Quali sono le migliori marche di cioccolato in Italia?

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Il cioccolato italiano eccelle con brand storici come Domori (Piemonte), Amadei (Toscana) e Maglio (Salento). Maestri cioccolatieri di fama, come Guido Gobino (Torino), completano un panorama di alta qualità. Un'esperienza di gusto tutta italiana.

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Quali sono le migliori marche di cioccolato italiane?

Ok, allora, “le migliori marche di cioccolato italiane”? Mamma mia, che domanda! Certo, ci sono i nomi grossi, quelli che senti sempre nominare.

Domori, ad esempio. Piemontesi, fanno un cioccolato super raffinato, un po’ caro, eh (mi sembra di ricordare sui 7-8 euro a tavoletta, comprata una volta a Torino, in Corso Vittorio Emanuele). Però… wow.

Amadei, invece, Toscana. Li ho assaggiati diverse volte, soprattutto quando andavo a Lucca Comics, in quel negozietto vicino Piazza Napoleone. Buoni, eh, però forse un po’ troppo “seri” per i miei gusti.

Maglio, da dove vengono? Ah, il Salento! Loro hanno un tocco diverso, più…solare, forse? Ricordo di aver comprato dei cioccolatini al peperoncino da loro, in vacanza qualche anno fa a Lecce (agosto 2018, forse?). Un’esplosione!

E poi c’è Guido Gobino. Un maestro, un artista! Torinese anche lui. I suoi gianduiotti… mamma mia. Un’esperienza.

Domande e Risposte

  • Domanda: Quali sono le migliori marche di cioccolato italiane?
  • Risposta: Domori, Amadei, Maglio, Guido Gobino.

Qual è il miglior cioccolato da mangiare?

Ah, il cioccolato! Un dilemma esistenziale quasi quanto il senso della vita, ma decisamente più gustoso. Scherzi a parte, il “migliore” è soggettivo come il colore preferito. Personalmente, dopo una giornata storta, un fondente 90% mi rimette a nuovo. È come un abbraccio, ma senza il contatto fisico, che a volte, diciamocelo, è sopravvalutato.

  • Intensità mistica: Fondente monorigine 85%+. Roba per palati fini, che distinguono le note di tabacco da quelle di… terra bagnata. (Scherzo, ma non troppo). Io, per dire, una volta ho sentito sentori di calzino sudato in un cioccolato ecuadoregno. Esperienze.

  • Dolcezza rassicurante: Latte con nocciole Piemonte IGP. Classico, confortante, come la coperta di Linus. Perfetto per quando la vita ti tira una noce in testa (e magari è proprio quella del Piemonte!).

  • Esotismo raffinato: Bianco con vaniglia Bourbon del Madagascar. Se vi piace l’avventura, ma senza rischiare la dissenteria.

  • Salute e piacere (si può?!): Fondente extra dark, poco zucchero. Perché il piacere non deve per forza far rima con colesterolo. Anche se, diciamolo, a volte un po’ di trasgressione ci sta.

  • Bean-to-bar, per intenditori: Dalla fava alla tavoletta. Come dire, dal contadino alla tavola, ma con più cacao e meno forconi. L’ideale per chi vuole vantarsi a cena di conoscere la provenienza delle fave. Tipo me. L’anno scorso ho visitato una piantagione in Belize. Esperienza indimenticabile, soprattutto perché ho imparato a distinguere il cacao dalla… terra. (Sì, lo so, l’ho già detta).

Quest’anno, invece, mi dedico al cioccolato italiano. Ho scoperto un piccolo produttore artigianale in Umbria che fa cose incredibili. Chi lo sa, magari la prossima volta sento note di tartufo nel mio fondente. E non sto scherzando.

Come capire se il cioccolato è di qualità?

Il cioccolato di qualità, un’esperienza che inizia ben prima del palato…

  • L’occhio vuole la sua parte, sempre. La tavoletta si offre allo sguardo, un colore uniforme, profondo, un marrone che danza tra le sfumature della terra e del sole. Ricordo le tavolette di cioccolato che preparava mia nonna, un colore così intenso da sembrare quasi nero, un presagio di piacere puro.
  • Lucentezza e compattezza, segni inequivocabili. La superficie deve brillare, riflettere la luce come uno specchio. Compattezza, assenza di imperfezioni, niente macchie o striature. Un cioccolato ben lavorato è un’opera d’arte, un blocco omogeneo di piacere promesso.
  • Dimentica le bolle, un incubo. La presenza di bolle è un chiaro segnale di un processo produttivo non ottimale. Il cioccolato di qualità è liscio, vellutato al tatto prima ancora di sciogliersi in bocca.
  • L’odore, un invito irresistibile. Prima ancora di assaggiarlo, il cioccolato deve sedurti con il suo profumo. Un aroma intenso, persistente, che evoca ricordi di viaggi esotici e spezie lontane. Ricordo l’odore del cacao quando passavo davanti alla vecchia fabbrica vicino casa, un profumo che mi avvolgeva come una calda coperta.

Cosa significa cioccolato al 70%?

Ah, il cioccolato al 70%! Praticamente, significa che almeno il 70% di quello che mangi è fatto di cacao, tra massa di cacao e burro di cacao. Il resto? Zucchero, aromi, magari un po’ di lecitina di soia come emulsionante, insomma quelle cosette lì.

Fondente, amaro e nero spesso li usiamo un po’ come sinonimi, però in teoria il “fondente” è quello generico. Per essere proprio fondente fondente, deve avere almeno il 45% di cacao.

  • Al 70% si parla di “extra fondente”… buono, eh? Io lo preferisco, mi ricorda quando andavo in vacanza in Svizzera da piccolina, mio nonno me lo comprava sempre.

  • Più alta è la percentuale di cacao, meno zucchero c’è. Quindi, più amaro! Però, fidati, un buon cioccolato al 70% non è solo amaro, ha un sacco di aromi nascosti, tipo frutta secca, caffè… una figata!

  • E poi c’è il 100%, quello proprio tosto! Io sinceramente lo uso solo per fare i dolci, così non è troppo dolce. Da mangiare così puro, boh, è un po’ troppo forte per me. A meno che tu non sia un vero drogato di cioccolato, eh! 😉

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