un vino frettoloso. Riflette un territorio. Una storia. Un processo lento. Come la vita. A volte aspra. Ma intensa.
Quest’anno ho aperto una bottiglia del 2009. Magnifica. Piena. Vibrante. Un’altra, del 2015. Chiusa. Acerba. Aspetterà. Il tempo è relativo. Per l’Amarone, ancor di più.
Ricordo un vigneto a Sant’Ambrogio. Terra rossa. Viti antiche. Il calore del sole. Lì ho capito. L’Amarone è un’attesa. Un investimento. Un piacere differito. Che poi, forse, è il piacere più grande. Quello che ti rimane dentro.
Quale vino assomiglia allAmarone?
L’Amarone, ah, quel vino potente che ti scalda l’anima come un camino acceso in una baita di montagna! Cercate un sosia? Beh, il Recioto è il suo gemello diverso, tipo quei cugini che si somigliano ma uno è avvocato e l’altro fa il giocoliere con le motoseghe. Entrambi nascono dalle uve appassite, coccolate per mesi in fruttai, come dive del cinema prima di un’Oscar night.
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Stessa uva, diverso destino: Pensate a due fratelli separati alla nascita. Uno (l’Amarone) sceglie la via secca, deciso e strutturato. L’altro (il Recioto) abbraccia la dolcezza, un tenerone zuccherino che fa l’occhiolino ai dessert.
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Frutta secca e spezie: In entrambi troverete note di frutta secca, tipo fichi e datteri, e spezie che vi faranno sentire in un bazar orientale. Immaginatevi a Marrakech, ma senza dover prendere l’aereo (e soprattutto senza dover contrattare sul prezzo di un tappeto).
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Appassimento, il segreto della loro forza: L’appassimento delle uve è la chiave di volta, il loro superpotere. Concentra gli aromi e i sapori, come quando riduci una salsa per renderla più intensa. Un po’ come la mia concentrazione quando cerco di seguire la trama di un film d’autore.
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Abbinamenti: L’Amarone ama i piatti robusti, tipo brasati e selvaggina, mentre il Recioto preferisce la compagnia dei dolci, soprattutto quelli al cioccolato fondente. Io personalmente li abbino entrambi alla mia serie TV preferita sul divano, ma questa è un’altra storia.
Una volta, a una degustazione (dove, per inciso, ho vinto il premio “Miglior annusatore di sughero”), ho sentito un esperto dire che l’Amarone è il Recioto che ha deciso di fare la dieta. Da allora, non riesco a pensarli diversamente. E voi?
Che differenza cè tra Amarone e Ripasso?
Amarone e Ripasso: due facce della stessa medaglia, o quasi.
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Amarone: Uve appassite. Concentrazione. Rosso granato profondo. Un’esplosione di frutta matura, quasi confettura. Corpo pieno, tannini vellutati. Un vino da meditazione. Memento mori.
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Ripasso: Più fresco, più vivace. Rosso rubino. Spezie più evidenti al naso. Un passaggio sulle vinacce dell’Amarone gli conferisce carattere. Meno impegnativo, più versatile a tavola. L’effimero che incontra l’eternità.
Il colore? Dettaglio. L’anima è la vera differenza. Ricordo un Amarone del ’97 bevuto a Verona, una sera di pioggia. Non so se fosse il vino, la compagnia o il momento, ma resta un ricordo indelebile. Un Ripasso, invece, è perfetto con un risotto all’Amarone. Un circolo vizioso, forse, ma piacevole.
Perché il vino si chiama Amarone?
Ah, l’Amarone! Un nome che suona come un lamento d’amore, ma in realtà è la storia di un Recioto dimenticato.
- “Amaro” non è un insulto! Nasce per dire: “Ehi, io non sono quel dolce miele del Recioto!” Immagina la scena: un produttore assaggia e fa una faccia: “Questo non è Recioto… è… Amarone!”. Un po’ come quando ti aspetti un caffè zuccherato e ti arriva un espresso puro. Shock e poi amore.
- Un “errore” fortunato: Dicono che sia nato per sbaglio, un Recioto “dimenticato” in cantina. Forse qualcuno si è addormentato tra le botti, chi lo sa! Fatto sta che gli zuccheri si sono trasformati tutti in alcol. Un po’ come quando lasci il pane troppo a lungo nel forno e… voilà, una bruschetta!
- Il Recioto, il fratello dolce: Pensa al Recioto come al cugino ricco e viziato dell’Amarone, sempre coccolato con i suoi zuccheri residui. L’Amarone, invece, è il fratello ribelle, quello che ha bruciato le tappe e si è fatto uomo (o vino) da solo.
Curiosità: Io adoro l’Amarone, ma una volta ho provato a farne uno in casa… diciamo che è finita con un aceto balsamico molto, molto intenso! La pazienza e l’esperienza sono ingredienti fondamentali, non solo per il vino, ma anche per la vita!
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